Riprendiamo da LIBERO di oggi, 20/06/2018, a pag.5, con il titolo "Partire dalla Libia costa mille dollari a testa", il commento di Maurizio Stefanini.
Maurizio Stefanini
Sette miliardi di dollari all'anno: è questo il business del «contrabbando di migranti» secondo quanto è stato appena stimato dall'Unodoc, l'Ufficio delle Nazioni Unite sulle Droghe e il Crimine. Mettiamo il termine tra virgolette perché spesso la terminologia in Italia è la prima fonte di polemiche su questo tema, ma in questo caso è appunto l'agenzia Onu che si occupa di crimine a dare la definizione di «smuggling of migrant». Si presenta come «il primo Studio Globale sul Traffico (o Contrabbando) di Migranti dell'Ufficio delle Nazioni Unite sulle Droghe e il Crimine». Poiché finora l'Unodoc si segnalava soprattutto per il suo rapporto sul narcotraffico, in pratica l'Onu ha così dato la sua sanzione ufficiale a quella che era emersa come una battuta nell'indagine su Roma Capitale: «Ormai i migranti rendono più della droga».
Secondo il documento, di ben 170 pagine, sono almeno una trentina in tutto il mondo le rotte per cui questa nuova tratta passa. Almeno 2 milioni e mezzo di persone vi sono passate nel solo 2016, e l'utile da 5,5-7 miliardi di dollari che ne è stato ricavato è più o meno equivalente ai 7 miliardi di dollari che in quell'anno destinarono all'aiuto umanitario gli Stati Uniti, o ai 6 miliardi dell'Unione Europea. Le ire rotte del Mediterraneo avevano rappresentato un totale di 375mila persone, per un utile stimato ira i 320 e i 550 milioni. Bisogna però tener presente che queste rotte sono a loro volta il prolungamento di altre rotte, e almeno altre 480mila persone nel corso del 2016 avevano percorso quella dall'Africa sub-sahariana, per un giro di affari paria 1-1,5 miliardi. In Italia nel complesso dal gennaio del 2016 al giugno del 2017 proprio dall'Africa Sub-sahariana sommando le due rotte proveniva il 62% degli arrivi di «irregolari», come li definisce l'Onu: ben 154.986 persone. Altre 38.650 persone proveniva dal Como d'Africa, il 15%. 33.449 dal Nord Africa, il 12%. 21.387 dall'Asia Meridionale, il 9%. 9202 dal Medio Oriente, il 2%. Ovviamente, le tariffe variano a seconda del tipo di percorso, e anche del modo in cui le condizioni possono mutare col tempo. il passaggio dalla Turchia a una delle isole greche, ad esempio, può venire da un minimo di 900 a un massimo di 7.000 dollari. Le partenze dall'Egitto sono poche, perché il trasporto in Italia costa circa 2.500 dollari. Si preferisce dunque partire dalla Libia, dove gli stessi «imprenditori» offrono prodotti personalizzati. Gli emigranti sub-sahariani se la cavano con 1.000 dollari, e a volte ne bastano solo 700. Però devono farsi lo scomodo e pericoloso viaggio sotto coperta. I profughi siriani invece anche dalla Libia all'Italia pagano 2.500 euro, ma si vedono offrire un posto migliore e più sicuro. Ciò comunque, ricordando che gli arrivi via mare sono molto mediatici, ma rappresentano appena una punta dell'iceberg: non più dell'1%, contro un 10% che usano le vie aeree e un quasi 90% che va per le vie di terra. Lo stesso rapporto segnala però che tra 2009 e 2015 «una gran parte dell'attività di traffico individuata Ira Turchia e Unione Europea si è spostata dai passaggi terresti a quelli marittimi, in risposta alla crescita dei controlli su differenti confini». Qualcosa del genere è avvenuto anche nel Mar Rosso e nel Mare Arabico, tra il Como d'Africa e la Penisola Araba.
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