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La Russia e Israele: qualcosa sta cambiando?
La Russia di Putin è sempre più vicina a Israele e sempre più lontana dall’Iran. Quale interesse avrebbe la Russia, una volta riconsolidato Assad al potere in Siria, di continuare a marciare insieme con Teheran? Se si considera attentamente quale scenario politico potrebbe delinearsi nel Medio Oriente, appare difficile credere che Mosca possa condividere con Teheran il controllo del Medio Oriente. Le due posizioni, ora alleate soltanto per difendere la sopravvivenza del regime siriano, finiranno per collidere una volta conclusa la vicenda di Damasco. Se il cuore del Medio Oriente dovesse cadere sotto il controllo degli ayatollah iraniani, l’espansionismo sciita iraniano potrebbe con il tempo minacciare anche le repubbliche islamiche dell’Asia centrale una volta parte dell’Unione Sovietica. Nonostante la grave crisi economica dell’Iran, l’ideologia teocratica totalitaria che controlla il paese supera le questioni di più stretta contingenza, come la storia del totalitarismo ha dimostrato nello scorso secolo. Del resto, nelle mire dei governanti iraniani potrebbe essere presente l’idea che l’espansione verso l’Asia centrale potrebbe garantire ulteriori introiti petroliferi. Ma, a questo punto, lo scontro con la Turchia sarebbe inevitabile. Alcuni osservatori hanno giustamente considerato che nei progetti sia di Khamenei sia di Putin sia risorto il desiderio di ricostituire i vecchi imperi di un tempo, quello persiano e quello russo, in considerazione della situazione attuale del sistema politico internazionale, in cui il ridimensionamento globale degli Stati Uniti e l’ancora lontano posizionamento della Cina come attore principale del pianeta ha determinato una situazione che molti studiosi di relazioni internazionali definiscono di anarchia sistemica. Putin è ben consapevole di questa realtà e la sta gestendo. Ecco perché è per lui necessario che Israele resti consolidato nella sua posizione strategica, anche se le relazioni israelo-americane sono oggi al loro punto più alto. Queste relazioni non impediscono a Putin di considerare lo Stato ebraico come un asset fondamentale del Medio Oriente per le sue ambizioni. Dal canto suo, Netanyahu, uomo politico di grande pragmatismo, è ben consapevole che l’alleanza con l’America di Trump non confligge con l’intesa con Putin. Anzi, da un certo punto di vista, l’attuale presenza della Russia nel Medio Oriente è più rassicurante rispetto all’amicizia con gli Stati Uniti, considerato anche il fatto che gli americani sono presenti nella regione in modo molto defilato rispetto ai russi. Perciò, per battere la concorrenza di Teheran – concorrenza che alla lunga potrebbe portare a uno scontro diretto – la Russia ha bisogno che Israele rappresenti un baluardo contro l’avanzata degli sciiti filo-iraniani nell’area. Le recenti, massicce incursioni aeree israeliane, che hanno distrutto ben 50 siti militari iraniani in Siria, non possono che essere state salutate – in silenzio, ovviamente – con grande favore da Putin; e la recente accoglienza con tutti gli onori per Netanyahu, in occasione della commemorazione della vittoria russa sulla Germania nazista, sta a dimostrare il favore della Russia per Israele. Conclusa la vicenda siriana, il nemico numero uno della Russia sarà l’Iran. Dal canto suo, Assad non potrà che adeguarsi alla soluzione che emergerà. Benché sia la Russia sia l’Iran scontino problemi economici importanti per la loro presenza militare nel Medio Oriente, è pur vero che il vantaggio di Mosca consista propria nel ruolo che Israele svolgerà per indebolire le posizioni iraniane in Siria e in altre situazioni regionali, cosa che Gerusalemme sta facendo con successo. La Turchia non avrà alcun peso nella risistemazione del Medio Oriente. Netanyahu sta lavorando con grande intelligenza per la sicurezza del proprio paese, valutando con pragmatismo le mosse necessarie per ottenere questo risultato. Si sta dimostrando uno dei più importanti leader nella storia di Israele.
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