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La Stampa Rassegna Stampa
24.04.2018 Iran, crisi economica e incertezze sul futuro: i primi effetti positivi dell'Amministrazione Trump
Commenti di Giordano Stabile, Paolo Mastrolilli

Testata: La Stampa
Data: 24 aprile 2018
Pagina: 14
Autore: Giordano Stabile - Paolo Mastrolilli
Titolo: «L’Iran travolto dalla crisi. Precipita il valore del rial - Macron sbarca alla Casa Bianca col piano Ue sul nucleare di Teheran»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 24/04/2018, a pag. 14, con il titolo "L’Iran travolto dalla crisi. Precipita il valore del rial", il commento di Giordano Stabile; a pag. 15, con il titolo "Macron sbarca alla Casa Bianca col piano Ue sul nucleare di Teheran", il commento di Paolo Mastrolilli.

Ecco gli articoli:

Giordano Stabile: "L’Iran travolto dalla crisi. Precipita il valore del rial"

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Giordano Stabile

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Il 12 maggio incombe, e con il possibile ritiro degli Stati Unti dall’accordo sul programma nucleare, nuove sanzioni. I timori su una stretta alle esportazioni di gas e petrolio sono così forti che l’Iran si ritrova sotto assedio economico, almeno a livello psicologico. Il rischio di un crollo dell’economia fa passare in secondo piano le minacce dell’Isis e la possibilità di una guerra diretta con Israele in Siria. Il termometro è la moneta, il rial, che ha subito una svalutazione del 60 per cento da settembre. Allora ci volevano 36 mila rial per un biglietto verde, all’inizio di aprile il cambio è crollato fino a 60 mila e ha costretto il governo a misure estreme. L’11 aprile annullato il doppio cambio, ufficiale e di mercato, e ha unificato le quotazioni a un tasso legale di 42 mila rial. E due giorni fa ha messo fuorilegge tutte le «criptomonete» che venivano usate come alternativa al rial.

I risparmiatori hanno «scommesso contro» il rial, perché temono di ritrovarsi con un mucchio di carta straccia se le sanzioni verranno reintrodotte. Hanno investito in oro, dollari, euro e bitcoin, venduto valuta locale e contribuito al collasso. Il cambio fisso era già stato sperimentato dall’ex presidente Mahmoud Ahmadinejad all’inizio del 2012, con scarsi risultati. Già nel 2013 si era tornati al doppio binario ma l’elezione del riformista Hassan Rohani aveva ridato fiato al rial. Fino all’irruzione sulla scena di Donald Trump. Rohani ha puntato tutto sull’accordo con l’Occidente e la fine delle sanzioni. La scommessa sembrava vinta nel 2016 quando la crescita del Pil è balzata all’invidiabile ritmo del 13,4 per cento, trascinata da un più 62 nel settore petrolifero. Nel 2017-2018 il boom ha frenato a un più 4,2, secondo le ultime previsioni della Banca mondiale, ma negli ultimi mesi la decelerazione si è fatta brusca.

Ha pesato l’impatto del terremoto del novembre scorso, con oltre 1700 morti, poi le proteste a cavallo di Capodanno legate al fallimento di finanziarie speculative. Ma pesa anche una politica monetaria interna che, per cercare di calmare il malcontento e ridurre la disoccupazione, pompa cartamoneta a più non posso, con la massa monetaria che ha raggiunto l’incredibile cifra di 15 «quadrillioni» di rial, 15 milioni di miliardi, circa 357 miliardi di dollari. Tanti in un’economia che nel 2017 era pari a 600 miliardi di dollari. La liquidità eccessiva genera inflazione, ora al 9,4 per cento, e il circolo vizioso rischia di affossare anche le ambizioni geopolitiche. «L’autostrada sciita», aperta da Baghdad a Beirut, ha portato i Pasdaran a confrontarsi faccia a faccia con Israele. Un collasso economico è destinato a ridimensionare queste pretese. Anche perché lo stesso Isis non è finito e dopo 10 mesi si è rifatto vivo il portavoce di Abu Bakr al-Baghdadi, Abu Hassan al-Muhajir. E in cima alla lista dei nemici da colpire, prima dell’America, ha messo la Russia e i «pagani», cioè gli sciiti, iraniani.

