Hamas teme che il piano degli Emirati palestinesi possa diventare realtà
Analisi di Mordechai Kedar
(Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)
Abu Mazen
Un articolo del sito web di Hamas cerca di prevedere il futuro degli arabi palestinesi dopo Abbas e mette in guardia contro la crescente possibilità che il piano degli Emirati si avveri. La fine imminente del regno di Mahmoud Abbas, suscita domande importanti: cosa accadrà una volta che se ne sarà andato? Il leader che prenderà il suo posto, riuscirà a unire Hamas e l'OLP? Quali rapporti avrà con Israele? Il coordinamento della sicurezza tra Israele e l'Anp avrà un seguito? E in generale - cosa succederà dell’Anp? Diventerà uno Stato? In tal caso, quale sarà la posizione di Hamas? Quali saranno i confini di quell'entità? Cosa succederà a Gerusalemme? E ai "rifugiati"? Ci sono molte altre domande, altrettanto importanti quanto queste, ma nessuno ha le risposte. Il sito web di Hamas ha pubblicato di recente un articolo di Khaider Almatzder, il cui titolo era "Dopo Abbas: il decentramento palestinese ". La corretta traduzione ebraica della parola decentramento è "bizur", termine che indica la concessione di potere e autonomia ai vari rami del governo, in modo che ogni ramo sia amministrato quasi del tutto indipendentemente dal governo centrale. Ad esempio, negli Stati Uniti, ogni Stato possiede un ampio grado di autonomia e può decidere in materia di tassazione, trasporto, pianificazione, istruzione e altro, mentre la sicurezza e gli affari esteri sono di competenza del governo federale di Washington. Nell'articolo, tradotto qui dall'arabo all'inglese, l’autore descrive nel dopo Abbas, una realtà araba palestinese decentralizzata. I miei commenti, come al solito, sono tra parentesi.
Khaider Almatzder: “Dopo Abbas: il decentramento palestinese”
Cosa succederà dopo il ritiro di Abbas? Tutti cercano di indovinare la risposta a questa domanda, nel tentativo di collegare quella risposta a determinati nomi e persone senza tenere conto della situazione geografica che sta emergendo, né della natura degli interessi regionali e delle nuove relazioni che sono diventate molto più vicine alla visione di Israele che a quella degli arabi palestinesi. (Per esempio: Il Medio Oriente si uniforma agli interessi di Israele, MK). Per capire l'importanza di ciò che sta accadendo, vediamo ciò che accade con l’ottica di Israele, specialmente da quando Israele ha creato una situazione che è difficile ignorare o sostituire con altri scenari. Partiamo dall’analisi dello stesso Abbas: lui è l'ultimo leader storico e l'unico filo conduttore - che ci piaccia o no - che collega l’Autorità palestinese con le lotte del passato aveva lottato, alla attuale politica che ha invece scelto altre strade. Quando Abbas scomparirà, si porterà via anche questo storico legame con il passato e l’entità palestinese entrerà in lotta per la successione. Nessuno dei contendenti, tuttavia, si identifica con la lotta in modo da poter rappresentare le diverse sfaccettature della realtà palestinese (e ad essere accettato da tutte le fazioni, come lo era stato Arafat). Questo è il motivo per cui assisteremo a una crisi di legittimità i cui risultati non saranno così semplici come tendiamo a pensare, specialmente da quando Israele sta cercando con tutte le forze di fondare uno status capace di essere riconosciuto come una amministrazione civile, la cui mancanza porterebbe all'anarchia totale. L'obiettivo di Israele è trovare un tipo di soluzione che garantisca ai residenti palestinesi margini di autogoverno abbastanza ampi da permettergli di condurre la loro vita quotidiana senza raggiungere un livello legale e politico totale.
Questa sarebbe una ripetizione dello scenario della tutela araba (che esisteva nell'area fino al 1967, con la Giordania che controllava Giudea e Samaria, mentre l'Egitto governava Gaza) con tutti i negativi ricordi che evoca. Ma è realistico proporre l'idea di uno scenario di tipo tutelare quando è Israele a controllarne la politica? La risposta ovvia è sì, perché chiunque stia esaminando il modo in cui Israele gestisce la regione, ossia trasformando la Cisgiordania in piccole entità separate, non può fare a meno di pensare che il piano israeliano intenda incrementare la frammentazione e la divisione, applicando il termine di "Emirato" per ogni sezione, in particolare se il suddetto "Emirato" risponde alla volontà di Israele, di decentrare il governo palestinese. Israele tenterà di dividere l'eredità tra diversi eredi, senza che nessuno di loro sia in grado di concentrare il potere (su tutta l'area) nelle proprie mani. L'"Emiro" potrà consolidare il suo controllo nella zona che governa se dimostrerà la sua acquiescenza alla politica israeliana. La Cisgiordania è destinata a rimanere sotto controllo israeliano dopo che Israele avrà annesso i territori che vorrà e lasciato le briciole a coloro i cui obbiettivi amministrativi saranno concordi con le esigenze di sicurezza di Israele, ignorando qualsiasi ipotesi possa offrire loro la libertà. Anche Gaza non è lontana da questo scenario, perché la spaccatura (tra OLP e Hamas, tra Giudea / Samaria e Gaza) è una realtà, e la necessità di un tutore è maggiore che nelle zone del Paese di importanza strategica per Israele.
