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Ugo Volli
Cartoline
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Il tradimento dei chierici 06/06/2018

Il tradimento dei chierici
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

A destra: la copertina del libro di Julien Benda (Einaudi ed.)

Cari amici,
nella storia antica il popolo di Israele è stato guidato da re, sacerdoti e profeti. I profeti sono scomparsi più o meno al tempo della prima caduta di Gerusalemme e dell’esilio babilonese. Con la caduta del Tempio di Gerusalemme no ci sono più stati i re, che erano innanzitutto capi militari, e anche i sacerdoti hanno perso la loro funzione liturgica. Una nuova figura è nata, quella dei rabbini, che sono giudici religiosi e insegnanti, un gruppo di persone che si dedica innanzitutto allo studio e all’applicazione della Legge. In termini moderni, sono intellettuali, spesso grandissime figure di pensatori; ma intellettuali vincolati a una tradizione e a una forma di pensiero assolutamente definita. E’ a loro, alla continuità del loro ruolo del loro studio e del loro insegnamento che si deve la sopravvivenza bimillenaria del popolo ebraico nell’ambiente ostile dell’esilio fra i cristiani, i zoroastriani, i musulmani. La persistenza della forma di vita e della fede ebraica deriva da questo insegnamento continuo e dal connesso primato dello studio. Basta leggere con u po’ d’attenzione il grande testo fondativo del rabbinismo, il Talmud, per vedere che dall’inizio i maestri sono stati consapevoli dell’enorme responsabilità politica di guidare un popolo privo di territorio e di difese. Certamente questa è la ragione per cui no vi è mai stata una società, a parte forse la Cina dei Mandarini, in cui il ruolo degli intellettuali fosse così fondativo della struttura sociale.

Probabilmente la prima figura di intellettuale ebraico a estendersi al di fuori del ruolo rabbinico fu Moses Mendelsohn a metà del Settecento. Questo salto fu ripetute infinite volte nei due secoli e mezzo successivi; numerosissimi ebrei sono stati scrittori, filosofi, artisti, scienziati, politici, storici. Alcuni hanno mantenuto u legame con la tradizione religiosa, altri l’hanno abbandonato; molti si sono convertiti al cristianesimo o al marxismo, hanno negato o trascurato le loro radici ebraiche, sono perfino talvolta diventati antisemiti. Altri sono rimasti fedeli al loro popolo e l’hanno guidato nel ritorno alla sua terra. L’amore e il rispetto degli ebrei per la produzione intellettuale e lo studio sono rimasti invariati. Per i rabbini, senza dubbio, almeno per chi ha conservato nel cuore qualche scintilla della millenaria forma di vita ebraica. Ma anche per gli altri, per i poeti e i fisici, i giornalisti e gli accademici.

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Per questa ragione, ogni volta che si verifica anche nel mondo ebraico “il tradimento dei chierici” (per citare un po’ liberamente il titolo del celebre libro di Julien Benda), il dolore e lo sdegno degli ebrei è grande. I rabbini che hanno tradito il loro popolo sono stati relativamente pochi: chi si è convertito subito dopo la Shoah e chi è andato a fare il cortigiano di Ahmadinedjad o di Arafat; la stragrande maggioranza ha sopportato con dignità assieme al suo popolo la Shoah e ha accettato lealmente lo stato di Israele.

I chierici laici, gli intellettuali ebrei sono stati spesso più incerti, hanno spesso preso la posizione descritta da Benda, sentendosi profeti contro lo stato, portatori dell’universale contro la particolarità ebraica, “genitori” giusti e morali contro un popolo di “figli” incoscienti e lazzaroni: «I chierici qui in causa assicurano spesso che loro ce l'hanno solo con la democrazia "bacata", com'essa si è dimostrata più volte nel corso di quest'ultimo cinquantennio, ma che sono tutti per una democrazia "pulita e onesta". Non è vero niente, dato che la democrazia più pura costituisce, per il principio di uguaglianza civica insito in essa, la formale negazione di quella società gerarchizzata che essi vogliono». Dai sionisti “intellettuali” che se la prendevano con la politica di Herzl, a Hannah Arendt che “non vedendo alcuna ragione speciale per amare il popolo ebraico piuttosto che qualsiasi altro gruppo di persone” cercava in tutti i modi di assolvere i “banali” nazisti dalla Shoah per coinvolgere invece nella colpa le vittime ebree, fino a Magnes, il primo rettore dell’Università ebraica di Gerusalemme, che cercò in tutti i modi di impedire che gli Usa lasciassero nascere lo stato di Israele, al proprietario del New York Times che per anni ordinò al suo giornale di minimizzare la Shoah perché non si pensasse che lui era dalla parte del suo popolo.

In Italia ci furono i fascisti ebrei che diedero l’assalto alle redazioni dei giornali sionisti, ma anche coloro che firmarono appelli contro Israele: nel ‘67, nel ‘73, nell’82 dando un alibi ai terroristi che assalirono il tempio di Roma e di nuovo due settimane fa, appoggiando il terrorismo di massa di Hamas. I nomi sono pubblici, come sono pubblici i nomi di quelli che li hanno difesi e giustificati. Nessuno di costoro ha chiesto scusa, neanche quando la storia, o la semplice cronaca, ha mostrato che erano caduti, da complici o da insipienti, in montature dell’informazione filopalestinista. La ragione è molto chiara: gli intellettuali di solito non si presentano alle elezioni, non hanno bisogno di voti del popolo bue. Ma tengono moltissimo per ragioni insieme economiche e morali, alla stima dei loro pari, dei colleghi giornalisti sui giornali antisraeliani, dei colleghi universitari che organizzano o almeno lasciano fare convegni antisionisti, dell'intellighenzia cattolica e comunista che no ha mai abbandonato il tradizionale antisemitismo, ma lo ha solo un po’ imbellettato da antisionismo. Tanto, nel peggiore dei casi, possono sempre invocare la libertà di pensiero conculcata dagli “squadristi” sionisti.

Io credo che questo tradizionale rispetto per gli intellettuali (spesso autodefiniti tali, spesso di piccolissima caratura accademica o giornalistica) debba cessare. Che vadano combattuti loro e i giornali su cui scrivono, siano questi cattolici o - purtroppo sì - pagine che si definiscono ebraiche. Combattuti a parole, beninteso, con le armi della democrazia, con il dissenso e con il rifiuto di riconoscerli. E, anche per loro, senza dimenticare, senza lasciar perdere, senza accettare mimetismi e doppie verità. Perché il tradimento dei chierici è grave sempre, ha aiutato a consegnare pezzi dell’Europa al nazismo, al comunismo e all’islamismo. Ma per il popolo ebraico, che ha mantenuto la sua identità col pensiero e lo studio.

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Ugo Volli


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