IL FATTO QUOTIDIANO - Fabio Scuto: "Il puzzle della pace di Trump fa contenti Israele e Hamas"
- Stati Uniti, Israele ed Egitto propongono soluzioni per risolvere il conflitto, ma la leadership araba palestinese estremista rifiuta ogni proposta. Fabio Scuto si schiera con Fatah e Hamas, e critica l'accordo proposto dagli Usa.
- Scuto scrive di "traballante regno" di Giordania, omette però di sottolineare i motivi di questa instabilità, da ricondurre in primo luogo alla incapacità di gestire bene l'economia e alle ambiguità della monarchia: in prima fila contro Israele nell'arena internazionale, ma pronta a collaborare strettamente con Israele sottobanco per la propria sicurezza.
- Scuto lamenta i tentativi di Trump di "esautorare l'Unrwa". E' invece questa un'ottima notizia perché l'Unrwa è tra le ragioni del perpetuarsi del conflitto e del terrorismo arabo palestinese per decenni. Trasmettere di padre in figlio lo status di profugo è una assurdità giuridica che non ha eguali al mondo e che ha il solo scopo di demonizzare lo Stato ebraico.
Ecco il pezzo:
Fabio Scuto
“L’accordo del secolo" come piace definirlo alla Casa Bianca - che appare come un pericoloso spettro nella Muqata di Ramallah e una inquietante ombra nel palazzo reale di Amman, rende invece baldanzosi gli alfieri della grande "alleanza sunnita", i sauditi e le altre petro-monarchie del Golfo Persico. Pur mantenendo un altro grado di indeterminatezza, "l'accordo del secolo" ha cominciato a disvelare qualche impostazione, ruoli e competenze, nel Medio Oriente disegnato dal presidente Donald Trump. Il genero Jared Kushner e l'inviato della Casa Bianca per Medio Oriente Jason Greenblatt stanno tastando il terreno nelle capitali arabe. Con risultati controversi. Re Abdallah di Giordania subito dopo averli incontrati si è precipitato a Washington per parlare direttamente con il presidente e spiegare che il contenuto di quel piano mina alla base la stabilità del suo traballante regno e segnerebbe la fine del ruolo della dinastia hashemita. Così come ridisegna il ruolo dell'Anp di Abu Mazen, l'offerta di Trump non è negoziabile: prendere o lasciare.
GERUSALEMME "L'accordo del secolo" toglie Gerusalemme Est dalle trattative. Gli americani stanno infatti programmando di offrire ai palestinesi Abu Dis, piuttosto che Gerusalemme Est come la capitale del loro Stato. Si era già parlato di questo villaggio contiguo a Gerusalemme Est già ai tempi di Arafat. In cambio, Israele si ritirerà da tre a cinque villaggi e dai quartieri arabi a est e a nord di Gerusalemme. La Città Vecchia - e i luoghi santi - rimarranno nelle mani di Israele. La proposta di Trump apparentemente non include l'evacuazione di insediamenti israeliani isolati, e certamente non un compromesso sui grandi settlements: oltre 350.000 coloni vivono oltre la Linea Verde. La Valle del Giordano rimarrà sotto il pieno controllo israeliano e lo Stato palestinese sarà smilitarizzato, senza esercito o armi pesanti. Se questa è davvero l'offerta finale è molto lontano da ciò che i palestinesi chiedono. Ma anche molto lontano dalla soluzione seguita per oltre vent'anni da Unione europea e Onu. Gli edulcoranti che Trump offrirà ai palestinesi sono principalmente economici: un enorme pacchetto di incentivi, in parte finanziato dall'Arabia Saudita e dagli altri Stati del Golfo. Questo sarebbe un duro colpo per il ruolo dire Abdallah come tutore dei luoghi santi islamici di Gerusalemme. Questo status è uno dei capisaldi della legittimità del suo governo in patria, che viene costantemente messa in discussione. Ma il sovrano deve anche fare i conti con una crisi economica catastrofica. Per sanare il suo deficit - 40 miliardi di dollari - avrà i fondi necessari da Stati Uniti e Arabia Saudita soltanto se accetterà "l'accordo del secolo" proposto di Trump. Nelle strade di Amman la chiamano "estorsione". Sarà difficile per il sovrano, 42° discendente del Profeta, resistere.
UNRWA ADDIO Saeb Erekat, il capo dei negoziatori palestinesi, ne è certo: l'obiettivo di Trump "è quello di abbattere la leadership palestinese e sostituire Abu Mazen". Il passo successivo, prevede, sarà poi quello di esautorare l'Unrwa - l'agenzia Onu per i rifugiati - in modo che i fondi destinati ai rifugiati vadano direttamente ai Paesi che li ospitano. In questo modo,verrebbe sfilato dal negoziato anche il problema dei rifugiati, una delle questioni più difficili nel conflitto israelo-palestinese. Gli Usa hanno già annunciato che non verseranno la loro quota all'Unrwa dal 2019, costringendo così l'Agenzia a limitare le sue attività.
GAZA Un consigliere diplomatico della Muqata non ha dubbi. "Il piano poi mira a dividere Gaza dalla Cisgiordania e fornire una soluzione economica per gli abitanti della Striscia rafforzando Hamas, quindi evitando negoziati diplomatici sul futuro della Palestina". "L'accordo del secolo" prevede di stabilire una zona di libero scambio tra Gaza e El-Arish nel Sinai, dove sono previsti cinque grandi progetti industriali. In accordo con le richieste israeliane, gli impianti saranno realizzati in Egitto, che supervisionerà le operazioni e il passaggio dei lavoratori da Gaza al Sinai. Due terzi degli operai arriveranno da Gaza, un terzo dagli abitanti egiziani locali. Successivamente verrà costruito un porto egiziano-palestinese e una stazione per l'energia solare. Il governo di Gaza rimarrà sotto il controllo di Hamas ma sarà in pieno coordinamento con l'Egitto, che negli ultimi mesi ha avuto intensi colloqui con Hamas sulle procedure di controllo ai valichi di frontiera. Questa è la parte del piano che piace al presidente egiziano Al Sisi, meno quella su Gerusalemme. Ma soprattutto resta il fatto che in questo modo muore la "soluzione due popoli per due stati" perseguita da 24 anni dalla comunità internazionale per veder nascere quella "tre stati per due popoli", che piace solo ad Hamas perché avrà di fatto un suo mini-Stato.
L'OSSERVATORE ROMANO: "Missili israeliani su Damasco"
Tutta l'enfasi della breve di OR è sui "due missili israeliani che hanno colpito un'area vicino all'aeroporto di Damasco". Quello che OR omette è il motivo dell'intervento mirato di Israele: colpire un deposito di armi dei terroristi di Hezbollah. Come al solito su OR, viene presentata prima la risposta israeliana con enfasi e poi, in un secondo momento e con una serie di distinguo, incertezze e ambiguità, si dice qualcosa degli attacchi dei terroristi che hanno preceduto l'intervento israeliano.
Ecco il pezzo:
La televisione di stato siriana ha dichiarato che due missili israeliani hanno colpito un'area vicino all'aeroporto di Damasco, senza precisare l'obiettivo colpito. Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus) — ong con sede a Londra — i missili avrebbero centrato un deposito di armi appartenente ad Hezbollah. Diversa la versione fornita da altre fonti di opposizione, secondo cui l'obiettivo dell'attacco sarebbe stato un cargo iraniano in fase di atterraggio all'aeroporto di Damasco. Non si hanno al momento notizie di vittime. Quello della notte scorsa sarebbe l'ennesimo attacco di Israele in Siria, allo scopo — secondo lo stato ebraico — di impedire all'Iran di avere basi permanenti nel paese alleato. Le forze armate israeliane non hanno né confermato, né smentito l'attacco. Intanto, intensi scontri armati sono in corso nel sud della Siria, in particolare nell'area che collega la cittadina di Dar'a alla strada per la capitale Damasco. Forze governative da due giorni hanno lanciato una massiccia offensiva contro le milizie armate che da tempo controllano l'area al confine con la Giordania. L'aviazione russa e quella governativa sostengono l'avanzata delle truppe di terra. Secondo l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, i bombardamenti aerei hanno preso di mira, in particolare, le località di Laja e Busra alHair a nord-est di Dar'a. Ma anche la città stessa di Dar'a, divisa in due parti tra insorti e governo, per la prima volta dal 2017 è stata colpita ripetutamente. Secondo l'Ondus, sono almeno 28 i civili uccisi, ma il drammatico bilancio può salire nelle prossime ore a causa dell'elevato numero di feriti in condizioni gravi. Il bilancio viene contestato dai media governativi e non può essere verificato in maniera indipendente. Dal canto suo, l'agenzia governativa Sana smentisce che le forze di Damasco colpiscano i civili e accusa invece i «terroristi» di compiere azioni violente contro le comunità della zona. E dalla Giordania arriva l'appello a considerare l'aggravarsi del fenomeno delle persone in fuga dalla Siria, che si sta intensificando proprio per l'acuirsi dei combattimenti a Dar'a. Agenzie umanitarie riferiscono di almeno 15.000 sfollati. Il governo di Amman ha fatto sapere di non essere in grado di accettare ulteriori rifugiati. Mouna Elkekhia, consulente di Amnesty International sui diritti dei migranti e dei rifugiati, ha sottolineato che «le persone in fuga dalla Siria sono in bilico tra la vita e la morte».
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