Riprendiamo da SHALOM giugno/luglio 2018, a pag.15, con il titolo " Terroristi e ostaggi non possono mai essere equiparati " il commento di Angelo Pezzana
Yoni Netanyahu
La storia del salvataggio dei passeggeri del volo Air France dirottato in Uganda dai terroristi palestinesi e tedeschi è entrata nei libri di storia. Da quel lontano 1976 è stata raccontata in libri e film che hanno reso famigliari i protagonisti di quella straordinaria vicenda nella quale vennero salvati quasi tutti gli ostaggi ebrei. In quella azione venne ucciso Yoni Netanyahu, un nome che appartiene di diritto all’elenco di migliaia di giovani soldati che hanno perduto la vita per garantire quella del proprio paese. Un eroe: così è stata tramandata la sua memoria. Ma Yoni portava il cognome del futuro primo ministro di Israele, quel Bibi che viene rieletto ormai da molti anni, poco importa che a votarlo siano gli israeliani convinti nella loro scelta espressa in libere e democratiche elezioni. Credo che Israele sia uno dei pochi paesi a non essersi mai trovato di fronte a possibili ‘brogli elettorali’, tanto sono trasparenti le sue elezioni. Chiamandosi Netanyahu, il mito dell’eroe Yoni non poteva durare a lungo. Un libro dello storico inglese Saul David, poi un film, “7 giorni a Entebbe”, tratto dal libro e appena programmato in Israele, ci forniscono un’altra interpretazione. Yoni, contravvenendo agli ordini, sparò uccidendo un soldato ugandese, mettendo a rischio l’effetto sorpresa che aveva portato al successo la salvezza degli ostaggi. Può essere, ma il sospetto che lo storico inglese si sia appassionato un po’troppo alle ragioni che hanno motivato i terroristi palestinesi e tedeschi è lecito, anche se non abbiamo letto il libro né visto ancora il film. In una intervista,infatti, Saul David ha dichiarato di avere apprezzato la versione cinematografica del suo libro, perché non si limita a raccontare l’aspetto militare, ma indaga sulle storie personali dei dirottatori. Ad esempio si chiede perché non hanno ucciso subito tutti gli ostaggi, dimenticando che servivano vivi per poter essere scambiati con i palestinesi nelle prigioni israeliane. Aggiunge poi che è importante capire le motivazioni dei dirottatori, non solo quelle dei liberatori degli ostaggi, equiparando così i protagonisti di una vicenda che non nasconde alcun mistero, essendo un episodio fra i tanti che hanno un solo obiettivo, l’eliminazione di Israele. Capire l’altro, è l’espressione di una meritevole volontà di conoscere, ma ha diverse interpretazioni. In questo caso Rote Armee Fraktion, terrorismo palestinese, Uganda, Amin Dada stanno dalla parte opposta di Yoni Netanyahu, non importa quali siano state le dinamiche avvenute in quei terribili giorni a Entebbe. Metterli sullo stesso piano non è accettabile.
Angelo Pezzana
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