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Il Dubbio Rassegna Stampa
12.06.2018 Acquarius e Exodus: perché sono due storie non paragonabili
Le paragona invece Paolo Delgado

Testata: Il Dubbio
Data: 12 giugno 2018
Pagina: 9
Autore: Paolo Delgado
Titolo: «Dall'Exodus all'Acquarius, quando l'umanità va alla deriva»

Riprendiamo dal DUBBIO di oggi, 12/06/2018, a pag. 9, con il titolo "Dall'Exodus all'Acquarius, quando l'umanità va alla deriva", il commento di Paolo Delgado.

La totale equiparazione tra la storia dell'Exodus e quella della nave Acquarius di cui scrivono tutte le cronache in questi giorni è una mistificazione della storia. Le due vicende, pur essendo entrambe drammatiche, sono del tutto diverse.  Delgado racconta con tutti i dettagli la storia dell'Exodus, ma con il solo fine di sovrapporla a quella dell'Acquarius,  le cui dinamiche non hanno nessun punto in comune, tranne l'acqua del mare.  

Ecco il pezzo:

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La nave Acquarius

II nome della nave lo conoscono tutti, grazie al kolossal hollywoodiano, tratto dal romanzo di Leon Uris, diretto nel 1960 da Otto Preminger, con Paul Newman e EveMarie Saint: Exodus. Il film, come il romanzo non si riferiva solo alla vicenda reale della nave piena di profughi ebrei abbordata nel 1947 dalla marina inglese ma all'intera nascita dello Stato d'Israele. Pur se molto romanzata, la storia della nave piena di sopravvissuti dei campi di sterminio e diretta in Palestina si basava comunque su un episodio reale, che destò immenso scalpore ovunque nel '47 e ebbe certamente un peso nella decisione di far nascere Israele. Milioni di ebrei scampati alla Shoah vivevano nei campi profughi allestiti in Germania e Austria. L'Inghilterra, che manteneva dal 1919 il Mandato sulla Palestina, aveva limitato il numero di profughi ebrei accettabile a 75mila in cinque anni. La maggior parte degli ebrei che dai campi profughi arrivavano in Palestina dovevano quindi passare per i canali dell'immigrazione clandestina. Più precisamente dovevano passare per Shàar Zion, "la porta di Sion" che era e tuttora è chiamata La Spezia. Le navi clandestine partivano da qui. O almeno ci provavano. Nel maggio 1946 due imbarcazioni stracariche di profughi, la Fede di Savona e il motoveliero Fenice furono bloccate nel porto dalle navi inglesi. I 1014 passeggeri stipati si trovarono in condizioni terribili mentre il braccio di ferro proseguiva.

