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Il Foglio Rassegna Stampa
04.06.2018 L’America ha agito bene su Gerusalemme
Analisi tratta dal Wall Street Journal

Testata: Il Foglio
Data: 04 giugno 2018
Pagina: 2
Autore: la redazione del Foglio
Titolo: «L’America ha fatto bene su Gerusalemme»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 04/06/2018, a pag.II con il titolo "L’America ha fatto bene su Gerusalemme", l'analisi tratta dal Wall Street Journal.

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Lunedì (il 14 maggio scorso, ndt) gli Stati Uniti apriranno ufficialmente la loro nuova ambasciata israeliana a Gerusalemme. Questo correggerà una precedente scelta surreale per cui, dall’indi - pendenza d’Israele settant’anni fa a oggi, gli Stati Uniti e altre nazioni hanno rifiutato di riconoscerne la sovranità sulla sua propria capitale”. Così scrive, sul Wall Street Journal, Eugene Kontorovich, direttore del think tank israeliano Kohelet Policy Forum. “Il presidente Trump aveva annunciato in dicembre che avrebbe invertito la rotta della politica americana su Gerusalemme. Trasferendo fisicamente l’ambasciata traduce le proprie parole in gesti. L’esatta posizione dell’ambasciata a Gerusalemme ha ricevuto molta meno attenzione, ma è altrettanto importante. Sarà ospitata negli edifici utilizzati dal consolato americano e in un albergo adiacente acquistato dal Dipartimento di stato nel 2014. Gran parte del complesso si trova all’estremo confine della linea d’armistizio che divise Gerusalemme tra il 1949 e il 1967. Avere un’ambasciata che si estende di qua e di là di questa ‘Linea verde’ significa riconoscere come capitale d’Israele una Gerusalemme unita, che include la Città vecchia e altre sue aree esterne. Significa quindi rifiutare categoricamente la nozione per cui Israele non avrebbe diritto di reclamare territori al di là della Linea verde.

La maggior parte dei piani di pace proposti negli anni contempla la cessione di Israele al futuro stato palestinese di alcune parti dei suoi territori non reclamati. In questo senso tutti i ‘confini specifici’ di Israele, ben al di là di Gerusalemme, sono soggetti a cambiamento in base a un accordo finale. Questa possibilità, tuttavia, non nega il riconoscimento americano degli attuali confini israeliani. Altri che desiderano offuscare il significato della posizione della nuova ambasciata notano che si trova in una striscia di terra che tra il 1949 e il 1967 era una zona demilitarizzata amministrata dalle Nazioni unite. Ma la teoria giurisprudenziale che parla di una ‘occupazione’ da parte di Israele non si basa su chi controllava la zona in quel periodo. Piuttosto, si basa sull’idea che Israele non abbia il diritto ad alcun territorio sull’estremo confine della Linea verde. L’ex zona demilitarizzata è esattamente quel territorio. Nel 1958 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite dichiarò esplicitamente che la zona demilitarizzata era ‘oltre’ la linea d’armistizio del 1949. Tutto questo può significare soltanto una cosa: gli Stati Uniti non sposano più la teoria giurisprudenziale a supporto delle accuse di una ‘occupazione’ israeliana. Altri paesi potrebbero seguirne presto l’esempio, proprio come stanno già facendo riconoscendo Gerusalemme come capitale. Il riconoscimento americano della città unificata potrebbe essere il primo di una serie di spiragli di cambiamento nell’ossificato consenso internazionale”.

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