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Il Venerdì di Repubblica Rassegna Stampa
27.04.2018 L'antisemitismo oggi è soprattutto islamico. E' ora di dirlo chiaramente
Commento politicamente corretto di Simone Perrovecchio

Testata: Il Venerdì di Repubblica
Data: 27 aprile 2018
Pagina: 30
Autore: Simone Perrovecchio
Titolo: «La palestinese che insegna la Shoah ai berlinesi»

Riprendiamo dal VENERDI' di REPUBBLICA di oggi, 27/04/2018, a pag. 30, con il titolo "La palestinese che insegna la Shoah ai berlinesi", il commento di Simone Perrovecchio.

E' encomiabile la serie di iniziative di Sawsan Chebli per far conoscere la Shoah a tedeschi di origine arabo-musulmana e nuovi immigrati. Chebli però sostiene che per combattere l'antisemitismo sia necessario lottare anche contro l'islamofobia, ignorando che l'islamofobia è semplicemente la legittima paura dell'avanzata dell'islam. Manca, inoltre, l'aggettivo "islamico" per connotare l'antisemitismo di cui parla Chebli: una parola indispensabile per capire quello che sta succedendo in Europa, ma che è ancora tabù in Occidente come fra i musulmani, sono soltanto i pochi, coraggiosi intellettuali che osano farlo.

LA STAMPA di oggi,  a pag. 27, introducendo un pezzo sulle opere d'arte distrutte dall'Isis, scrive: "Ma non è colpa dell'islam". Anche in questo caso, come sul VENERDI', prevale il politicamente corretto, mai citare la sorgente di tutti gli estremismi, l'islam.

Ecco l'articolo:

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Non è stato il muro per lo esecuzioni ancora macchiato di sangue, né il filo spinato elettrificato, e neanche il rapporto interno firmato con la svastica con le indicazioni su come sopportare l'odore di carne umana bruciata giorno e notte. A raccontare l'orrore alla classe di liceali berlinesi in visita al campo di concentramento nazista di Sachsenhausen sono stati dei semplici letti a castello di legno. «Così vivevano» è stato il commento che Sawsan Chebli ha sentito di più nel viaggio di ritorno a Berlino. Chebli, origini palestinesi, socialdemocratica, musulmana e segretaria di Stato del Land di Berlino per gli affari esteri, sta facendo parlare di sé in Germania per la sua proposta di legge di rendere obbligatoria almeno una visita per ciclo di studi a un campo di concentramento nazista e relativo centro studi. «I ragazzi in quei letti hanno visto la normalità del male» ci dice. Un progetto di legge radicale anche per gli standard di una nazione che più di ogni altra ha dissezionato gli orrori del suo passato. Perché «insegnare la Storia oggi è un lavoro molto complicato in Germania». Due nuovi tipi di antisemitismo strisciano in questi giorni nelle aule scolastiche tedesche: quello invisibile dei giovani elettori della forza politica di destra Afd, di estrazione sociale medio bassa e concentrati nelle città dell'ex Germania Est, e quella dei rifugiati che provengono da Paesi dove l'odio per Israele e la negazione dell'Olocausto sono profondi. «Il confronto con la Storia è e deve restare il pilastro dell'identità nazionale tedesca» dice: «Non è certo un segreto che la comunità ebraica tedesca, che oggi conta 200 mila appartenenti, sia nervosa come mai lo era stata dalla fine della guerra». Sono state le bandiere israeliane bruciate prima di Natale sotto la Porta di Brandeburgo per mano di rifugiati e immigrati arabi, molti palestinesi come lei, che l'hanno spinta a passare all'azione: «Il senso della mia proposta di legge è innanzitutto restituire una connessione con il passato ai giovani tedeschi che se ne stanno allontanando e ai migranti che se ne sentono esclusi». Un abitante su dieci a Berlino è musulmano. La sua proposta di legge prevede che la visita ai lager diventi parta anche dei corsi di integrazione per immigrati per i quali la Germania sta spendendo miliardi. «Non possiamo permettere a questa generazione di tedeschi e migranti di proseguire sulla via dell'oblio». Sulla proposta di Chebli però non tutti sono d'accordo. Se la ministra della Cultura dell'importante Baden-Wiirttemberg Susanne Eisenmann (Cdu) ha espresso parere favorevole, promettendo «di prendere in considerazione la legge anche per il suo Land», il presidente della conferenza dei ministeri dell'Istruzione dei Länder, Helmut Holter (della sinistra radicale di Die Linke) ha espresso un confuso parere negativo: «È importante la visita ai luoghi della memoria, ma l'obbligatorietà è la strada sbagliata». «La visita ai lager non deve restare isolata, ma inserita in un processo di apprendimento scientifico» precisa Chebli. «L’impatto emozionale, però, è il cuore di questa legge». Il nuovo governo Merkel ha deciso di nominare perla prima volta nella storia della Repubblica un coordinatore per l'antisemitismo, mentre esponenti del suo partito spingono per l'espulsione immediata dei richiedenti asilo musulmani che si siano fatti notare per comportamenti antisemiti. «Ma per vincere l'antisemitismo la Germania deve lottare anche contro l'islamofobia» conclude Chebli. «La memoria è il Dna dei diritti umani e delle minoranze. Di tutte le minoranze».

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