Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 20/06/2018, a pag.6, con il titolo 'Faremo al più presto un referendum per portare la Svezia fuori dalla Ue' l'intervista di Monica Perosino a Mattias Karlsson, esponente del partito nazionalista svedese.
La Svezia è tra i Paesi più islamizzati d'Europa, cominciare a reagire oggi è forse tardivo per cambiare le cose. Vedremo se la reazione al multiculturalismo incondizionato che si è affermato in Svezia in questi anni sarà frenato, e gli altri paesi europei cominceranno ad aprire gli occhi.
Ecco il pezzo:
Monica Perosino
Da quando tenevano comizi fasciati da drappi con la croce uncinata, minacciavano intellettuali «troppo ebrei» e si riunivano nei boschi in uniformi naziste, sono passati dieci anni. Da allora, da quando Jimmie Åkesson ha preso in mano il partito, gli Sverigedemokraterna hanno cercato di ripulirsi, cancellando e «dimenticando» la loro appartenenza al movimento di supremazia bianca, i loro tatuaggi con le svastiche e le radici neonaziste. Dal 2010, con una prima vittoria che gli ha aperto le porte del Riksdag, è stata un’ascesa senza sosta. Un consenso cresciuto parallelamente al numero di rifugiati nel Paese. Oggi gli Sd sono la terza forza della Svezia e alle elezioni del 9 settembre potrebbero crescere. «Questi risultati vogliono dire molto», dice Mattias Karlsson, capogruppo di Sd al Parlamento.
Mattias Karlsson
Che cosa dicono?
«Che sappiamo ascoltare il popolo».
Vi hanno definito neonazisti, estremisti di destra, xenofobi, razzisti e ora populisti. Si riconosce?
«Non siamo nazisti. Siamo conservatori sociali. Crediamo nei valori sociali e cerchiamo di proteggerli, per esempio dall’immigrazione».
Insomma, una forma di populismo di destra?
«Se populismo significa stare vicino alle persone e capirne i bisogni, allora siamo populisti. Ma se vuol dire che non abbiamo un’ideologia si va fuori strada. Abbiamo una forte ideologia basata su due capisaldi: uno Stato sociale con una solida sicurezza nazionale. Sul concetto di destra poi avrei qualcosa da dire».
Cosa?
«Destra e sinistra non hanno più cittadinanza in Europa, sono concetti che ormai significano poco. I partiti tradizionali sono finiti. Ora parliamo di sovranisti e globalisti».
E voi siete sovranisti?
«Nel modo più assoluto»
Ma in Europa ci siete.
«Sì, ma il nostro obiettivo è uscirne con una Swexit nel più breve tempo possibile. Saranno gli svedesi a decidere, con un referendum. Oggi la Svezia contribuisce all’Unione con un enorme flusso di denaro - siamo i secondi contribuenti - e riceve pochissimo. Nel frattempo, aspettando la Swexit, lavoreremo per riformare la Ue in modo che il potere venga restituito ai singoli Stati».
Cosa pensa del governo italiano. Sono vostri alleati?
«La coalizione M5S-Lega è il risultato migliore per l’Italia. Spero siano pragmatici e superino le differenze per governare. Noi e i Cinque Stelle siamo nello stesso gruppo parlamentare, l’Efdd, in Europa».
C’è un proporzione diretta tra la vostra ascesa e la politica di accoglienza dei migranti. La vostra campagna ruota molto sul blocco dei flussi?
«Siamo antirazzisti, ma l’immigrazione sta creando problemi. Una politica degli asili così aperta deve essere fermata, così come deve aumentare la sicurezza interna, come i fondi destinati alla polizia. E ora la gente inizia a capire cosa diciamo: è una questione di identità culturale e sovranità, non di razzismo, per questo aumenta il consenso. Non vogliamo chiudere le frontiere a chi viene in Svezia per lavorare o studiare, o perché si è innamorato di uno svedese, ma a chi fa richiesta d’asilo attratto dal nostro welfare, persone transitate attraverso altri Paesi sicuri. La soluzione è aiutarli nel loro Paese di origine».
A cosa si riferisce quando parla di identità culturale?
«Molti immigrati non rispettano le nostre tradizioni e la nostra libertà, specialmente nei confronti delle donne: le molestie sessuali sono aumentate di cinque volte negli ultimi anni. Si discute molto della Svezia come modello multiculturale, ma la multiculturalità non sta funzionando, serve assimilazione».
Un altro cavallo di battaglia degli Sd è la lotta per la famiglia tradizionale cristiana. Su cosa è basata?
«Sull’amore. In questi anni abbiamo studiato molto e abbiamo visto che tutto sommato anche le famiglie omosessuali se la cavano bene. E anche sul tema della adozioni, stiamo aprendo una porta. Siamo pur sempre scandinavi».
Il 9 settembre diventerete il primo partito?
«Difficile dirlo, siamo al 21-25% nei sondaggi, ma di solito ci sottostimano, per quel “fattore vergogna”».
Cos’è il fattore vergogna?
«Gli svedesi si vergognano a dire che voteranno per noi perché ci associano al neonazismo».
Per inviare la propria opinione alla Stampa, telefonare: 011/65681 oppure cliccare sulla e-mail sottostante