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La Stampa - Il Giornale Rassegna Stampa
11.05.2018 L'Iran attacca, la risposta di Israele: rafforzati i sistemi di difesa
Cronaca di Giordano Stabile, commenti di Rolla Scolari, Fausto Biloslavo

Testata:La Stampa - Il Giornale
Autore: Giordano Stabile - Rolla Scolari - Fausto Biloslavo
Titolo: «Israele colpisce gli iraniani in Siria. Netanyahu: 'Passata la linea rossa' - Rifugi, riservisti e sirene anti-aeree. Lo Stato ebraico pronto alla guerra - Il Rommel iraniano votato alla morte»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 11/05/2018, a pag. 12, con i titoli "Israele colpisce gli iraniani in Siria. Netanyahu: 'Passata la linea rossa' ", "Rifugi, riservisti e sirene anti-aeree. Lo Stato ebraico pronto alla guerra" i commenti di Giordano Stabile, Rolla Scolari; dal GIORNALE, a pag. 10, con il titolo "Il Rommel iraniano votato alla morte".

Ecco gli articoli:

LA STAMPA - Giordano Stabile: "Israele colpisce gli iraniani in Siria. Netanyahu: 'Passata la linea rossa' "

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Giordano Stabile

I pasdaran attaccano le postazioni israeliane sul Golan e lo Stato ebraico scatena in Siria i più massicci bombardamenti dalla guerra dello Yom Kippur del 1973. Lo scontro fra l’Iran e Israele sul fronte siriano ha conosciuto la notte più tesa dal 10 febbraio scorso, quando l’abbattimento di un F-16 da parte delle contraerea siriana aveva fatto temere un conflitto aperto. Allora come ieri è stata la Russia a fare da cuscinetto, ma adesso, dopo che Donald Trump ha stracciato l’accordo sul nucleare, anche per Vladimir Putin è sempre più difficile convincere l’alleato sciita a contenersi.

Il primo «attacco diretto dell’Iran a Israele», come è stato definito dalle forze armate israeliane, è stato innescato prima dell’alba da un raid israeliano su una base utilizzata dalle milizie sciite a Sud di Damasco, nella cittadina di Kisweh, già colpita due giorni fa. Questa volta però gli iraniani, o qualche milizia alleata, hanno reagito. Un lanciarazzi mobile ha tirato 20 ordigni verso le Alture del Golan. La contraerea israeliana li ha intercettati e subito dopo è partita la rappresaglia. Sono stati impegnati 28 cacciabombardieri F-16 e F-15 che hanno lanciato 60 missili aria-terra e colpito «dozzine di obiettivi» iraniani attorno a Damasco e più in profondità ancora, nella provincia di Homs. Al volume di fuoco si sono aggiunti anche 10 missili terra-terra e alla fine, secondo le forze armate israeliane, «tutte le postazioni militari costruite negli ultimi mesi dall’Iran sono state distrutte».

Il premier Benjamin Netanyahu, reduce dall’incontro con Putin a Mosca, ha spiegato che «l’Iran ha oltrepassato la linea rossa» e la risposta «è stata adeguata»: «Ho inviato un messaggio chiaro: la nostra operazione è diretta contro obiettivi iraniani in Siria, ma se l’esercito siriano agirà contro Israele, noi agiremo contro di lui». Un portavoce israeliano, il colonnello Jonathan Conricus, ha precisato che la Russia «è stata avvertita in anticipo degli attacchi». Nei raid sarebbero rimasti uccisi 23 militari, «molti iraniani». Il ministero della Difesa russa ha ribattuto che le difese siriane «hanno intercettato la metà dei missili lanciati». Anche le forze armate siriane hanno vantato «l’alta percentuale di successo» delle proprie difese, come in occasione dei raid franco-anglo-americani del 14 aprile scorso.

