Riprendiamo oggi, 16/06/2018 due servizi sul nuovo governo giordano. Il principe ereditario dell'Arabia Saudita è ormai entrato a far parte dei 'cattivi' da quando è alleato con i nemici dell'Iran, il paese che avrebbe in programma di impadronirsi dell'intero Medio Oriente, una impreso resagli difficile dall'arrivo di Trump. Chi gli si oppone, Michele Giorgio lo bacchetta sul MANIFESTO, niente di nuovo, il ridicolo non spaventa il prode trinariciuto.
Equlibrata invece la cronaca dell' Osservatore Romano, niente veline.
Il Manifesto-Michele Giorgio: " Giordania ritira diplomatici in Iran. Paga bin Salman "
Michele Giorgio
Il principe Mohammed bin Salman coni suoi miliardi non può garantirsi vittorie ai Mondiali in Russia ma senza dubbio può comprare la politica estera degli altri paesi arabi. Hanno avuto un riflesso immediato i 2,5 miliardi di dollari che, lo scorso 10 giugno, assieme a Emirati e Kuwait, l'Arabia saudita ha messo disposizione della Giordania attraversata nei giorni scorsi da proteste e manifestazioni contro il Fmi e la politica economica dell'ex premier Hani al Malgi. Ieri la Giordania ha annunciato di aver «trasferito», ossia richiamato in patria, il suo ambasciatore in Iran, Abdullah Abu Rumman. La notizia, non a caso, è stata data subito dalla tv satellitare al Arabiya, megafono della monarchia saudita. Una decisione che il governo di Amman ha spiegato con una presunta «interferenza dell'Iran negli affari regionali» e con la preoccupazione della Giordania per «la sicurezza della regione ed in particolare dell'Arabia saudita e dei paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg)». Il passo giordano segue quello, altrettanto immotivato, mosso qualche settimana fa dal Marocco, sempre su pressione saudita, per accrescere l'isolamento di Tehran. Termina perciò la politica prudente mantenuta in questi ultimi anni da re Abdallah di Giordania che pur dichiarandosi vicino all'Arabia saudita e alle altre petromonarchie ha comunque tenuto aperto canali di comunicazione con l'Iran e adottato una posizione più defilata nei confronti della crisi siriana. Linea che era costata ad Amman il mancato rinnovo nel 2016 del pacchetto quinquennale di aiuti dal Ccg. La Giordania peraltro è rimasta dietro le quinte nella campagna militare lanciata da Mohammed bin Salmi contro i ribelli sciiti in Yemen. Ora, si sussurra, re Abdallah potrebbe dare appoggio all'«accordo del secolo» di Trump per la «soluzione» della questione israelo-palestinese.
L'Osservatore Romano : " Insediato il nuovo governo giordano "
Mohammed bin Salman con il re di Giordania
AMMAN, 15. Il nuovo governo della Giordania guidato dal primo ministro, Omar Razzaz, è entrato in carica ieri ufficialmente, dopo l'approvazione ricevuta da re Abdallah. L'insediamento è avvenuto in un contesto di forte tensione sociale e turbolenze politiche nel paese, culminate con le dimissioni del governo precedente e la nomina di Razzaz il 5 giugno scorso. Il nuovo esecutivo è composto da 28 dicasteri, la metà dei quali guidati da ministri provenienti dal precedente governo di Hani Mulqi. Tra i ministri ci sono sette donne, un quarto dell'intera compagine governativa. La Giordania è stata scossa nei primi di giugno da una settimana di intense e inedite massicce proteste popolari contro il caro-vita e, in particolare, contro una proposta di legge, avanzata dall'ex primo ministro Mulqi, per l'aumento delle tasse su lavoratori e datori di lavoro. Nei giorni scorsi, l'Arabia Saudita, il Kuwait, gli Emirati Arabi Uniti e il Qatar hanno offerto al regno hascemita finanziamenti per assicurare che la Giordania possa offrire le giuste garanzie al Fondo monetario internazionale (Fmi) con cui Amman si è indebitata dal 2013. Il finanziamento, rileva l'emittente televisiva panaraba Al Arabiya prevede anche di creare io.000 posti di lavoro, grazie agli investimenti in infrastrutture che saranno realizzati con la donazione di Riad, Kuwait City, Abu Dhabi e Doha. L'esecutivo giordano ha nei giorni scorsi deciso di incrementare la pressione fiscale per far fronte anche alle richieste del Fmi, che nel 2013 aveva concesso ad Amman un prestito di oltre zoo milioni di dollari.
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