Partita a scacchi in Medio Oriente
Analisi di Antonio Donno
L'espansione iraniana in Medio Oriente
Perché l’Iran non risponde militarmente ai blitz israeliani su alcune postazioni di Teheran sul territorio siriano? Il governo americano concorda con le azioni di Israele? Rispondere a queste domande significa osservare ancora una volta l’intero scenario mediorientale. Innanzitutto, quando è necessario, le azioni militari israeliane prescindono completamente dall’approvazione dell’alleato americano. Questa è una costante della storia di Israele e spesso è stata fondamentale per la difesa dello Stato, soprattutto quando la consultazione di Washington avrebbe richiesto un allungamento dei tempi dell’azione, a scapito della sua riuscita. Del resto, Israele è uno Stato sovrano e non deve chiedere a nessuno l’autorizzazione ad agire. In questo caso, però, in considerazione della situazione caotica della regione, in cui gli Stati Uniti sono direttamente coinvolti, è molto probabile che Gerusalemme si sia consultata con Washington e Trump abbia concordato sulle azioni israeliane in Siria a danno degli iraniani.
Il nuovo saldo legame che unisce i due paesi comporta necessariamente una consultazione continua. Allo stesso modo, le conversazioni così numerose tra Netanyahu e Putin fanno parte di un quadro diplomatico di prospettiva, nel senso che il primo ministro israeliano, oltre a riferire continuamente a Putin che Israele non permetterà mai agli iraniani di avvicinarsi troppo ai confini israeliani, discute con il russo del futuro assetto del Medio Oriente, in cui Assad, per bocca degli occidentali, dovrebbe continuare a governare il proprio paese, ma sotto garanzie russe, non iraniane. Operazione complessa, ma la sola che garantirebbe la pace nella regione. Del resto, per quale motivo Putin dovrebbe permettere a Teheran di avvicinarsi troppo a Israele? Un conflitto fra israeliani e iraniani avrebbe un effetto catastrofico sulla regione, compromettendo gravemente le ambizioni di Putin e causando anche un eventuale confronto tra iraniani e russi.
Putin ha tutto l’interesse a che Israele non sia coinvolto nell’attuale scenario bellico mediorientale e non bada affatto alle incursioni israeliane in Siria a danno degli iraniani. Oltre che assicurare a parole vendetta a Israele, Teheran incassa i blitz israeliani e non reagisce. Non può reagire: Putin non accetterebbe mai una ritorsione iraniana contro Israele, per le ragioni già dette; cui occorre aggiungere la reazione americana. Trump non potrebbe accettare che la minaccia iraniana contro Israele si realizzi; né lo vuole Putin. Da questo punto di vista, paradossalmente, Trump e Putin concordano nel ritenere che il coinvolgimento di Israele nel caos mediorientale per mano di Teheran sia da evitare ad ogni costo. Né, tantomeno, il regime iraniano rischia una mossa che potrebbe compromettere tutti gli sforzi compiuti finora, se si considera anche che la situazione economica del paese è tutt’altro che rosea.
L’impresa iraniana sta costando a Teheran una quantità di denaro che gli introiti dell’esportazione del petrolio non riescono a coprire. Inoltre, il regime degli ayatollah, che ha dato prova di pragmatismo, sa bene che i suoi movimenti devono essere necessariamente misurati sull’indispensabile collaborazione della Russia. Sembrerebbe, dunque, per tutte le ragioni dette, che Israele, pur in seno a una regione sconvolta da conflitti, possa godere di una certa sicurezza. Non è così. Conta certamente sulle proprie forze, come sempre, ma in questo momento deve necessariamente fare affidamento sugli Stati Uniti e, in modo molto più pressante, purtroppo, sulla Russia. La Russia è il vero attore dell’attuale situazione mediorientale, ma non è una potenza su cui fare affidamento, se non per i suoi interessi strategici che per ora coincidono con la sicurezza di Israele.
Antonio Donno