Per il governo siriano «il confronto diretto segnala l’inizio di una nuova fase della guerra». Il conflitto civile, con la resa dei ribelli nelle ultime sacche attorno a Damasco e Hama, è quasi finito. Bashar al-Assad ora vuol prendersi i territori che ancora gli sfuggono lungo le frontiere, e l’area a ridosso del Golan è una di queste. Attorno alla città di Quneitra si sono ammassate truppe regolari e milizie sciite libanesi, irachene e siriane, con il supporto dei consiglieri militari delle forze speciali Al-Quds, guidate dal generale Qasseim Suleimani. Secondo l’Intelligence militare israeliana è stato lo stesso Suleimani a dare «l’ordine di attacco» sul Golan.

L’ala oltranzista del regime iraniano vorrebbe quindi andare allo scontro diretto con Israele, senza attendere il tentativo di Hassan Rohani di salvare l’accordo sul nucleare. Ieri il presidente iraniano ha ricevuto la telefonata della cancelliera Angela Merkel, che lo ha rassicurato sulla permanenza nell’accordo della Germania, insieme a Francia e Inghilterra, «finché l’Iran manterrà i suoi impegni». Ma il fronte del Golan resta incandescente. La guerra a bassa intensità è cominciata lo scorso febbraio, quando un elicottero Apache israeliano ha ucciso il comandante di Hezbollah Mohammed Ahmed Issa vicino a Quneitra, e da allora rappresaglie e contro-rappresaglie non si sono mai fermate. Nessuno sa dove si fermeranno.

LA STAMPA - Rolla Scolari: "Rifugi, riservisti e sirene anti-aeree. Lo Stato ebraico pronto alla guerra"

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Rolla Scolari

In Israele il segnale che la costante tensione regionale è andata oltre il livello di guardia è l’ordine dell’esercito ai sindaci di aprire i rifugi antimissile. Le sirene nel Nord, alcune collegate alla voce registrata che avverte i residenti – Tzeva Adom, in ebraico colore rosso, allarme rosso – sono partite poco dopo la mezzanotte di giovedì. Gli abitanti di alcune comunità sono restati nei rifugi fino alle due del mattino. Postazioni militari iraniane in Siria hanno lanciato venti missili contro una base israeliana. Alcuni sono stati intercettati, altri sono caduti in territorio siriano.

In seguito all’annuncio, martedì, del presidente americano Donald Trump sull’uscita degli Stati Uniti dall’accordo internazionale sul nucleare iraniano, Israele è entrato in allerta. Sono ormai mesi che l’establishment militare teme, con il rafforzarsi dell’Iran nella vicina Siria, un possibile attacco. I vertici militari hanno chiesto ai riservisti di tenersi pronti e rafforzato il dispiegamento di batterie del sistema di difesa anti-missilistico Iron Dome nella regione settentrionale del Golan.

Benché i raid israeliani sulla Siria, in risposta al lancio di razzi iraniani, siano stati i più aggressivi in decenni, la leadership politica d’Israele punta a mantenere in casa il business as usual. Il Paese d’altronde è abituato a passare nel giro di poche ore dalla quotidianità all’emergenza bellica. Scuole, uffici, negozi al Nord sono rimasti aperti ieri, nonostante l’attacco notturno e l’allerta ovunque. Gli abitanti delle zone più a rischio – quelli lungo i confini con il Sud del Libano, roccaforte delle milizie sciite di Hezbollah, e con la Siria in guerra, e le comunità rurali del Sud, attorno a Gaza – conoscono le procedure in caso d’attacco. I siti Internet e i social network di esercito e municipalità forniscono i tempi d’impatto dei missili. A seconda della posizione geografica di città e villaggi – Israele da Nord a Sud è lungo appena 470 chilometri, poco più della distanza tra Torino e Venezia – per trovare rifugio si ha a disposizione da pochi minuti a pochi secondi. Assieme alle sirene, un sistema di sms gestito dallo Stato attraverso le compagnie telefoniche avverte i cittadini in tempo reale di minacce imminenti.
Oltre ai rifugi anti-bomba, sarebbe obbligatorio avere in casa una stanza con muri e porte rinforzate, senza finestre. Contando questi «bunker» familiari, Israele avrebbe circa un milione di rifugi, molti dei quali, come documentato da un servizio fotografico del «Guardian» qualche anno fa, convertiti nella quotidianità in palestre domestiche, sale musicali o di danza.

