Gentilissima Signora Fait, a me, personalmente, piace nominare Israele (Stato e popolo) e dirne bene. Però, nel caso dell’augurio-invocazione di pace nell’omelia del giorno di Pentecoste, sono molto contenta che il Papa abbia detto “Terra santa” anziché Israele, perché, ovviamente, l’augurio è sia per gli israeliani che per i palestinesi e non solo per il territorio israeliano, ma anche per Giudea, Samaria e Gaza. Anzi, visto che l’invocazione è, testualmente, che lo Spirito Santo (cui sono dedicate la solennità di Pentecoste e l’omelia papale) “cambi i cuori e le vicende e porti pace nella Terra santa”, mi sembra più che mai desiderabile ed urgente che cambino radicalmente in meglio i cuori delle persone più ostili alla pace, che mi pare che, allo stato, siano ampiamente rappresentate nel campo palestinese. Anche l’articolo dell’Osservatore Romano oggi riportato da IC è quasi interamente dedicato a riportare stralci di un’omelia: quella pronunciata da mons. Pizzaballa, Amministratore apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme, durante il rito religioso principale della giornata di preghiera per la pace in Terra Santa cui ha invitato tutti i fedeli della Diocesi di Gerusalemme (si tratta, per inciso, della giornata di preghiera preannunciata nell’articolo di Bernardelli pubblicato il 20 maggio da IC). Perciò, trattandosi di un’omelia, trovo appropriato che abbia invocato il dono della pace da parte di Dio, in una situazione in cui, umanamente, è arduo sperare in un accordo di pace a breve o medio termine, e spronato i fedeli ad essere operatori di pace coltivando giustizia, verità, carità, capacità di consolare e perdonare nella loro vita quotidiana, ma non abbia affrontato questioni politiche o militari (la ‘comunità internazionale’ non mette, di regola, in discussione il diritto di difesa dello Stato di Israele, ma la rispondenza alle norme internazionali delle misure concretamente adottate; concordo sull’ipocrisia di molte critiche e condanne, ma confutarle richiede una disamina giuridica e tecnica che esula del tutto dai limiti di un’omelia). L’unica aggiunta dell’Osservatore Romano alle parole di mons. Pizzaballa è un accenno ad una dichiarazione del Custode di Terra Santa, padre Patton, di cui mi pare particolarmente apprezzabile l’auspicio che “anche la comunità internazionale faccia pressione sulle parti” per risolvere la crisi di Gaza. Sottolineo “sulle parti” e spero che l’auspicio si realizzi e la comunità internazionale, a cominciare da tutto l’Occidente, inizi a far capire con decisione ai palestinesi che farebbero meglio a riprendere subito con serietà le trattative con Israele ed a provare con i fatti di voler diventare dei vicini civili. Non posso far a meno di pensare che, se fossimo stati fin dall’inizio inequivocabilmente chiari nel sostenere Israele e sanzionare doppiezza e violenza, forse avremmo dato qualche chance in più alla pace. Con i più cordiali saluti,
Annalisa Ferramosca
Gentile Annalisa,
queste parole " Non posso far a meno di pensare che, se fossimo stati fin dall’inizio inequivocabilmente chiari nel sostenere Israele e sanzionare doppiezza e violenza, forse avremmo dato qualche chance in più alla pace" sarebbero da incorniciare perchè sono esattamente il nocciolo della questione. Non saremmo mai arrivati a questa situazione, nè avremmo avuto tante vittime da entrambe le parti se l'occidente avesse sostenuto Israele invece di viziare i palestinesi dando loro sempre ragione. I palestinesi hanno sempre saputo che qualsiasi loro azione di terrorismo, anche la più abietta, sarebbe stata giustificata e che Israele sarebbe sempre stato colpevolizzato, accusato e condannato. Per quanto riguarda il termine Terra santa potremmo discutere all'infinito senza mai trovare un accordo. Per me, israeliana, sionista e laica è un nome privo di significato e, spesso, usato per evitare di dire semplicemente Israele riconoscendone ufficialmente l'esistenza. Comunque è sempre un piacere leggerla e discutere con lei delle problematiche riguardanti questo mio paese tanto ingiustamente maltrattato.
Un cordiale shalom