Riprendiamo dalla REPUBBLICA - AFFARI & FINANZA di oggi, 21/05/2018, a pag. 9, con il titolo "Iran, l'Ue indifesa contro le sanzioni", il commento di Andrea Bonanni.
La prima parte dell'articolo di Bonanni chiarisce le conseguenze della decisione di Donald Trump di uscire dall'accordo con l'Iran degli ayatollah, e specifica il coinvolgimento anche delle aziende europee nella nuova dinamica che prenderà piede. La seconda parte del pezzo, però, lamenta questa stessa prospettiva, e si sofferma sui "danni" che potrebbe subire l'esportazione europea e italiana, senza considerare minimamente i crimini che quotidianamente il regime di Teheran compie. Un articolo, quindi, all'insegna dello slogan "business is business", che trascura del tutto le violazioni dei diritti umani, l'aggressività e la corsa verso il nucleare.
Ecco l'articolo:
Andrea Bonanni
Tra Europa e Stati Uniti si sta sviluppando una vera e propria guerra economica la cui portata va ben al di là delle minacciate sanzioni Usa sull'acciaio europeo e delle già annunciate ritorsioni Ue. La scintilla del conflitto nasce dalla decisione di Trump di ritirarsi dall'accordo sul nucleare iraniano reimponendo una serie di sanzioni contro il régime degli ayatollah. Gli europei, che sono co-firmatari di quell'accordo, hanno deciso di confermarlo e di mantenere normali (e molto proficui) rapporti commerciali con l'Iran. Ma le sanzioni americane hanno carattere extra-territoriale. Questo significa che colpiscono qualsiasi società o banca di qualsiasi Paese che faccia affari con Teheran. Il fuggi fuggi è già iniziato. Il gigante danese dei trasporti marittimi, Maersk, ha annunciato che non stipulerà nuovi contratti per il trasporto del petrolio iraniano.
La francese Total, che aveva sottoscritto un contratto miliardario per l'estrazione di greggio, medita di cedere la sua quota ai cinesi. Praticamente tutte le grandi banche europee che finanziavano le operazioni commerciali con Teheran saranno costrette a chiudere i rubinetti del credito. Di fatto, le sanzioni decise da Trump obbligano anche le imprese europee ad adeguarsi al bando. Per contrastare questa evidente ingerenza, la Commissione ha deciso di ripristinare il "blocking statute": una norma che fa divieto alle società europee di adeguarsi ai divieti americani e che impone ai tribunali dei Paesi Ue di non riconoscere la validità delle sanzioni decise da Washington. Ma la mossa di Bruxelles ha un valore poco più che simbolico. E i danni, per l'economia europea e soprattutto per quella iraniana, saranno enormi. Tanto che Teheran potrebbe decidere di ritirarsi da un accordo che la Ue, nonostante la volontà esplicita delle sue capitali, non è in grado di rispettare. Al di là del caso contingente, la questione della extraterritorialità delle sanzioni americane pone un evidente problema di sovranità ai governi europei. Chi dirige la politica commerciale della Ue: Bruxelles o Washington? In una economia se apre più strettamente interconnessa, la volontà del più forte e del più aggressivo rischia di imporsi al di là delle giurisdizioni nazionali. La diplomazia europea sta freneticamente cercando di ottenere che gli Usa rinuncino, o quantomeno moderino, gli effetti extraterritoriali delle loro sanzioni. Ma, mentre incombe lo spettro di una guerra commerciale diretta tra le due sponde dell'Atlantico, ha ben poche speranze di riuscirci.
Per inviare la propria opinione alla Repubblica, telefonare 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante