Marco Bresolin
C’è molta cautela in Europa sulla proposta di ampliare il pacchetto legato all’accordo sul nucleare iraniano. Bruxelles è prudente, ma anche Berlino va con i piedi di piombo. Segno che l’idea dei «quattro pilastri» lanciata a Washington da Emmanuel Macron potrebbe essere nata da una sua iniziativa personale e non da una mossa concordata nei dettagli con gli alleati. La compattezza europea sulla linea da tenere, quindi, è ancora tutta da verificare. «Dobbiamo evitare di mischiare le cose – fanno notare fonti Ue –. Un’intesa sul programma missilistico o sull’influenza regionale dell’Iran non possono essere messe nello stesso calderone con l’accordo sul nucleare».
Federica Mogherini con il ministro iraniano Zarif
«Un nuovo accordo non è sul tavolo» ha messo subito in chiaro il portavoce del ministro degli Esteri tedesco. «Il Jcpoa (Joint Comprehensive Plan of Action, ndr) è stato negoziato con sette Paesi e l’Ue e non può essere rinegoziato o sostituito per un capriccio» ha aggiunto Rainer Breul. Più allineata a Macron, invece, la posizione del Regno Unito. Theresa May «è pronta a lavorare con gli alleati» in vista di un «miglioramento» dell’accordo sul nucleare, ha detto ieri una portavoce di Downing Street. Londra ritiene che i punti sollevati dal presidente francese vadano affrontati: «Ci sono aspetti che non sono coperti dall’accordo – ha aggiunto la portavoce –, incluso quello dei missili balistici e quello legato all’attività di destabilizzazione regionale» di Teheran. May appoggia questa strategia, dunque, anche se la portavoce ha parlato di un «nuovo accordo proposto dal presidente Macron». Una precisazione con cui, di fatto, Londra indica che la paternità dell’iniziativa è francese.
I missili iraniani, giocattoli?
Francia, Germania e Inghilterra si erano dimostrate compatte in occasione dell’ultimo consiglio dei ministri degli Esteri Ue, proponendo nuove sanzioni all’Iran legate al suo programma missilistico e alle ingerenze regionali, soprattutto in Yemen e Siria. Una mossa studiata proprio per convincere Trump a un ripensamento. Ma la proposta era stata bocciata dal Consiglio per la contrarietà di alcuni Paesi, Italia in testa. E anche Trump, a quanto pare, non l’ha ritenuta sufficiente.
«C’è un solo accordo, funziona e deve essere preservato» ribadisce Federica Mogherini, convinta che il Jcpoa non vada toccato. L’Alto Rappresentante per la politica estera Ue ammette che «eventualmente si potrebbe parlare di aspetti addizionali», ma lavorando su piani separati. Riaprire l’intesa per metterci mano rischia di allontanare Teheran. Il presidente iraniano Hassan Rohani è netto: «Ho parlato con Macron tante volte al telefono e gli ho detto esplicitamente che noi non aggiungeremo o toglieremo nulla all’intesa, nemmeno una frase. L’accordo è l’accordo».
Il dibattito sull’Iran è piombato ieri a Bruxelles mentre era in corso la seconda conferenza sul futuro della Siria. Un appuntamento in cui è stata ribadita la necessità di «rilanciare il processo politico» sotto l’ombrello Onu, respingendo l’ipotesi di una soluzione militare. I partecipanti (85 delegazioni tra governi e ong) hanno annunciato 4,4 miliardi di dollari per interventi sul piano umanitario. Dall’Ue arriveranno 560 milioni di euro per il sostegno ai rifugiati, ma Mogherini ha precisato che Bruxelles non finanzierà la ricostruzione «fino a quando a Ginevra non sarà avviato un processo politico chiaro e credibile».
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