Riprendiamo da LIBERO di oggi, 22/05/2018, a pag. 12, con il titolo "Putin fa la spia per Israele contro Teheran", il commento interessante di Andrea Morigi.
Nella stessa pagina Libero pubblica una breve, preceduta dal titolo: "Il Paraguay cerca guai: ambasciata a Gerusalemme. I palestinesi protestano". Questo titolo non corrisponde al testo, e travisa la realtà semplicemente per fare una rima triviale tra "Paraguay" e "guai".
Ecco l'articolo di Andrea Morigi:
Andrea Morigi
Vladimir Putin con Benjamin Netanyahu
Tutta Damasco è tornata sotto il pieno controllo di Bashar Assad, dopo circa sette anni dall'inizio dell'insurrezione armata anti-siriana. Una trentina di bus carichi di jihadisti con le loro famiglie hanno lasciato la capitale fra domenica e ieri, diretti verso l'area desertica vicino a Palmira, dove l'Isis si riorganizza lontano dai centri urbani della Siria occidentale. Ormai, per combattere quell'ombra residuale del Califfato, non servono più nemmeno gli hezbollah iraniani. Lo suggerisce soprattutto la Russia, che preme per il ritiro di tutte le forze straniere dal territorio. Da Teheran ribattono che i combattenti iraniani presenti in Siria resteranno di stanza nel Paese arabo finchè il governo di Damasco avrà bisogno di aiuto e lo richiederà. Ma in Iran pesa il sospetto che la Russia stia rafforzando il proprio ruolo di gendarme del Medio Oriente attraverso un patto nemmeno tanto segreto di alleanza con Israele. Lo scorso 9 maggio Benjamin Netanyahu ha presenziato alla parata militare sulla Piazza Rossa di Mosca in occasione della Giornata della Vittoria a fianco di Vladimir Putin. E la Russia pare si sia convinta a non fornire alla Siria i missili S-300, in grado di colpire Israele. Per gli sciiti, è la prova che i satelliti russi indicano agli israeliani gli obiettivi iraniani da colpire in Siria. Ieri si sono udite esplosioni a sud di Damasco, nella zona di Najjah che ospita un'accademia militare e, pare, un'installazione iraniana per la guerra elettronica. Il 18 maggio vicino ad Hama era esploso un deposito di munizioni, armi e carburante. Due indizi fanno un sospetto. Tanto più che se l'Iran si ritirasse farebbe contenta anche Washington.
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