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Il Foglio Rassegna Stampa
11.06.2018 Cina: i vescovi cattolici saranno nominati dal partito comunista, disonore al Vaticano
Analisi tratta da National Review

Testata: Il Foglio
Data: 11 giugno 2018
Pagina: 3
Autore: la redazione del Foglio
Titolo: «Quell’accordo che disonora la chiesa»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 11/06/2018, a pag. III, con il titolo "Quell’accordo che disonora la chiesa" l'analisi tratta da National Review.

Il Vaticano cede al Partito comunista cinese, che avrà il controllo sulla nomina dei vescovi. La Santa Sede di Bergoglio si piega alle richieste del gigante cinese, rinunciando all'indipendenza.

Ecco il pezzo:

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Il cardinale Tong

Perché mai la chiesa cattolica dovrebbe accettare un accordo in base al quale sarebbe il Partito comunista a nominare i vescovi?”, ha scritto sulla National Review lo studioso George Weigel. “Di tutte le cose disturbanti e persino assurde che sono state dette in difesa del presunto accordo negoziato tra il Vaticano e la Cina, la più offensiva è che i critici di questa proposta di regolamentazione della vita cattolica all’interno della Repubblica popolare cinese non capiscono che la Guerra fredda è finita e che il mondo è in una situazione diversa. Tutto ciò è insensato. Certamente noi critici sappiamo bene che la Guerra fredda del periodo 1945-1991 è finita, e ci ricordiamo pure che quelli che sostengono che non lo sappiamo di certo non hanno contribuito a porvi fine. Sappiamo anche che, qualunque cosa possa cambiare nella politica globale, il carattere dei governi totalitari non cambia mai e che è da stolti fingere che un regime comunista onorerà le promesse fatte. Perdipiù, sappiamo che cosa i critici dei critici rifiutano di accettare, o addirittura negano nonostante l’abbondanza di prove: il fatto che l’ultimo tentativo del Vaticano di fare accordi con gli stati comunisti – la cosiddetta Ostpolitik degli anni Sessanta e Settanta – si è rivelato un fallimento colossale. Sopratutto, noi critici temiamo che fare accordi con l’attuale regime cinese indebolirà la missione evangelica della chiesa cattolica, attraverso l’associazione di un Vaticano assertivo con un governo comunista che viola i diritti umani del suo popolo in maniera brutale quanto sistematica. Si dice che una delle ragioni che hanno spinto a questa negoziazione malcongegnata e evangelicamente pericolosa sia stata la preoccupazione del Vaticano per la crescita del protestantesimo in Cina. A nessuno in posizioni autorevoli, a Roma, è venuto in mente che le chiese protestanti che stanno crescendo in Cina sono le chiese domestiche perseguitate? Non è probabile che una delle ragioni per cui il cattolicesimo è dietro al protestantesimo in Cina è precisamente perché il secondo è un contrappeso all’Associazione patriottica cattolica che ha il beneplacito del regime? Per quanto riguarda la visita papale in Cina, organizzata come digestivo per l’accordo, com’è possibile che nessuno abbia pensato che un viaggio del genere verrebbe manipolato dal regime e che, nel lungo periodo, arrecherà ulteriore danno alla reputazione della chiesa e alla sua capacità missionaria? E’ evidente che il miglior regalo di Pasqua che il Vaticano potrebbe dare alla sofferente chiesa sotterranea in Cina è un’audace riaffermazione pubblica della sua testimonianza, e una cristallina dichiarazione pubblica che il trasferimento di supervisione sugli enti religiosi, in Cina, dallo stato al Partito comunista costituisce una violazione terminale dell’accordo”.

Per inviare al Foglio la propria opinione, telefonare: 06/5890901, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


lettere@ilfoglio.it

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