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Libero Rassegna Stampa
29.06.2018 La corsa al nucleare dell'Iran: non l'aveva mai interrotta
Analisi di Mirko Molteni

Testata: Libero
Data: 29 giugno 2018
Pagina: 13
Autore: Mirko Molteni
Titolo: «L'Iran riprende ad arricchire l'uranio»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 29/06/2018, a pag.13, con il titolo "L'Iran riprende ad arricchire l'uranio" l'analisi di Mirko Molteni

Soltanto Obama e la UE ci avevano creduto, quando firmarono il patto con
l'Iran a Vienna. Con l'arrivo di Trump alla presidenza Usa, la menzogna iraniana non ha più retto.

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Mirko Molteni

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Mentre si profilano nuove sanzioni americane a partire da novembre, e i partner commerciali europei di Teheran tentennano allo scricchiolare dell'accordo internazionale del 2015, non è una mossa tranquillizzante la riapertura da parte dell'Iran di un importante stabilimento per la raffinazione del minerale d'uranio, impianto che era chiuso da 9 anni, ma riattivato da ieri. È stata la Guida suprema della Repubblica islamica, l'ayatollah All Khamenei in persona, a dare l'ordine, per Ianciare un messaggio soprattutto ai Paesi europei, come «assaggio» di ricatto se abbandoneranno anch'essi il trattato, come già gli USA in maggio per volere del presidente Donald Trump. L'installazione che l'ayatollah ha fatto riavviare era ferma dal 2009 ed è la UF-6 del centro nucleare UCF (Uranium Conversion Facility) di Isfahan, dove si produce l'esafluoruro di uranio che poi viene trattato in un'altra base atomica, quella sotterranea di Natanz, nelle cui centrifughe a catena si arricchisce il materiale fissile. La fabbrica UF-6, che prende il nome dalla sigla dell'esafluoruro di uranio, è snodo essenziale del processo di arricchimento, poiché il composto vi viene ricavato a partire dalla materia prima, una polvere giallastra di ossidi di uranio ricavata dai minerali nativi. Polvere che in gergo viene chiamata in inglese «yellow cake», «torta gialla». L'esafluoruro, in cui sono mescolati i due isotopi, volgarmente due «versioni» dell'atomo di uranio, U-238 e U-235, verrà poi fatto vorticare a centinaia di giri al secondo nelle migliaia di centrifughe installate nei tunnel di Natanz, per separare l'U-238 dal più utile U-235, il «tipo» giusto per attuare la fissione atomica nei reattori civili oppure nelle anni nucleari. Khamenei ha rafforzato la linea dura che già il primo ministro Hassan Rohani ha palesato il 5 giugno annunciando il potenziamento della linea di centrifughe di Natanz. A parole, per ora, Khamenei e l'Agenzia Atomica Iraniana, dicono di voler mantenere i limiti stabiliti dal trattato del 2015, ovvero il 3,67% di arricchimento, laddove la percentuale necessaria per una bomba atomica deve superare l'85%, e il massimo di 300 kg di scorte in magazzino di uranio arricchito.
SOSPETTI FONDATI
Ma riaprire un centro atomico dopo 9 anni è un messaggio controproducente: ottiene l'effetto contrario e mostra la fondatezza dei sospetti di Trump verso Teheran. Khamenei ha voluto dare un segnale nazionalista anche per far dimenticare un po' agli iraniani i problemi gravi dell'economia nazionale, specie la massiccia svalutazione della moneta, il rial, che negli ultimi sei mesi è crollato dai 42.000 rial per un dollaro a fine 2017 ai ben 85.000 degli ultimi giorni. Non a caso, appena due giorni fa migliaia di dimostranti hanno protestato davanti al Parlamento di Teheran. Pesano molte incognite, come il braccio di ferro con l'Arabia Saudita per il mercato petrolifero e il timore di non riuscire a vendere più petrolio se davvero le nuove sanzioni USA, in vigore dal prossimo 4 novembre, ostacoleranno il pagamento in dollari su tutti i canali finanziari, impedendo a grandi compratori del greggio persiano, come Cina, Giappone e India, di regolare i loro acquisti.
LE SANZIONI
Il dilemma si pone anche per i Paesi dell'Unione Europea, sia riguardo al petrolio, sia, in generale, per tutti gli affari con l'Iran. Perciò l'ayatollah supremo ha scelto, malauguratamente, lo spaventare, anziché il tranquillizzare. Può rivelarsi un calcolo sbagliato, tantopiù che l'Iran già evita di spiegare precisamente che intenzioni ha nel campo dei missili balistici, il più quotato mezzo di «consegna» degli ordigni atomici, che non vengono espressamente proibiti dal trattato del 2015, motivo principale che ha spinto gli americani a stracciarlo.

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