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La nave Exodus

A sbloccare la situazione fu soprattutto la solidarietà dell'intera popolazione, seguita dall'arrivo di nugoli di giornalisti da tutto il mondo e infine del presidente dell'Esecutivo dei Laburisti Harold Lasky, che si recò di persona a portare la solidarietà del partito ai profughi. Gli inglesi alla fine cedettero e le due navi salparono l'8 maggio del 1946. Esattamente un anno dopo salpò da Portovenere un'altra nave, la Trade Winds, ribattezzata Tikva, con 1414 profughi a bordo. Poco prima nel Golfo un'altra nave, destinata a una sorte molto più drammatica e ancora più clamorosa di quella delle navi bloccate l'anno precedente. La President Warfield era una grossa nave costruita nel 1927 nel Delaware. Per anni aveva scorrazzato turisti su e giù per il fiume Potomac, poi, nel 1942 era passata all'esercito, che la aveva usata per lo sbarco in Normandia, il 6 giugno del 1944. Due anni dopo fu comprata dall'Haganah, l'organizzazione ebraica che in quel momento si occupava di trasferire illegalmente ebrei, molti dei quali sopravvissuti ai lager, in Palestina. Anche la President Warfield, dopo essere stata fornita di mezzi adeguati a respingere un eventuale arrembaggio inglese, inclusi tubi in grado di spargere vapore e olio bollente, parti da Baltimora diretta a Portovenere il 25 febbraio del 1947. Nel frattempo era stata ribattezzata Exodus 1947. Nei cantieri Olivo di Portovenere l'Exodus fu riadattata in modo da poter ospitare un numero enorme di profughi, quasi 5mila, molti più di quanti non avessero viaggiato con i carichi precedenti, per lo più partiti a loro volta da Portovenere. Dal porto ligure la nave si diresse verso Sète, sulla costa meridionale della Francia, dove il 10 luglio 1947 170 camion trasportarono 4500 profughi ebrei, nella grande maggioranza sopravvissuti ai campi di concentramento, tra cui 950 bambini. Nella note tra il 10 e l'11 luglio la nave, con bandiera dell'Honduras, lasciò la costa francese, ufficialmente diretta in Colombia, ma la mèta era in realtà il porto di Haifa. E' improbabile che l'Haganah sperasse davvero di sfuggire al controllo degli inglesi con una nave di quelle dimensioni e con un carico così folto. Molto più probabilmente l'intenzione era sin dall'inizio quella di creare un caso clamoroso. La marina inglese, in effetti, seguì con un cacciatorpediniere e alcune navi da guerra l'Exodus sin dall'uscita del porto di Sete. Le navi britanniche affiancarono quella dei profughi fino al limite delle acque internazionali, mentre di fronte al porto di Haifa veniva schierata una vera flotta: 45 navi da guerra. Il 18 luglio, arrivati a 40 km dalla costa, le navi inglesi speronarono l'Exodus poi, dopo aver sparato una quantità esorbitante di lacrimogeni, la abbordarono. Negli scontri con i passeggeri ci furono tre morti e decine di feriti. L'Exodus fu scortata sino ad Haifa. Di qui i profughi furono imbarcati su tre navi che dovevano riportarli in Francia, a Port-de-Bouc, 40 km da Marsiglia. Ci arrivarono il 2 agosto, ma i profughi rifiutarono di scendere dalle navi. La Francia scelse di non intervenire per sbarcarli con la forza. Lo stallo si prolungò per tre settimane, con le tre navi ferme di fronte al porto francese. Il Comitato speciale dell'Onu per la Palestina si riunì d'urgenza. L'attenzione di tutto il mondo concentrata sulle migliaia di sopravvissuti che rifiutavano di lasciare le navi. Il danno d'immagine per l'Inghilterra fu immenso anche perché l'odissea dei profughi dell'Exodus ricordava sin troppo da vicino quel che era successo una decina d'anni prima, quando il mondo intero aveva chiuso le frontiere agli ebrei che cercavano di lasciare un'Europa già minacciata dall'ombra nazista. La sola alternativa, per il Regno Unito, era deviare la nave verso la parte della Germania occupata dall'esercito inglese ma era comprensibilmente una scelta che il governo di sua maestà esitava a fare. Riportare i sopravvissuti dei lager in quella stessa Germania che ce li aveva rinchiusi, ridotti pelle e ossa dal lungo assedio prima sulla Exodus e poi sulle navi che li avevano riportati in Europa significava rendere ancora più micidiale il colpo inflitto all'immagine dell'Inghilterra. Alla fine tuttavia gli inglesi si rassegnarono. Le navi furono indirizzate nel porto di Amburgo, i passeggeri furono fatti scendere con la forza e smistati in due campi di internamento. Moltissimi scapparono di nuovo. Alcuni raggiunsero la Palestina. Molti però furono catturati di nuovo e rinchiusi nel campo di Famagosta, a Cipro, fino al voto dell'Onu che decretò l'esistenza dello Stato d 'Israele. Il viaggio dell'Exodus è rimasto un capitolo essenziale nella storia della nascita di Israele. Ma quella nave abbordata, sballottata da una costa all'altra, da un porto all'altro, carica di bambine, donne e uomini che venivano dalla più mostruosa persecuzione della storia ma a cui lo stesso non veniva permesso di trovare riparo diventò il simbolo dei profughi di tutto il mondo. Pochi mesi dopo, nel gennaio 1948, 28 lavoratori stagionali messicani impiegati in California, il cui contratto era scaduto, vennero caricati su un aereo e rimpatriati a forza. L'aereo precipitò sul Los Gatos Canyon e i migranti, insieme a quattro poliziotti che lo scortavano rimasero uccisi. La radio diede notizia del disastro senza fare nomi, spiegando solo che "28 deportati" erano morti. Woody Guthrie dedicò alla tragedia l'ultima tra le sue grandi canzoni, poi incisa da decine di cantanti. La storia di quei 28 Deportees non è diversa da quella dei profughi dell'Exodus. E' la stessa. Come è la stessa dell'odissea dell'Aquarius.

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