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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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La Stampa Rassegna Stampa
26.06.2018 Napoli & Torino: storie di jihad in Italia
Cronache di Grazia Longo, Giuseppe Legato

Testata: La Stampa
Data: 26 giugno 2018
Pagina: 5
Autore: Grazia Longo - Giuseppe Legato
Titolo: «Preso a Napoli il jihadista addestrato nel deserto libico - Giudizio immediato per il jihadista di Ciriè»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 26/06/2018, a pag. 5 con il titolo "Preso a Napoli il jihadista addestrato nel deserto libico", la cronaca di Grazia Longo; a pag. 55, con il titolo "Giudizio immediato per il jihadista di Ciriè", la cronaca di Giuseppe Legato.

Vedremo come opererà la giustizia italiana in questi casi. Per servire da deterrente, è indispensabile la linea del rigore.

Ecco gli articoli:

Grazia Longo: "Preso a Napoli il jihadista addestrato nel deserto libico"

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Grazia Longo

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Una scuola di guerra nel cuore del deserto libico, poco distante dai campi da cui partono i barconi della speranza, e dove l’Isis non solo istruisce i suoi «martiri» ma «li scheda in una banca dati pronta all’operatività del combattimento».
Un nuovo affiliato alla jihad è stato arrestato dalla procura di Napoli, in un’operazione congiunta tra Digos, Antiterrorismo e Ros. Dalle 79 pagine dell’ordinanza emerge come il gambiano di 34 anni, Sillah Ousman, sia complice di Touray Alagie, 22 anni, fermato lo scorso 20 aprile. Non si tratta di due foreign fighter o lupi solitari, ma di due «soldati del Califfo determinati a compiere un attentato». Probabilmente in Francia o in Spagna, usando un’auto sulla folla. Istruiti per due mesi nei «Mo’Askar», strutture mobili nel deserto, i due giovani sono stati addestrati a usare kalashnikov e mitragliette, esplosivi telecomandati, camion come arieti.

«Sillah Ousman è sempre stato con me. Anche nel Mo’ Askar ha fatto lo stesso mio addestramento - ha dichiarato Alagie a verbale -. Anche lui nel campo è stato registrato al computer. Rilasciavamo anche la nostra foto. È stato formato anche all’uso di armi». E lo stesso Sillah, intercettato mentre parla al telefono con la moglie ammette: «Io sono un soldato di Dio, lo sai, non devi temere per me».
Alagie racconta del giuramento collettivo: «Eravamo tantissimi. Oltre 70, c’erano keniani, gambiani, sudanesi ed egiziani. Ognuno era armato e aveva un Ak 47». Non venivano fornite indicazioni precise sugli attentati «perché temono ci possano essere spie tra gli addestrati». Tre le categorie di chi lotta in nome di Allah: «gli jays, i soldati che combattono sul territorio; gli istishad, i kamikaze attraverso l’uso dell’esplosivo in auto o sulla propria persona; e gli egeremas, soldati che all’occasione possono diventare kamikaze».

I due amici gambiani sono jays. «Pericolosi, due veri soldati - spiegano il capo dell’Antiterrorismo Lamberto Giannini e il comandante del Ros Pasquale Angelosanto -. Decisamente abili anche a mentire durante gli interrogatori». Ma tra gli aspetti più inquietanti c’è quello della centrale di arruolamento, con tanto di «schedature telematiche» degli aspiranti terroristi. Quattro mesi di corso base tra privazioni, pressioni mistiche e fatiche «anche a costo della vita» come sottolinea il procuratore di Napoli Giovanni Melillo. Una «rete per un progetto politico militare - scrive la gip Anna Laura Alfano - con finalità internazionali» di cui si cercano nuovi complici.

Giuseppe Legato: "Giudizio immediato per il jihadista di Ciriè"

Il pm Antonio Rinaudo ha chiesto il giudizio immediato per Elmahdi Halili, 23enne marocchino naturalizzato italiano, residente a Ciriè, arrestato dalla Digos di Torino lo scorso marzo con l’accusa di partecipazione all’associazione terroristica dello Stato Islamico. L’udienza in Corte D’Assise è fissata per il prossimo 18 settembre. Per l’uomo è stato avviato anche un iter sulla misura di prevenzione, nella quale il magistrato ha chiesto l’applicazione della sorveglianza speciale per 5 anni. «Sono fiero di andare in carcere per Allah». Sono state queste le prime parole di Halili appena entrato in Questura la mattina dell’arresto. L’operazione era stata coordinata dalla procura, con il supporto degli uffici di polizia giudiziaria di Milano, Napoli, Modena, Bergamo, Reggio Emilia e del Servizio per il Contrasto dell´Estremismo e del Terrorismo Esterno dell´Ucigos.

Halili era già finito nel 2015 nel mirino di un’inchiesta della procura di Brescia per la diffusione di materiale di propaganda a favore dell’Isis. L’indagine era nata quando il giovane, difeso dall’avvocato Enrico Bucci, era stato oggetto di una sentenza di patteggiamento , emessa dal tribunale di Torino alla pena di due anni di reclusione, con sospensione condizionale della stessa, per istigazione a delinquere con finalità di terrorismo. Le successive attività di indagine, avviate dai poliziotti della Digos, avevano evidenziato un crescente percorso di radicalizzazione di Halili.

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