Dato che Gaza è più vicina alla creazione di un'entità governativa centrale, il modo in cui sarà trattata la situazione sarà diverso poiché sarà l'Egitto a gestire il futuro di Gaza, come parte di un accordo che vedrà la "lotta" come surreale e inutile. Israele non può controllare tutto quel che accade a Gaza, ma la posizione strategica della Striscia costringe Israele a fare concessioni. Inoltre, gli sforzi per trovare un leader arabo palestinese sul cui governo tutti siano d'accordo (in sostituzione di Abbas) non avranno successo, non solo a causa di Israele, ma soprattutto - purtroppo - a causa degli stessi arabi palestinesi. Ecco perché l’attuale situazione, in cui l'OLP e Hamas si odiano a vicenda e non hanno fiducia l'uno nell'altro, porterà al fallimento di qualsiasi sforzo (trovare un leader concordato), soprattutto dal momento che la maggior parte dei nomi citati (come possibili sostituti di Abbas) sono coinvolti in relazioni regionali (Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti) intrecciate con la politica israeliana. Questo è il motivo per cui, con ogni probabilità, non ci sarà un accordo su una figura centrale concordata, specialmente perché Israele vuole decentralizzare il dominio arabo palestinese. Mancando una figura singola che simboleggi la continuazione della tradizione delle lotte di lunga data (che potrebbe riunire tutti i palestinesi), ci sarà solo una soluzione regionale (con la designazione della Giordania come tutore su Giudea e Samaria, dell'Egitto su Gaza, e con Israele che si annette qualsiasi cosa deciderà)
L'intero sistema politico e la legittimità palestinese sono in pericolo; dobbiamo seguire da vicino gli scenari previsti escludendo quelli negativi. Dobbiamo iniziare a fare dei passi concreti per risanare le fratture interne palestinesi e scegliere un leader su cui tutti siamo d'accordo. Dobbiamo mettere da parte le nostre differenze interne in modo da poter dissipare i sogni dei nuovi sionisti (di coloro che sostengono Israele dall'interno e dall'esterno) ai quattro angoli della terra. Questo è il contenuto dell'articolo pubblicato da Khaider Almatzder pubblicato sul sito web di Hamas. L’autore vede la situazione in modo realistico ed è ben consapevole della crisi che affligge la leadership dell'Autorità Palestinese. È anche ben consapevole della misera situazione dei palestinesi agli occhi dei loro "fratelli" arabi, ma ciò che è interessante è che ha usato il termine "emiro" per esprimere la sua opposizione alle intenzioni israeliane di dividere la Giudea e la Samaria in entità amministrativamente autonome - quasi come se fossi stato io a chiamarli "Emirati", come ho delineato nella mia nota proposta di pace. C'è un principio importante che deve essere riconosciuto da chiunque sia interessato al Medio Oriente: se Hamas si oppone a qualcosa, è la prova evidente che l'idea è positiva, praticabile e desiderabile, specialmente per Israele. Ecco perché, poiché lo scrittore è contrario al decentramento del comando palestinese, è chiaro che questo è un bene per gli interessi israeliani. Israele quindi, deve far avanzare l'idea del decentramento, dissolvere l'AP in emirati, ognuno dei quali si basa sulla lealtà ai capi dei clan locali (hamulot) in ciascuna delle principali città della Giudea e della Samaria e non sull'ideologia delle lotte dell'OLP o di Hamas. Hamas teme il "Piano degli Emirati" più di ogni altra cosa, perché ovunque i clan hanno il controllo, l’attenzione ai jihadisti è quasi nulla. Non consentono alcuna minaccia alla stabilità economica, politica e sociale. Poiché Hamas teme il potere dei clan locali, Israele deve usare tutti i considerevoli mezzi a sua disposizione per far avanzare quella soluzione, in particolare ora, quando una leadership palestinese legittima e centralizzata non si vede da nessuna parte.
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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