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Manifestazioni spontanee A destra: terroristi di Hamas Cari amici, Ieri invece, che pure era il vero giorno della Nakbah e che c’erano anche i funerali ad accendere gli animi, alla barriera on si è visto nessuno e, guardate un po’, in seguito a questa assenza no si è fatto male nessuno, non ci sono nuove vittime da piangere. Proprio il segno della spontaneità della protesta derivante dalle miserabili condizioni di vita della popolazione (che naturalmente è colpa di Israele non dello sfruttamento feroce di chi li governa). E’ stata una protesta tanto spontanea che c’erano addirittura i volantini a dare istruzioni su come essere spontanei: “Lunedì mattina si comincerà con un raduno alle 10 sulla strada di Jacher, fra Beit Hannun e Rafah. Il momento della partenza sarà annunciato e subito dopo tutti i dimostranti inizieranno ad andare in massa contro la barriera fin che non sarà abbattuta. La marcia sarà accompagnata da altoparlanti che infiammeranno la folla e e impediranno al gruppo di disperdersi. L’avanzata sarà fatta dietro a bulldozer che abbatteranno la barriera, aprendo il cammino per i dimostranti. I dimostranti sono pregati di agire secondo le istruzioni, di portare un coltello o una pistola nascosta sotto i vestiti e di non usarli salvo che ce ne sia bisogno per uccidere o catturare soldato o residenti israeliani. Si richiede di non ucciderli ma di consegnarli alle forze della resistenza, perché diventeranno un importante strumento di scambio di cui Israele ha paura.” Eccone qui una foto dell’originale arabo, con la traduzione inglese che vi ho reso in italiano: https://pbs.twimg.com/media/DdNeYMNXUAAYx0j.jpg; lo stesso volantino è riportato anche sul sito del Messaggero: https://www.ilmessaggero.it/primopiano/esteri/gaza_hamas_rapite_israeliani-3732766.html. Avrete notato, spero, il carattere pacifico di queste istruzioni spontanee: le armi sì, ma non in piena vista, non uccidere gli israeliani, se proprio non vi scappa di farlo, ma rapirli per ripetere la prigionia di Shalit. In realtà i bulldozer non sono stati usati, anche perché sarebbero stati facilmente neutralizzati con le armi. La tattica vera era diversa: la gente veniva usata come scudo umano e massa di manovra, un po’ come il fumo dei pneumatici bruciati, e sotto questo schermo si muovevano gruppetti di professionisti, che si facevano sotto alla rete di protezione, cercando di superarla con le armi. Se volete vedere come funziona questa spontanea azione di commando, vi raccomando questi brevi filmati: https://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/245948 https://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/IDF-releases-details-of-how-it-prevented-a-Hamas-border-crossing-from-Gaza-556484. Un’immagine con lo schema dell’azione è qui: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10157317219448776&set=a.466527528775.273631.699093775. Guardando queste immagini si capisce benissimo perché degli esperti militari non israeliani abbiano descritto le “pacifiche” e “spontanee” manifestazioni di Gaza come azioni militari di Hamas (https://www.algemeiner.com/2018/05/14/gaza-peaceful-protests-are-orchestrated-tactical-operations-by-hamas-against-israel-says-uk-military-expert/). E non fa meraviglia vedere che pian piano emerga il background terrorista dei morti di questa giornata, come già lo era quello dei caduti precedenti. E’ stata Hamas stessa a diffondere le immagini di una decina di membri del suo apparato di sicurezza interno, morti in azione (https://pbs.twimg.com/media/DdPEKj0W0AAoUqO.jpg). Lo stesso schema emerge per una delle più strane fra le “azioni spontanee” di queste giornate, la ripetuta distruzione del terminale merci di Kerem Shalom, da cui Gaza riceve ogni giorno migliaia di tonnellate (letteralmente, decine e decine di Tir) di cibo, mangime per gli animali, materiali di costruzione, e anche del carburante che serve a produrre elettricità e a fare andare avanti i trasporti. Tutti questi materiali vengono trasferiti con nastri trasportatori differenziati per tipologie di merci, tubi per il carburante ecc., un apparato tecnico complesso che è stato gravemente distrutto spontaneamente su ordini di Hamas, in particolare venerdì scorso, come racconta questo articolo: https://www.timesofisrael.com/who-gains-from-burning-gazas-only-fuel-pipelines/. Perché l’hanno fatto? si chiede il giornalista. Le ragioni sono probabilmente due, una economica e una politica. Quella economica è che secondo gli accordi con l’Autorità Palestinese, il versante verso Gaza del terminal è passato da Hamas sotto il controllo dell’Autorità stessa, che vi raccoglie le tasse. Se il terminal non funziona, le merci d’emergenza (anche se sono meno) devono passare dal valico di Rafah con l’Egitto e le tasse se le piglia Hamas. La seconda ragione è che i terroristi hanno bisogno di una popolazione povera e frustrata e quindi distruggere il cordone ombelicale della striscia con gli aiuti del mondo può giovare loro. Io ho una sola domanda, cui veramente non trovo risposta. Perché gli abitanti di Gaza, che pure mostrano segni di resistenza passiva, tant’è vero che l’altro ieri erano quarantamila, meno di un ventesimo dell’obiettivi di un milione proclamato da Hamas, probabilmente la metà del numero dei loro terroristi inquadrati in formazioni militari, non fanno qualcosa? Perché non si liberano degli assassini? Una ragione potrebbero essere i soldi: a quanto si dice Hamas premia con 100 dollari ogni famiglia che partecipa alla marcia e risarcisce con 1000 i morti: sono milioni, che certamente vengono dagli aiuti internazionali. Ed è certamente vero che il movimento ha instaurato a Gaza un vero regno del terrore, ammazzando, torturando, picchiando al minimo segno di non allineamento. Ma se i quaranta mila manifestanti, invece di andare spontaneamente a farsi ammazzare nel tentativo di sfondare un confine internazionale guardato da un esercito bene organizzato, si fossero voltati indietro e fossero andati in maniera davvero spontanea alla sede del quartier generale di Hamas, eliminando i loro oppressori, avrebbero certamente subito delle perdite, ma avrebbero una fondata speranza di eliminare la causa delle loro sofferenze. Il problema è che le cose spontanee non funzionano e che a Gaza come nell’intero popolo palestinese un’alternativa democratica al suicidio criminale imposto dai loro dirigenti non è nata. |
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