sabato 23 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
13.05.2018 La piovra iraniana allunga i tentacoli sull'Iraq
Analisi di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 13 maggio 2018
Pagina: 10
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «L'Iraq alle urne sotto l'ombra degli ayatollah»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 13/05/2018, a pag.10, con il titolo "L'Iraq alle urne sotto l'ombra degli ayatollah " il servizio di Giordano Stabile sulle elezioni in Iraq.

La piovra iraniana allunga i suoi tentacoli anche sull'Iraq, bene ha fatto Stabile a segnalarlo con evidenza.

Immagine correlataImmagine correlata
Giordano Stabile

Il faccione del premier Haider al-Abadi, su un ampio sfondo blu con la scritta «nasr», vittoria, domina il paesaggio nei manifesti elettorali. Ma la sua vittoria non è più scontata, come sembrava pochi mesi fa. Ieri oltre dieci milioni di elettori, circa il 40 per cento degli aventi diritto, sono andati alle urne per la prima volta nell’Iraq del dopo-Isis, e per la quarta volta nel dopo Saddam Hussein. Al-Abadi ha rivendicato il successo contro la più feroce organizzazione jihadista, che alla metà del 2014 dominava su oltre un terzo del Paese, e aveva fatto di Mosul la capitale del rinascente califfato. Il premier ha preso il timone di una nazione alla sbando, con l’esercito liquefatto e le colonne dalle bandiere nere a pochi chilometri da Baghdad. Oggi il califfato è distrutto e la capitale non è mai stata così sicura negli ultimi 15 anni. Gli elettori sunniti Al-Abadi non è però riuscito a capitalizzare la vittoria. Lo scontro con i curdi per il controllo di Kirkuk gli ha tolto consenso fra quelli che erano stati i suoi migliori alleati nella lotta agli islamisti. L’elettorato sunnita, che vota fra le macerie di Falluja, Ramadi, Mosul, non è stato conquistato dalle aperture del premier, anche a livello internazionale, con il riavvicinamento all’Arabia Saudita. E l’attentato dell’Isis a sud di Kirkuk che ieri ha fatto sei morti non l’ha certo aiutato. E fra gli sciiti, il 70 per cento della popolazione, la concorrenza è agguerrita. Il primo rivale è l’ex premier Nouri al-Maliki, da sempre garante degli interessi dell’Iran nel Paese. È però un’anatra due volte azzoppata. Pesa su di lui la disfatta del 2014, quando non fu in grado di capire e affrontare la minaccia dell’Isis. E pesa la scomunica, di una settimana fa, del Grande ayatollah iracheno Ali Sistani, che ha invitato a non votare «chi in passato ha fallito». Sistani è su una posizione diversa dagli ayatollah iraniani, è contrario al velayat e faqir, il «governo dei chierici», e aspira a un Iraq indipendente, equidistante fra Iran e Arabia Saudita, fra Russia e America: la politica di Al-Abadi, a questo punto il più filo-americano dei candidati. Per contrastarlo, con Al-Maliki indebolito, Teheran ha puntato su un personaggio emerso dalla lotta all’Isis. È Hadi al-Amiri, alla guida della più potente milizia sciita, la Munazama al-Badr. È un’organizzazione politico-militare che assomiglia sempre più all’Hezbollah libanese. Al-Amiri è anche vice-coordinatore di tutte le «milizie popolari», Hashd al-Shaabi, che contano in tutto su 200 mila uomini, per metà addestrati e finanziati dall’Iran. È stato sette anni in esilio in Iran, parla bene il farsi e ha legami stretti con gli ayatollah iraniani, in particolare Kazem Husseini Haeri, e con il capo delle forze speciali Al-Quds dei Pasdaran, Qassem Suleimani. Le speranze degli iraniani Teheran vorrebbe farne una sorta di Hassan Nasrallah iracheno, non premier ma «king maker», in grado di condizionare le scelte del prossimo governo, a partire dalla richiesta di ritiro delle truppe statunitensi (ancora 6000 uomini nel Paese) e dell’inserimento delle milizie nelle forze di sicurezza nazionali, con stipendi assicurati dal governo. Per questo attorno ad Al-Amiri è stata creata una coalizione inter-confessionale, Al-Fatah, la Conquista, che ha rotto a gennaio l’alleanza con Al-Abadi e punta ad arrivare in testa. Secondo gli ultimi sondaggi, non ufficiali, sarebbe a un soffio dall’impresa. A rovinare la festa agli iraniani potrebbe però essere un personaggio in passato acerrimo nemico degli Stati Uniti, l’imam Moqtada al-Sadr, che fra il 2003 e il 2008 organizzò una sanguinosa guerriglia anti-americana e ora si è avvicinato all’Arabia Saudita. La sua coalizione comprende un po’ di tutto, compreso il Partito comunista, ma potrebbe rubare voti al fronte sciita oltranzista e favorire Al-Abadi. I risultati sono attesi domani.

Per inviare la propria opinione alla Stampa, telefonare: 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante

 


direttore@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT