La guerra possibile e come prevenirla
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari amici,
si parla insistentemente di guerra vicina in Medio Oriente. Non lo fanno solo gli europei come Macron che riprendono i temi della propaganda iraniana e avvertono o minacciano Trump che l’abbandono del pessimo patto con l’Iran (JCPOA) firmato da Obama potrebbe portare dritto alla guerra (http://www.israelhayom.com/2018/05/07/there-could-be-war-if-us-pulls-out-of-iran-deal-france-warns/).
Sono fonti semiufficiali israeliane che mettono in guardia da una possibile prossima offensiva missilistica iraniana sul nord del paese (http://www.jewishpress.com/news/middle-east/iran-news/israel-expecting-iranian-missile-strike-up-north/2018/05/06/).
L’attacco potrebbe venire come rappresaglia ai bombardamenti israeliani della base T4 e del deposito di missili iraniani a sud di Aleppo e sarebbe limitato, coinvolgendo solo basi militari e non la popolazione civile (https://www.jpost.com/Middle-East/Report-Iran-planning-to-launch-a-barrage-of-missiles-against-Israel-553644), ma certamente, se negli ambienti militari israeliani si è scelto di parlarne pubblicamente, è una minaccia molto grave. Israele ha risposto indicando quattro basi iraniane in Siria che sarebbero distrutto in caso di un attacco dall’Iran e minacciando anche di eliminare personalmente il dittatore siriano (http://www.jewishpress.com/news/israel/well-assassinate-assad-warns-senior-israeli-minister/2018/05/07/).
Non è detto naturalmente che questo ciclo bellico si realizzi, anzi in molti credono che l’Iran sia troppo debole per provarci ( http://www.jewishpress.com/blogs/abu-yehuda/why-war-between-israel-and-iran-is-unlikely-today/2018/05/06/), ma è chiaro che in un mondo politico come quello medio-orientale, dove i rapporti di forza sono tutto, che l’Iran incassi una sconfitta dopo l’altra senza neanche tentare rappresaglie viene percepito da tutti come un elemento di debolezza fondamentale, proprio mentre gli ayatollah tentano di proiettare un’immagine imperialista di forza capace di egemonia sull’intera regione. Dunque, al di là del desiderio di vendetta e dell’onore ferito (elementi che contano molto da quelle parti), proprio un calcolo politico potrebbe spingere l’Iran all’avventura militare. Israele ha certamente calcolato questo fattore, tant’è vero che Netanyahu ha spiegato in pubblico che “noi non vogliamo la guerra con l’Iran, ma se proprio bisogna farla, meglio subito che dopo quando lo vorranno loro” (https://www.bloomberg.com/news/articles/2018-05-06/israel-pm-better-to-confront-iran-sooner-rather-than-later).
Dunque la possibilità di un attacco iraniano e di una rappresaglia israeliana cui potrebbe seguire un’ulteriore crescita del conflitto c’è. Ci sono davanti due eventi capaci di influire su questo rischio. Il primo è l’incontro fra Netanyahu e Putin, che è previsto dopodomani a Mosca in occasione dei festeggiamenti per settantatreesimo anniversario della vittoria nella seconda guerra mondiale. Putin è il grande protettore dell’Iran e soprattutto di Assad, ma mantiene anche buoni rapporti con Israele, ricambiato con attenzione. Pochi giorni fa l’ex ministro della difesa Yaalon ha rivelato in un’intervista a un giornale russo che l’aviazione di Israele fu molto vicina ad abbattere un caccia russo che sembrava avvicinarsi ai confini, e che si scelse di non farlo, per evitare un incidente simile a quel che accadde fra caccia russi e contraerea turca nello stesso periodo. Dunque Putin potrebbe tentare di imporre una mediazione, che però sarebbe certamente molto difficile. Nella grande strategia dell’Iran l’insediamento in Siria e l’attacco a Israele sono centrali, per lo stato ebraico sono totalmente inaccettabili, il più grave rischio all’esistenza del paese dalla guerra del Kippur, quarantacinque anni fa. Anche se Putin si schierasse con l’Iran, Israele non potrebbe rinunciare a difendersi.
Il secondo evento avverrà sabato 12 [dopo la scrittura di questo articolo Trump ha annunciato che la dichiarazione avrà luogo questa sera, NdR], data in cui il presidente americano Trump dovrà dichiarare se gli Usa restano nel patto JCPOA o ne escono restaurando le sanzioni contro l’Iran e costringendo in sostanza gli stati europei (ma anche la Cina e in parte la Russia) se continuare ad essere partner commerciali dell’Iran o degli Stati Uniti. Fino a questa dichiarazione all’Iran conviene mostrarsi pacifico, per alimentare le simpatie dei suoi amici, compresi quelli in Europa. Dopo potrebbe decidere di abbandonare l’JCPOA e anche il trattato di non proliferazione nucleare che ha firmato dichiarando con ciò di puntare al più presto alle armi atomiche, e potrebbe anche attaccare direttamente Israele per reagire a questa ulteriore sconfitta.
Insomma, se ci sarà un attacco probabilmente sarà tentato la settimana prossima. Ma, attenzione, la storia mostra che non è cedendo alle possibili minacce che si fermano i violenti. Al contrario, solo la fermezza e la decisione a difendersi da loro li possono scoraggiare. L’Europa se n’è dimenticata, ma Israele no (almeno l’Israele di Netanyahu) e anche l’America, dopo la follia obamiana se n’è ricordata. Come ha detto Trump a Dallas la settimana scorsa (https://www.jpost.com/American-Politics/Trump-in-DallasYou-know-what-causes-nuclear-war-Weakness-553528): “Sapete che cosa fa scoppiare le guerre? La debolezza”.