Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 20/04/2018, a pag. 15, con il titolo "Il resort delle spie israeliane. Surf e sole per salvare gli etiopi", il commento di Giordano Stabile.
Giordano Stabile
Un meraviglioso «mondo a parte», un paradiso per le immersioni sulla costa sudanese del Mar Rosso, lontano centinaia di chilometri dalla prima città. Il Villaggio Arous, all’inizio degli Anni 80 era il primo resort di questo tipo nel Paese retto da una dittatura militare, ma ancora in gran parte incontaminato. Era stato completato da imprenditori italiani nel 1972, ma non era mai decollato, finché una compagnia svizzera lo aveva affittato e rilanciato. Solo che la «compagnia svizzera» era il Mossad. E i gestori del villaggio agenti sotto copertura, incaricati di una delle più difficili missioni di salvataggio di una comunità ebraica.
Ebrei in Etiopia
L’affitto del resort era il primo passo dell’Operazione Mosè, che nel giro di tre anni riuscirà a portare dall’Etiopia a Israele 18 mila ebrei etiopi. Fino alla fine degli Anni 70 erano vissuti sugli altipiani, così isolati da essere convinti di essere gli ultimi ebrei rimasti al mondo. Finché, nel 1977, uno di loro, Ferede Aklum, si unisce a una colonna di profughi in fuga dalla guerra civile. Aklum raggiunge un campo vicino al confine, in Sudan. È il primo contatto con il mondo esterno. Fra il 1977 e il 1980 oltre 14 mila ebrei etiopi arrivano nei campi profughi di Gedaref e Kassala, 1500 muoiono di stenti lungo la strada. La notizia delle condizioni difficili della comunità, che in Etiopia rischia di essere spazzata via dalla dittatura di Menghistu, convince il premier israeliano Menachem Begin ad agire. Gli uomini del Mossad nel resort sul Mar Rosso hanno l’ordine di raggiungere gli ebrei nei campi e farli uscire dal Sudan.
I 15 bungalow sono stati dotati di generatori per l’elettricità, una grande cucina, sala da pranzo con vista sul mare. Una parte del personale è locale, mentre gli 007 hanno falsi passaporti svizzeri e si fingono manager, cuochi, istruttori di windsurf o immersioni. Uno di loro, Gad Shimron, intervistato dalla Bbc, racconta divertito di aver «introdotto il windsurf in Sudan» e aver dato lezioni agli ospiti del villaggio, del tutto ignari. La clientela comprendeva ufficiali dell’esercito egiziano, sudanesi, soldati inglesi, diplomatici europei a Khartoum.
Di notte gli agenti del Mossad però partono per missioni nel deserto, fino a un punto di incontro a dieci chilometri da Gedaref. «Dicevamo allo staff che andavamo a Khartoum o trovare delle amiche infermiere all’ospedale di Kassala», racconta ancora Gad. Al punto di incontro vengono raccolti i rifugiati e portati fino alla costa: «Non sapevano neanche che eravamo israeliani, raccontavamo che eravamo mercenari». Una volta sulla spiaggia vicino i profughi vengono caricati su gommoni Zodiac delle forze speciali israeliane e trasportatifino a una nave militare, la Bat Galim, e di lì in Israele. Finché la guardia costiera sudanese li scambia per contrabbandieri e spara su uno degli Zodiac. Bisogna trovare un’altra strada. Uno degli agenti scova una pista di atterraggio britannica della Seconda guerra mondiale. Nel maggio del 1982 il primo C-130 Hercules atterra in piena notte, carica 130 profughi e li porta in Israele.
Uno di loro, ricorda ancora Gad, gli ha descritto quello che provava: «Non hai idea che cosa significa per me salire su un aeroplano nel mezzo del deserto sudanese, in piena notte, senza aver mai visto prima un aereo: mi sentivo il profeta Giona che entra nella pancia della balena, e dopo tre ore ero nella terra di Zion». Nei mesi seguenti altri 17 voli sono completati senza incidenti. Le cose peggiorano però anche in Sudan. La carestia uccide migliaia di persone. Il generale Jaafar Nimeiri, su pressione americana, permette che altri 6800 ebrei sudanesi vengano trasferiti con voli di linea via Bruxelles, in segretezza per non essere accusato di complicità con lo Stato ebraico.
Ma il 6 aprile Nemeiri viene rovesciato da un golpe. La nuova giunta scopre la missione del Mossad. Il governo israeliano ordina il ritiro immediato. Gli agenti lasciano il resort a bordo di due fuoristrada e si dirigono verso la pista di atterraggio dei C-130. Riescono a farcela e tornano a casa sani e salvi. In tre anni hanno salvato 18 mila ebrei etiopi.
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