Iraq: si accende il conflitto per procura Iran/Arabia Saudita Cronaca di Giordano Stabile
Testata: La Stampa Data: 15 maggio 2018 Pagina: 5 Autore: Giordano Stabile Titolo: «Iraq, la rivincita di Moqtada al-Sadr, lo sciita che ha fermato gli ayatollah»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 15/05/2018, a pag.5, con il titolo "Iraq, la rivincita di Moqtada al-Sadr, lo sciita che ha fermato gli ayatollah" il servizio di Giordano Stabile sulle elezioni in Iraq.
Giordano Stabile
L'espansione iraniana
La mossa del cavallo scompiglia i piani dell’Iran in Iraq, ed è la grande sorpresa del voto di domenica. Il cavallo è l’imprevedibile Moqtada al-Sadr, l’imam sciita che con il suo esercito del Mahdi ha guidato per otto anni la guerriglia contro le truppe americane. Quando nel 2011 Barack Obama ha riportato a casa le truppe sembrava arrivato il momento per l’uomo adorato dalle folle povere di Sadr City, l’immensa periferia sciita di Baghdad. Al-Sadr, però, era tanto inviso agli Stati Uniti quanto considerato poco affidabile dall’Iran, che gli preferì Nouri al-Maliki.
I rivali interni Quattro anni fa Al-Maliki è stato spazzato via dall’inarrestabile avanzata dell’Isis. Al-Sadr mobilitò di nuovo i suoi uomini, questa volta contro i «takfiri» sunniti. Le milizie popolari, Hashd al-Shaabi, sono state decisive per la vittoria contro lo Stato islamico. Ma il merito se lo sono presi il premier Haider al-Abadi, appoggiato dagli Usa, e l’uomo di Teheran, il leader dei combattenti filo-iraniani Hadi al-Ameri. Quando, lo scorso gennaio, Al-Sadr è andato nella città santa di Qom a chiedere un riconoscimento, si è scontrato con Qassem Suleimani, il capo delle forze speciali dei Pasdaran.
Il blitz a Riad Al-Sadr è stato messo all’angolo e ha sfoderato la mossa del cavallo. Con due viaggi a Riad è diventato l’interlocutore privilegiato del principe saudita Mohammed bin Salman. Una mossa gradita da Al-Abadi, in cerca di finanziamenti dal Golfo. L’imam ha creato una sua coalizione, «In marcia per le riforme», dai toni populisti e «anti-corruzione», che è arrivata in testa alle elezioni di domenica, anche se lo spoglio di ieri sera non era ancora definitivo. Al secondo posto dovrebbe piazzarsi Al-Fatah, l’alleanza delle milizie sciite. E al terzo il premier con la sua coalizione Al-Nasr, davanti ad Al-Maliki. «Dopo la sconfitta militare dell’Isis le elezioni rappresentano un ulteriore progresso nella costruzione di una democrazia più forte», ha affermato Antonio Guterres segretario generale dell’Onu che ha «invitato tutti gli attori politici a risolvere eventuali controversie attraverso i canali legali, formando un governo inclusivo».
Un posto nel governo Affinché si possa avere un quadro preciso della geografia di un parlamento che conta 329 seggi, bisogna aspettare che vengano scrutinate le schede depositate nelle urne da 700.000 unità del personale di sicurezza e quelle degli iracheni che vivono all’estero. Ma se i dati verranno confermati per l’imam Al-Sadr si schiudono le porte del governo. Al-Abadi si è detto pronto «a collaborare con i vincitori» ed è probabile che si appoggi a lui per conservare la poltrona. I miliziani pro-Iran rimarrebbero all’opposizione, con grande sollievo di Washington. Moqtada al-Sadr non è una garanzia ma è meglio, dal punto di vista americano, di una sorta di Hezbollah iracheno al potere. Per Al-Sadr è anche una rivincita personale. Quando aveva 26 anni, nel 1999, il padre, Grande ayatollah Mohammad Sadeq al-Sadr, venne trucidato dal regime di Saddam Hussein. Un assassinio orribile, arrivato dopo che gli sgherri del raiss avevano torturato il religioso e violentato la sorella davanti ai suoi occhi.
La forza del nazionalismo Ora è il tempo degli sciiti. Ma gli sciiti iracheni non sono la stessa cosa di quelli iraniani. Il nazionalismo arabo resta forte. Il posto di guida religiosa è stato preso dal Grande ayatollah Ali Sistani, che predica l’equidistanza fra America e Iran e ha bocciato i candidati favoriti da Teheran.
Ai filo iraniani resta una possibilità. Le due coalizioni pro-Iran, quella di Al-Ameri e quella di Al-Maliki, potrebbero arrivare alla maggioranza con l’appoggio del partito curdo dell’ex presidente Massoud Barzani, il Kdp. Barzani è rimasto scottato dal mancato appoggio degli Usa al referendum per l’indipendenza del Kurdistan, è andato allo scontro totale, anche militare, con il governo di Al-Abadi, ed è ora sensibile alle sirene iraniane. Sarebbe una seconda mossa del cavallo, questa volta a vantaggio degli iraniani, in un Iraq sempre più imprevedibile.
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