L’infrastruttura di difesa civile è stata potenziata dopo la guerra del 2006 contro Hezbollah, che in 34 giorni di conflitto ha lanciato centinaia di razzi Katiuscia sul Nord. Da allora, l’ospedale Ichilov di Tel Aviv ha costruito quattro piani sotterranei, normalmente usati come parcheggio, che possono ospitare mille letti, e dispongono di forniture d’ossigeno, acqua potabile, elettricità, di generatori capaci di operare una settimana. Il Rambam Medical Center di Haifa, al Nord, è più grande: in meno di 48 ore può trasferire quasi 2.000 pazienti nel suo sottosuolo. E il parcheggio sotterraneo del teatro Habima di Tel Aviv, in caso di attacco chimico, biologico o missilistico può essere convertito in un rifugio pubblico per migliaia di cittadini.

IL GIORNALE - Fausto Biloslavo: "Il Rommel iraniano votato alla morte"

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Fausto Biloslavo

Il generale Qassem Soleimani è il «Rommel iraniano» stratega della guerra in Iraq, Siria e Yemen, che ha portato i corpi speciali dei Pasdaran di fronte alle postazioni israeliane sulle alture del Golan. Mai gli iraniani erano stati così vicini ad Israele e per la prima volta hanno colpito direttamente. Ieri l'esercito ebraico ha accusato il generale Soleimani «di avere ordinato e comandato l'attacco» con razzi e missili sulle alture del Golan nella notte fra mercoledì e giovedì. Il «Rommel» iraniano, classe 1957, non sorride mai, anche se ama farsi fotografare in prima linea fra i miliziani sciiti in Iraq e Siria. Barba e capelli bianchi, sempre ben curati, Soleimani è da un ventennio il responsabile delle operazioni clandestine all'estero della brigata Al Qods. Una forza d'elite composta da 15mila uomini, che fa parte dei Guardiani della rivoluzione iraniana. Basso di statura è amico personale della guida suprema, il grande ayatollah Alì Khamenei. Figlio di una famiglia povera e numerosa è sempre stato molto religioso. Non parla quasi mai, ma ha fatto sapere che «il martirio è quello che cerco fra valli e montagne, ma non è ancora arrivato». Gli israeliani avrebbero avuto il via libera dagli Usa per eliminarlo considerandolo il generale iraniano più pericoloso per le sue doti tattiche e strategiche. Eroe fin dai tempi della guerra fra Iran e Iraq negli anni Ottanta, la stella di Soleimani è cresciuta con la lotta allo Stato islamico in Iraq e l'appoggio al regime di Damasco in Siria. A Tikrit, una delle prime roccaforti irachene del Califfato a cadere, i suoi consiglieri non hanno disdegnato l'appoggio aereo americano, come nella battaglia finale a Mosul. In Siria ha convinto i russi ad intervenire «salvando» Bashar al Assad, ma fin dall'inizio della guerra civile aveva organizzato il dispiegamento dei miliziani sciiti libanesi Hezbollah e volontari dall'Iraq e dall'Afghanistan. Carne da cannone schierata al fianco dell'esercito siriano. Soleimani ha guidato le operazioni per riconquistare Aleppo, la Milano siriana, cambiando le sorti del conflitto. Nella battaglia la sua unità preferita era la 4a divisione meccanizzata siriana rafforzata da miliziani sciiti e specialisti della forza Al Qods. Soleimani ha messo le mani anche nella guerra dello Yemen impegnando i sauditi, nemici storici, con i missili Scud lanciati su Riad. Lo scorso febbraio il Rommel iraniano ha pubblicamente dichiarato che «vuole spazzare via l'entità sionista» ovvero Israele. Operativi iraniani si sono posizionati attorno a Quneitra e Daara vicino al Golan e hanno impiantato almeno una decina di basi in Siria. Soleimani, come Rommel, spunta a sorpresa in prima linea e sarebbe capace di scatenare un attacco allo Stato ebraico ben peggiore della punzecchiatura con i razzi di due notti fa. Il suo obiettivo, mai conclamato, è lo stesso nome delle brigata speciale che comanda: Al Qods, che significa «Gerusalemme».

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