Paolo Mastrolilli: "Macron sbarca alla Casa Bianca col piano Ue sul nucleare di Teheran"

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Paolo Mastrolilli

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Emmanuel Macron con Donald Trump

Imporre nuove sanzioni all’Iran, per il programma missilistico e le ingerenze destabilizzanti in Medio Oriente; oppure negoziare un accordo aggiuntivo, che renda più stringenti le clausole dell’intesa nucleare «Joint Comprehensive Plan of Action» (Jcpoa). La prima è l’ipotesi su cui stanno ragionando gli europei, per convincere il presidente Trump a non rovesciare il tavolo. Verrà sondata oggi e domani dal leader francese Macron, e venerdì dalla cancelliera tedesca Merkel, durante le loro visite alla Casa Bianca. La seconda è invece la richiesta di Washington. Se entrambe fallissero, il piano B della Ue diventerebbe cercare di tenere in piedi il Jcpoa senza gli Usa.

Trump deve decidere entro il 12 maggio se rimanere nell’accordo nucleare o abbandonarlo. Per restare ha posto tre condizioni: primo, eliminare le «sunset clause», che farebbero scadere nel giro di dieci anni alcuni divieti imposti a Teheran, potenziando anche le ispezioni dell’Aiea; secondo, frenare il programma iraniano per i missili balistici; terzo, bloccare le interferenze destabilizzanti della Repubblica islamica in Medio Oriente. Le sue nomine più recenti, Mike Pompeo segretario di Stato e John Bolton consigliere per la sicurezza nazionale, sembrano segnalare che non ci sia molto spazio di manovra, ma nei prossimi giorni Macron e Merkel cercheranno di fargli cambiare idea, oltre a premere per la rinuncia alla politica protezionistica dei dazi.

Durante l’ultimo consiglio dei ministri degli Esteri europei Francia, Germania e Gran Bretagna hanno suggerito di imporre nuove sanzioni all’Iran per il programma missilistico e le ingerenze regionali, nella speranza che ciò convinca Trump a restare nel Jcpoa, pur tenendo ben distinte le due cose. La proposta però non è stata adottata per la resistenza di vari Paesi, tra cui la stessa Italia. Macron e Merkel cercheranno ora di sondare il capo della Casa Bianca su questa idea, e se vedranno uno spiraglio, torneranno a sottoporla agli altri membri della Ue, nella speranza che l’approvino per salvare l’accordo nucleare.

Sull’altra sponda, gli Usa spingono invece per un nuovo testo. I firmatari hanno spiegato a Washington che il Jcpoa non è rinegoziabile, e quindi gli americani hanno chiesto di discutere intese aggiuntive per regolare le questioni aperte. Questo è un problema per almeno due motivi. Primo, per trattare con l’Iran nuovi accordi è necessario il consenso dell’Iran. Secondo, mentre la questione missilistica e le ingerenze sono problemi a parte, e quindi negoziabili fuori dall’intesa nucleare, le «sunset clause» e le ispezioni ne fanno parte, e quindi richiederebbero un nuovo accordo che andrebbe a modificare il precedente.

Arrivando ieri a Washington, Macron ha avvertito: «Non ho un piano B. Meglio conservare questa intesa, invece di creare una situazione come la Corea del Nord». In altre parole, attenzione a far saltare l’accordo con l’Iran, perché ciò renderebbe meno credibile la trattativa con la Corea, e potrebbe compromettere anche gli sforzi comuni per risolvere la guerra in Siria. Se Trump non si lascerà convincere, in realtà un piano B esiste, e sarebbe quello di tenere in piedi il Jcpoa anche senza gli Usa. Ma il ministro degli Esteri iraniano Zarif ha già minacciato di riprendere le attività nucleari, se Washington uscirà dall’accordo.

 

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