Riprendiamo da SETTE di oggi, 07/06/2018, a pag. 106, con il titolo "Israele non è la Svizzera", lettera e risposta di Sergio Della Pergola, Paolo Lepri.
Ecco la lettera di Sergio Della Pergola:
Sergio Della Pergola
L'analisi di Paolo Lepri su 7 (Israele-Palestina. Quando la diplomazia perde la strada, 24 maggio) a proposito del futuro politico di Israele e dei Palestinesi è stimolante ma suscita alcune perplessità. Innanzitutto, nel lavoro di grandi scrittori come Abraham B. Yehoshua va distinto il ruolo del letterato da quello dell'analista politico. Se per il primo A.B.Y. suscita ammirazione, sul secondo ha già fatto in passato qualche passo falso, per esempio negando valore all'esperienza degli ebrei della diaspora e definendoli come irrilevanti rispetto agli Israeliani. L'idea di uno Stato confederale Israele-Palestina mi pare che sia una stravagante provocazione intellettuale oppure che esprima una posizione sostanzialmente anti-israeliana, ossia contraria all'autodeterminazione del popolo ebraico (sempre nei limiti del diritto internazionale). Lo Stato federale (o confederale) non può esistere se non prevale il consenso su almeno un principio fondamentale: la necessità esistenziale suprema di vivere insieme. Questo manca totalmente nel nostro caso. E poi al centro del logo con la stella di David, sullo sfondo rosso andava messa non la croce della Svizzera bensì la mezzaluna della Turchia. Tanto per capire quale tipo di fioritura culturale ci si possa attendere da questo artificioso innesto. Meglio due Stati per due popoli.
La risposta di Paolo Lepri:
Paolo Lepri
Gentile professor Della Pergola, la proposta avanzata da Abraham Yehoshua di «una partnership israelo-palestinese che dovrebbe portare ad una confederazione basata sul modello dei cantoni» ha il fascino irrazionale che possiedono le idee nuove quando il senso di disperazione contagia anche gli uomini di buona volontà. Ma ho sostenuto d'altra parte che «l'ingegneria costituzionale appare enormemente lontana» da questi luoghi che tanto amiamo. II mio, insomma, è uno scetticismo temperato dal rispetto che merita questo grande scrittore. Certo, meglio «due Stati per due popoli». Ci abbiamo sempre creduto, da tempo ho smesso di crederci. Ma sarei felice che diverse leadership, in Israele e nell'Autorità Nazionale Palestinese, mi convincessero con gesti capire meglio che tipo di pluralismo e concreti che sto sbagliando.
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