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Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


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La Stampa Rassegna Stampa
18.04.2018 Arabia Saudita, procede la stagione delle riforme: 'Tutto cambia sotto i nostri occhi'
Commento di Francesco De Leo

Testata: La Stampa
Data: 18 aprile 2018
Pagina: 11
Autore: Francesco De Leo
Titolo: «A Riad aspettando le riforme: 'Tutto cambia sotto i nostri occhi'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 18/04/2018, a pag. 11, con il titolo "A Riad aspettando le riforme: 'Tutto cambia sotto i nostri occhi' ", il commento di Francesco De Leo.

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«Benvenuto a Riad». Il tassista scende dal Suv e ci accompagna sino all’ingresso dell’albergo. È un antico retaggio culturale che dà subito l’idea di quello che ti aspetta. Al momento di andar via, gli ospiti vengono abitualmente accompagnati fino alla porta. Non è solo prova della cortesia araba, è un’usanza del passato che si rifà ai tempi in cui si garantiva agli ospiti la sicurezza dell’attraversamento del proprio territorio. Ecco Riad, capitale dell’Arabia Saudita: un immenso contrasto tra tradizione e modernità, dove oggi riaprirà il primo cinema dopo più di 35 anni di divieto con il blockbuster Usa «Black Panther». Quella che fu la stazione di un’antica via carovaniera che attraversava il deserto è oggi una delle città più ricche del mondo. Le anime di questa metropoli si colgono dall’alto, dallo Sky Bridge, il 99° piano della Kingdom Tower, un grattacielo di 302 piani con vista mozzafiato. Da lassù ci si accorge che il cuore del primo polo finanziario dell’Arabia Saudita è circondato dal deserto. Al tramonto le dune di sabbia sono meravigliose, accompagnano i pellegrini che percorrono la statale che collega la capitale a La Mecca, sino all’ingresso della città più sacra dell’Islam.

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Mohammed bin Salman


I tre pilastri
«Se Dio vuole riusciremo a costruire un futuro migliore» si legge nella Vision 2030, l’ambizioso piano del principe Mohammad Bin Salman, annunciato come la più grande epoca di riforme nella storia del Regno. Si fonda su tre pilastri: la leadership nel mondo arabo e islamico, un’economia più varia e sganciata dalla dipendenza dal petrolio, fare dell’Arabia un hub globale che connetta Africa, Asia ed Europa. È un sogno che costa e il principe mette in campo il Fondo di investimento pubblico più grande del mondo, con un impiego fino a 2 trilioni di dollari.

Chi abita qui si divide tra chi è stregato dai sogni dei Saud, tra chi non ha il tempo di pensarci – i tantissimi immigrati che vivono il Paese con molto meno diritti che doveri – chi ha il terrore, come scriveva Lawrence, di chi sogna ad occhi aperti. Sono per lo più i principi accusati di corruzione e obbligati a restituire il presunto bottino, gli ulema radicali a cui il principe dà la caccia o, più semplicemente, coloro che non hanno nessuna intenzione di rimettere in discussione le proprie esistenze, garantite da un contratto sociale che sino ad oggi ha legato i sovrani ai propri sudditi. Più della metà degli abitanti del Regno ha meno di 25 anni e chi spera nel successo di un uomo di 32 anni, che un giorno sarà re, sono i giovani che incontri a Riad. «È sicuramente una riforma rivoluzionaria. Per me, in quanto donna, molti problemi si stanno risolvendo e le cose stanno cambiando: riesco a ottenere tutto ciò di cui ho bisogno e vengo apprezzata». Si chiama Lia ed è una traduttrice di ventitré anni. «Non vedo l’ora che la prima fase della Vision venga implementata. Mi auguro che ciò accada al più presto». Un punto fondamentale è la formazione della futura classe dirigente. Ma il sistema educativo saudita è sufficientemente buono per fare da base a queste riforme? «Assolutamente no», dice Faisal J. Abbas, direttore di Arab News, il più importante quotidiano in lingua inglese del Medio Oriente. «Il governo è impegnato nel riformare il sistema di istruzione. Gli studenti si diplomano ed escono da scuola con competenze inadeguate al mercato del lavoro. Un esempio: a scuola si inizia a insegnare la lingua inglese soltanto nella scuola media». Faisal è molto giovane. La proprietà gli ha chiesto di rinnovare il giornale adeguandolo alla nuova epoca. «Non potrebbe esserci un periodo migliore per essere giornalista in Arabia Saudita. Sono stato all’estero per 20 anni prima di accettare questo incarico e non avrei mai pensato di tornare qui. Sono cambiate più cose in questi due anni che nei venti in cui sono stato via». Non è tutto troppo semplice? La Vision straccerà un contratto sociale che ha fatto la storia del suo Paese? «Ricordo una frase di Margaret Thatcher: “Non possiamo più permetterci una serie di cose, possiamo spendere solo ciò che abbiamo”. A nessuno piace essere tassato o spendere di più per quello che un tempo poteva avere gratuitamente, ma la verità è che non possiamo più permetterci altrimenti. Si dimentica che il petrolio, che rappresenta il 90% del nostro reddito, veniva venduto a 120 dollari. Vi sono due modi per considerare la questione: come un problema o come un’opportunità. Qui con grande coraggio si sta scegliendo la seconda strada». Mbs è il principe della generazione dei millennial, li rappresenta e parla il loro stesso linguaggio.

Gli artisti
Nella Fondazione MiSk Art Institute, che parteciperà alla Biennale di Architettura di Venezia, giovani artisti, ragazze e ragazzi, lavorano assieme in uno spazio aperto illuminato e colorato come un grandissimo mosaico ultramoderno. «Tutto questo era impossibile sino a poco fa», dice la visual artist Tarfa Fahad Alsaud, con un sorriso di speranza. «Qui c’è un energia pazzesca, generata da una nuova generazione nell’ora del cambiamento. C’è qualcosa che desideravamo con tutte le forze, che sta accadendo proprio ora sotto i nostri occhi». Annuisce vicino a lei, Ahmed Mater, il direttore dell’Istituto: «So che parlo con un italiano. Lei può capirmi. Il principe Bin Salman è il Lorenzo de Medici della nostra epoca».

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