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L'Espresso Rassegna Stampa
27.05.2018 Per Alberto Negri Trump è il nemico e Netanyahu il gendarme del Medio Oriente
L'Espresso, edizione settimanale del Manifesto

Testata: L'Espresso
Data: 27 maggio 2018
Pagina: 37
Autore: Alberto Negri
Titolo: «Se l'amico Trump diventa nemico»

Riprendiamo dall' ESPRESSO di oggi, 27/05/2018, a pag.37, con il titolo "Se l'amico Trump diventa nemico" il commento di Alberto Negri

Donald Trump, un ricattatore, quindi un nemico, secondo Alberto Negri, che, dopo le paginate sul SOLE24ORE continua a spararle grosse e menzognere, sul settimanale odiatore di Israele di proprietà debenedettiana. Negri, pur di difendere l'Iran attacca pure Francia e Inghilterra che avuto l'ardire di incontrare Trump. Accusa poi Netanyahu, definendolo ' il gendarme del Medio Oriente. Un augurio nell'ultima riga per il nuovo governo filo-iraniano in arrivo in Italia.

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i suoi amici

Con le sanzioni all'Iran, decise da Donald Trump dopo l'abbandono dell'accordo sul nucleare del 2015, la battaglia del Medio Oriente contro gli sciiti si trasferisce in Europa. Per l'Italia il congelamento degli scambi può trasformarsi in una perdita secca: sono stimate 27 miliardi di euro le commesse approvate o i memorandum d'intesa con Teheran per le imprese nazionali minacciate dalla mossa degli Usa. Lo "statuto di blocco", meccanismo varato dall'Unione negli anni Novanta e mai realmente attuato, è il salvagente dell'Europa per proteggere gli affari nella Repubblica islamica ma potrebbe non bastare e viene lanciato in un mare in tempesta dove le sanzioni a Iran e Russia sono usate dagli Usa per esercitare pesanti pressioni: i dazi e l'accesso al mercato americano sono le armi di ricatto nei confronti degli europei. E nessuno, owiamente, vuole mettere in pericolo gli scambi con gli Stati Uniti. «Con amici come questi c'è da chiedersi chi siano i nemici», è stato il caustico commento del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. In pericolo non ci sono soltanto gli affari ma emerge sempre più chiaramente che lo stesso patto atlantico si sta incrinando anche per quei Paesi come la Gran Bretagna e la Francia di Emmanuel Macron che hanno partecipato insieme a Washington ai bombardamenti in Siria contro Assad, alleato di ferro di Teheran. Parigi e Londra hanno capito con ritardo che l'unico beniamino di Trump in Medio Oriente è Israele, investito del ruolo di gendarme della regione. Così anche il colosso francese Total sta per abbandonare l'Iran ed essere sostituito dai cinesi. Questi sviluppi hanno spinto la cancelliera tedesca Angela Merkel a incontrare Vladimir Putin per confermare la realizzazione del Nord Stream 2, il raddoppio del gasdotto con la Russia. Il ricatto americano è diretto: la cancellazione del progetto Nord Stream è il prezzo da pagare per concedere all'Unione europea un'esenzione dai dazi che gli Usa si apprestano a imporre sull'import di alluminio e acciaio. Forse si arriverà a un compromesso includendo l'Ucraina dal passaggio delle pipeline, al contrario di quanto awiene con il Turkish Stream tra Russia e Turchia che un tempo si chiamava South Stream: l'annullamento di questo piano era già costato all'italiana Saipem due miliardi di dollari. È il doppio standard Usa: ci sono alleati che si possono piegare, come l'Italia, e altri come la Germania o Erdogan che possono farla franca. E così che funziona la nuova politica estera americana, basata sui rapporti di forza non sulla diplomazia, mentre gli europei studiano la possibilità di mantenere in vigore l'accordo con l'Iran. Importando per esempio il petrolio iraniano con pagamenti in euro direttamente alla Banca centrale di Teheran. Ma tutto questo non salverà le nostre aziende dalle sanzioni secondarie del Tesoro americano: in pratica banche e imprese possono essere escluse dal mercato Usa. Poi ci mettiamo anche del nostro. In gennaio a Roma il ministro dell'Economia Carlo Padoan aveva stipulato con il collega iraniano Mohammad Khazaei un accordo per una linea di credito da 5 miliardi di euro destinati a facilitare le commesse italiane. Questa intesa tra Roma e Teheran era nel quadro legale dell'accordo del 2015. Finanziamenti analoghi erano già stati siglati dall'Iran con Corea del Sud (8 miliardi di dollari), Austria (1 miliardo), Cina (10 miliardi). Eppure qualche cosa si è messo di traverso. Alcuni organi di stampa italiani avevano attaccato il governo affermando che si trattava di un clamoroso fuorigioco mentre da Washington e da Tel Aviv guardavano "con stupore" alle mosse italiane. Al punto che l'intesa, presa di mira da pressioni Usa e israeliane, è rimasta bloccata. Insomma c'era una finestra prima delle decisioni di Trump e non è stata tenuta aperta. Tutta materia per i "sovranisti" di oggi.

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