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La Stampa Rassegna Stampa
19.05.2018 Combattere Israele e tutto l'Occidente, il programma del dittatore turco
Cronaca di Marta Ottaviani

Testata: La Stampa
Data: 19 maggio 2018
Pagina: 17
Autore: Marta Ottaviani
Titolo: «Erdogan e la rabbia islamica 'Conquistiamo Gerusalemme'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 19/05/2018, a pag.17, con il titolo "Erdogan e la rabbia islamica 'Conquistiamo Gerusalemme'", la cronaca di Marta Ottaviani

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Marta Ottaviani                           Erdogan Exterminator

È stato un vero e proprio venerdì della collera «à la Turka», con il presidente della Mezzaluna, Recep Tayyip Erdogan, che ha coniugato l’azione diplomatica, con quella, dirompente, della piazza dalla quale il capo di Stato ha lanciato un messaggio non solo a Israele, ma a tutto l’Occidente: l’Islam non è disposto a fare un passo indietro su Gerusalemme e deve coalizzarsi per lottare per quella che «non è solo una città, ma un simbolo». E così, mentre i leader per l’Organizzazione della Conferenza Islamica si riunivano d’urgenza nel centro di Istanbul, decine di migliaia di persone, ma molte meno delle attese, secondo la poca stampa di opposizione rimasta nella Mezzaluna, si sono date appuntamento sulla Costa del Mar di Marmara sotto lo slogan «Stop alla persecuzione, solidarietà a Gerusalemme». Sono state a centinaia le persone che hanno iniziato ad ammassarsi nel quartiere di Laleli, vicino alla spianata di Yenikapi, fin dalla prima mattinata. Ognuno con la sua storia e la sua concezione della storia, tutti con un obiettivo comune: combattere Israele e, per estensione tutto l’Occidente. Fuori dalla Bodrum Camii, in un reticolo di vie e palazzi tutti uguali, un tempo regno dei russi, oggi appannaggio dei grossisti che parlano arabo, è facile perdersi. Ruota tutto attorno a questa minuscola moschea, i cui interni sono stati intonacati secoli fa, dopo la caduta di Costantinopoli. Chi si reca a pregare qui, non lo sa, ma questo è uno degli edifici più antichi di Istanbul, costruito su quello che rimaneva del Palazzo dell’imperatore romano Lecapeno. Un passato che, in qualche modo, ritorna, ma sotto forma di acredine nelle parole dei fedeli all’uscita dopo la preghiera del pranzo. «Gerusalemme è nata musulmana e morirà musulmana» afferma Mustafa, che vende cinturini per orologi poco distante. C’è poi chi segue la strada del complotto internazionale: «Gerusalemme – spiega Ramazan, che si chiama proprio come il mese del digiuno sacro –, è la battaglia che non possiamo perdere. Se rinunciamo l’Islam darà all’Occidente un segnale di debolezza». Menti in cui l’odio è stato instillato scientemente giorno dopo giorno e che aspettano solo le parole del residente Recep Tayyip Erdogan per aver conferma che sono sulla strada giusta. Il capo di Stato è arrivato a Yenikapi con una delegazione dei leader che partecipavano alla riunione straordinaria dell’Oic. Verso le elezioni Il grande protagonista della giornata, che il prossimo 24 giugno, con l’economia turca che tentenna, sarà chiamato a un importante test elettorale, non li ha delusi. In meno di 40 minuti, il capo di Stato ha lanciato la sua sfida non solo a Israele, ma all’Occidente intero. Erdogan, che indossava una kefiah con ricamate all’estremità le bandiere turca e palestinese. «Gerusalemme – ha esordito il presidente turco – non è solo una città, è un simbolo». E qui, il primo boato della folla. Il capo di Stato, ha voluto sottolineare con forza che essere contro il sionismo non significa essere contro gli ebrei. Ma, per il resto, il suo discorso è stato incendiario. «I sionisti che vedono i musulmani come nemici non possono esser perdonati», ha detto, sottolineando che l’Islam deve essere unito nella difesa di quella città che ora ufficialmente è la capitale dello Stato di Israele. E mentre la folla sventolava bandiere palestinesi, turche e qualcuna anche dell’Asia Centrale, dove il mito della grande regione panturca è particolarmente vivo, Erdogan ha lanciato il messaggio più inquietante: «Abbiamo conquistato Gallipoli, conquisteremo anche Gerusalemme». Il richiamo è al respingimento delle truppe inglesi e francesi nel marzo 1915, a quel Mediterraneo carico di conflitti, dove esisteva ancora l’Impero Ottomano e al quale il presidente turco vuole tornare, come un’età dell’oro perduta. Oggi, però, sulla pelle di tutta la comunità internazionale.

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