Riprendiamo da SHALOM di aprile/maggio 2018, a pag.25 con il titolo "Tzahal tra reale e irreale" il commento di Angelo Pezzana
Preceduto dal Gran Premio della Giuria all’ultima Mostra del cinema di Venezia è arrivato sui nostri schermi,anche in versione originale sottotitolata, il film “Foxtrot” di Samuel Maoz, con Lior Ashkenazi e Sarah Adler, ottenendo recensioni tutte molto positive. Era il 2009 quando Maoz vinse il Leone d’Oro con “Lebanon”, sempre a Venezia, un film che l’ha rivelato come uno dei registi israeliani più interessanti. Anche Foxtrot, che affronta come il precedente il tema di una società civile in un paese che da sempre vive con la presenza di una possibile guerra, esprime la medesima atmosfera, questa volta la scena coinvolge la famiglia Feldman il cui figlio Jonatan sta facendo il servizio militare in un checkpoint isolato in una zona del deserto. È un film da vedere, per questo non racconto la trama, semplice, come lo era in ‘Lebanon’, girato quasi esclusivamente all’interno di un carro armato. In Foxtrot c’è l’appartamento di Tel Aviv dei Feldman e il checkpoint di Jonatan, ed è proprio in quest’ultimo dove il regista ha inserito un episodio che sminuisce la qualità eccelsa di tutto il film. In quel ceckpoint, isolato in mezzo al deserto, non succede nulla di particolare, quattro soldati, trai quali Jonatan, controllano i documenti delle poche auto in transito. La tragedia esplode quando, dopo aver controllato i documenti dei passeggeri, improvvisamente dall’interno di una vettura qualcuno getta una lattina all’esterno. È buio, impossibile distinguere se è una bevanda o un esplosivo. Nella tensione altissima prevale la difesa e una raffica colpisce l’auto uccidendo i passeggeri. Nella scena successiva, arriva un grosso camion con gru, solleva la macchina, e la getta con gli occupanti dentro una vicina enorme buca,dove scompare ricoperta dalla sabbia del deserto. Il militare che ha guidato l’operazione sembra una caricatura, alto e grosso, con la faccia di un buldog, gli occhi iniettati di sangue, si rivolge ai giovani soldati con parole sprezzanti del tipo ‘non preoccupatevi non succederà niente’. Sto riassumendo a memoria, ma sono fedele a quanto ho visto e sentito. Non continuo con la trama, mi limito a qualche osservazione. Se Maoz avesse scritto all’inizio, come spesso succede in molti film “questo film non è ispirato a una storia vera” – in realtà avviene il contrario- allora nulla da dire, la fantasia ha le proprie regole insindacabili, non ha nessun obbligo di rispettare alcuna verità. Ma in Foxtrot il dramma esplode all’inizio del film, quando ai genitori viene comunicato che il loro figlio è morto in un incidente. Una terribile verità che ogni genitore teme di dover affrontare. Ma veniamo all’episodio della eliminazione delle persone uccise per sbaglio. In Israele, Moaz lo sa sicuramente, l’esercito ha delle regole morali rigidissime, che nessun altro paese possiede, nessuno è al di sopra della legge, il comportamento dei militari, di qualunque grado, è tenuto alla massima correttezza. Nessun errore, per quanto comprensibile, sfugge al giudizio della legge. Non so quanti spettatori sono al corrente su come funziona l’esercito israeliano, sicuramente pochissimi. Questo episodio, inserito in un film di forte presa emotiva e di altissimo livello, darà purtroppo un’immagine orribile di Tzahal, contribuendo alla delegittimazione di Israele. Non voglio credere a un espediente per accattivarsi la giuria, ma il sospetto è forte.
Angelo Pezzana