Gentilissima Signora Fait, il primo Papa che, per quanto ricordo, abbia chiamato gli ebrei "fratelli maggiori" è stato San Giovanni Paolo II, credo in occasione della visita alla Sinagoga di Roma. Ricordo che vi fu qualche critica o polemica al riguardo, ma un intellettuale polacco osservò che l'espressione era stata usata nell'Ottocento da uno dei maggiori scrittori o poeti polacchi per propugnare la piena eguaglianza giuridica e sociale fra cristiani ed ebrei. D'altronde, non riesco ad immaginare che San Giovanni Paolo II intendesse l'espressione in senso negativo. Bisognerebbe anche considerare che Ismaele ed Esaù sono figure molto più negative nei commenti ebraici (o in parte di essi) che nel testo della Genesi in se stesso, nel quale il primo è un ragazzo cacciato di casa (e difeso più dall'intervento divino che dal padre) ed il secondo aveva qualche motivo per odiare il fratello e, alla fine, si riconcilia con lui. (E, quando il Nuovo Testamento menziona Esaù, lo fa solo per parlare della gratuità della scelta divina, che, fra due gemelli, ne sceglie uno per far procedere la storia della salvezza). Perciò credo sia più ragionevole interpretare l'espressione alla luce della tradizione europea (in cui il figlio maggiore ha sempre avuto un ruolo di preminenza) che di esempi biblici che non hanno lo stesso significato per ebrei e cristiani. Con i più cordiali auguri di buon anno,
Annalisa Ferramosca
Gentile Annalisa,
I valori di 3000, o giù di lì, anni fa non sono certamente gli stessi dei tempi più moderni. Giudicare i sentimenti di gente che viveva nel modo primitivo proprio di quei tempi, in mezzo al deserto, credo sia impossibile. Anche dall'epoca della Genesi a quando furono scritti i Vangeli i sentimenti umani erano molto cambiati. Quindi ritengo che la cosa più giusta sia che ognuno interpreti i testi sacri a seconda della propria sensibilità e delle proprie credenze.
Un cordiale shalom