Riprendiamo dall' ESPRESSO di oggi, 27/05/2018, a pag.105, due lettere indirizzate a Gigi Riva e Wlodek Goldkorn. La prima, dal titolo "Gaza Brucia" è senza risposta, Riva è troppo impegnato a prendere di mira Israele per trovare il tempo di rispondere. Lo fa invece Goldkorn, che ripropone quanto aveva scritto nel pezzo, per fortuna Israele non segue i suoi consigli
Per chi non ricordasse i loro due articoli, ecco il link:
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=12&sez=120&id=70689
Ecco la prima lettera: "Gaza brucia"
di Alessandro ParravIcInl,Como: nessuna risposta
dimostrazione pacifica...
Dal vostro reportage a Gaza sembra che si sia compiuta una strage di innocenti e di manifestanti pacifici. Eppure Hamas ha ammesso che 50 dei 62 morti erano suoi miliziani. Wlodek Goldkorn ("Quello che Netanyahu non vuole capire", L'Espresso n. 21) getta su Netanyahu e sulla destra israeliana tutta la responsabilità politica dei ripetuti fallimenti dei processi di pace, ma non dice che, dal 1937, gli arabi non hanno mai accettato una soluzione a due Stati (ne volevano uno solo, certo non quello ebraico). L'ultimo socialista che copri la carica di primo ministro, Ehud Barak, offri ad Arafat il 98 per cento della Cisgiordania, Gaza e il settore arabo di Gerusalemme come capitale del nuovo Stato palestinese. Non solo gli arabi rifiutarono, ma poi ci fu l'intifada più sanguinosa. Goldkorn non lo dice.
Ecco la seconda, che ripropone il titolo dell'articolo: "Quello che Netanyahu non vuole capire"
lettera di Rachele Segues:
In merito a quanto sta accadendo a Gaza, sono sicura che i media capiscono benissimo la situazione mentre non capisco com'è possibile che continuino a disinformare, pur sapendo che si sta creando una situazione molto pericolosa per gli ebrei. Per quanto riguarda l'articolo di Goldkorn ("Quello che Netanyahu non vuole capire", L'Espresso n. 21), vorrei precisare che gli arabi hanno sempre rifiutato la soluzione di due Stati, perché vogliono continuare a ricevere gli aiuti ma soprattutto, perché vogliono un solo Stato: arabo, con gli ebrei sterminati. I profughi arabi lasciarono le loro case di loro spontanea volontà, dopo che i capi arabi avevano consigliato di andare via, dicendo che la settimana successiva sarebbero potuti tornare e occupare le case degli ebrei. Ben Gurion, nel suo primo discorso, li aveva invitati a restare e a vivere insieme e in pace. Inoltre non capisco come mai nessuno parla degli 850 mila ebrei che sono dovuti scappare dai paesi arabi (faccio parte di questi 850 mila). La proclamazione dello Stato di Israele non è stata una conseguenza della Shoah: tutto è cominciato con Theodor Herzl (1896) poi la Dichiarazione Balfour (1917) e la Conferenza di Sanremo (1922). Mi auguro che i media si rendano conto che non è più il caso di demonizzare Israele e gli ebrei.
La risposta di Wlodek Goldkorn:
Non era mia intenzione ripercorrere tutta la storia del conflitto israelo-palestinese, compresi i vari piani della spartizione, rifiutati peraltro non solo dagli arabi ma anche dalle destre ebraiche. Né ho raccontato la campagna dell'odio delle destre israeliane nei confronti del premier Rabin, dopo gli accordi di Oslo del 1993. E storia; e rimando le riflessioni su questi aspetti della vicenda ai libri degli storici. Per quanto riguarda la genesi della nascita dello Stato ebraico mi permetto di rimandare i lettori all'intervista con lo storico Dan Diner (L'Espresso n. 15). Ll parliamo in modo articolato di come l'esperienza della Shoah abbia convinto moltissimi ebrei di non sentirsi più sicuri in Europa e in genere in Occidente. Nel mio breve commento invece volevo solo sottolineare trefattori della situazione odierna: il rifiuto di Hamas di riconoscere Israele e il gioco cinico sempre di Hamas con le vite della gente di Gaza; l'incapacità del governo e di una parte della pubblica opinione israeliana di comprendere la drammatica situazione degli abitanti della Striscia; la miopia della politica di Trump che ha esaltato l'aspettosimbolico, identitario e irrazionale, del conflitto; a scapito di quello politico e militare e cioè razionale e negoziabile. Resto convinto che la pace tra Israele e i palestinesi necessiti di un compromesso e quindi di dolorose rinunce.
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