Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 07/05/2018 a pag.11 con il titolo 'Il Russiagate è una trappola, Donald non risponda a Mueller' l'intervista di George Stephanopoulos.
George Stephanopoulos
Rudolph Giuliani
Rudolph Giuliani da poco lei fa parte dello staff legale del presidente Trump. Cominciamo subito dal caso Stormy Daniels, il presidente ha detto che non lei non ha capito i fatti: Trump ammette di aver incontrato Stormy Daniels?
«Premetto che non sono coinvolto in questa storia. Quindi non lo so, mi limito a dire quello che hanno detto i diretti interessati: lui nega che sia successo, e anche lei lo ha scritto in una lettera».
C’è una foto che li ritrae insieme, sono loro no?
«Direi di sì, lui è il mio amico Donald, prima che diventasse presidente, e lei è la signora che ho visto al Saturday Night Live. Ma dipende cosa intendiamo per incontro... Ma parliamo di soldi: Stormy è stata danneggiata? È diventata ricca grazie a tutto questo».
È vero che l’avvocato Cohen ha pagato altre donne per conto di Trump, come denuncia il legale di Stormy Daniels, Avenatti?
«Non lo so. Ma se fosse stato necessario, credo che lo avrebbe fatto».
Il presidente nega la relazione sessuale con Stormy Daniels?
«Lui lo nega e lei ha negato. Poi, proprio prima delle elezioni, si è fatta avanti con una certa dose di opportunismo. Tutto accadde con l’avvocato Michael Cohen. Ma è un episodio che fa parte della storia ormai».
Ma visto che è ormai storia, chiariamolo: quando ha saputo il presidente per la prima volta che Stormy Daniels voleva dei soldi per tacere sulla relazione?
«Non lo so e non mi interessa. Ciò che conta per me sono due cose. La prima: non era un contributo della campagna di Trump. Secondo, anche se lo fosse stato è stato completamente rimborsato con fondi personali del presidente. Quindi caso chiuso per Donald Trump».
Lei ha detto che il presidente ha elaborato un patto con Michael Cohen dopo le elezioni, l’accordo con Stormy Daniels.
«La seconda parte di questo accordo aveva al centro il rimborso delle spese per la signorina. Un patto che ora lei ritiene irrilevante perché vuole guadagnare molto di più di 130.000 dollari. So che questo può suonare strano per la gente comune, ma non ho mai pensato che 130.000 dollari fosse un vero pagamento. Le persone, in situazioni come queste, non si svendono per 130.000 dollari, ma per dei milioni».
Parliamo del Russiagate e delle indagini di Mueller. Il presidente ha detto che vuole parlare con il procuratore. Che pericolo comporta rispondere alle domande di Robert Mueller?
«Gli stanno tendendo una trappola».
Lo sarebbe se il presidente mentisse.
«Non è così, le prove possono essere state costruite e manipolate. Quante volte è già successo?».
Ma lei crede che il presidente stia dicendo la verità. Se lei ne è convinto, seriamente, fino in fondo, essendo il suo avvocato, perché non gli dice, vai, parla con Robert Mueller, digli la verità?
«Non sarei un avvocato se facessi una cosa del genere. Sarei un tipo che vive in qualche mondo fantastico dove tutti sono sinceri. Non intendo prestarmi: non hanno in mano un’accusa di collusione. Non hanno un’accusa di intralcio alla giustizia. Ecco perché fanno tutte quelle domande ridicole e insensate su come ti senti e cosa pensi».
Cosa succede se Robert Mueller cita il presidente in giudizio?
«Non occorre presentarsi. Trump è il presidente degli Stati Uniti. Ha gli stessi privilegi degli altri presidenti. Clinton negoziò un accordo in cui non ammetteva l’efficacia del mandato di comparizione».
Sì, ma testimoniò davanti al gran giurì. Il presidente è disposto a farlo?
«Ma solo per due ore e mezza, solo in una forma concordata. Saremmo disposti a farlo? Preferirei avere il trattamento di Hillary Clinton».
Ovvero?
«Dichiarazioni non sotto giuramento. Solo domande e risposte, avendo le domande in anticipo. Così, potremmo realmente risolvere la questione con Robert Mueller, perché lavorare con lui direttamente è una cosa buona».
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