Riprendiamo da ITALIA OGGI del 20/06/2018, a pag.16, con il titolo "Ologrammi per ricordare la Shoah" il commento di Andrea Brenta.
Aaron Elster
Per non dimenticare. Per trasmettere la storia. Per continuare a testimoniare. La maggior parte dei sopravvissuti all'Olocausto è molto anziana. Cosa succederà dopo la loro morte? Senza testimonianze, la Shoah potrebbe essere ridotta a un semplice «paragrafo in un libro di storia». Le sofferenze, le pene e la sopravvivenza potrebbero essere dimenticate. Una prospettiva che ha a lungo reso inquieti i responsabili del Museo dell'Olocausto e centro di educazione dell'Illinois, a Chicago, soprattutto dopo la scomparsa, lo scorso aprile, del vice presidente, l'86enne Aaron Elster. Quindici giorni dopo la sua morte, però, era possibile osservare quest'ultimo mentre, seduto in una sala del museo, raccontava a otto studenti della città i due anni trascorsi a nascondersi dai nazisti in un piccolo granaio nella campagna polacca. Elster rispondeva pazientemente a ciascuna delle loro domande, rivivendo ancora una volta il caldo estremo e il freddo glaciale, il fatto di non potersi lavare, la paura terribile, la solitudine, la collera e la noia. Ma soprattutto la fame, che non l'avrebbe mai più abbandonato. Elster aveva 13 anni quando uscì finalmente dal suo nascondiglio. «Ero coperto di pidocchi e pesavo 23 chili», ha raccontato agli studenti, «le mie sorelle maggiori sono sopravvissute, ma non i miei genitori né la mia sorella più piccola».
Il silenzio è calato sulla sala. Aaron Elster ha fatto commuovere i presenti. Un fatto incredibile per un ologramma in 3D. È questa infatti la strada inedita scelta dal museo americano per ricordare la Shoah. Conosciuta con il nome di New Dimension in Téstimony, questa tecnologia è stata sviluppata in partnership con l'Usc Shoah Foundation. Elster e altri 14 sopravvissuti all'Olocausto hanno passato una settimana a Los Angeles a rispondere a più di 2 mila domande davanti a centinaia di telecamere. Un'esperienza fisicamente ed emotivamente pesante, come sottolinea Fritzie Fritzshall, presidente del museo, che è stata la più giovane delle 599 donne prigioniere nel campo di sterminio di Auschwitz. Ciascuna di loro le donava tutti i giorni delle briciole delle magre razioni di cibo perché potesse sopravvivere. Fritzie oggi ha quasi 90 anni e un ologramma che continuerà anche in futuro a trasmettere la sua testimonianza. Delle migliaia di oggetti esposti nelle sale del museo numerosi sono stati donati dai sopravvissuti all'Olocausto. Vedere questi ultimi raccontare ai visitatori la storia di questi oggetti è un'esperienza emozionante, anche se a portare la loro testimonianza sono degli ologrammi Una testimonianza tanto più preziosa in quanto due terzi dei millennial americani non hanno mai sentito parlare della Shoah.
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