Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 01/04/2018 a pag.9 con il titolo " L'anbasciata, John Bolton e il Trump 'mediatore' che accende soltanto micce" il commento di Elena Molinari.
John Bolton, un guerriero alla sicurezza, beh?
D'ora in poi dovremmo scrivere di Avvenire non più soltanto il "quotidiano dei vescovi" ma anche la "versione cattolico-italiana del quotidiano ufficiale di Fatah", visto il commento di Elena Molinari che riprendiamo in questa pagina. E' tutto fazioso, una omissione dopo l'altra, citiamo solo la più vistosa su Abu Mazen, scrive "Da allora Abu Mazen ha interrotto i contatti con l'Amministrazione repubblicana, sostenendo che Washington ha perso ogni credibilità come intermediario in Medio Oriente", dimenticando quel "figlio di cane" lanciato contro l'ambasciatore Usa in Israele da Abu Mazen. Cita invece, ampiamente, le fonti palestiniste, ad esempio Hanan Ashrawi, che ha chiamato "guerriero" John Bolton, il consigliere per la sicurezza nominato dal presidente Trump.
Una scelta che abbiamo pienamente condivisa.
Ecco il pezzo della Molinari (nessuna confusione con il direttore della Stampa,semplice omonimia)
"Siamo profondamente rattristati dalle perdite di vite a Gaza. Invitiamo tutti ad adottare misure per abbassare le tensione". E di rito il messaggio di cordoglio del dipartimento di Stato Usa a proposito degli scontri al confine fra la Striscia di Gaza e Israele, ma si conclude rinnovando una promessa: che la comunità di intelligence americana sta lavorando all'elaborazione di un piano perla pace in Medio Oriente. In realtà, molti analisti concordano che i passi fatti dall'Amministrazione di Donald Trump, che dal suo insediamento ha assicurato di voler fare da mediatore a «un grande accordo» fra israeliani e palestinesi, hanno reso quel risultato più improbabile. I rapporti, già conflittuali, tra l'Amministrazione Trump e il presidente palestinese Abu Mazen sono infatti destinati a deteriorarsi con l'arrivo alla Casa Bianca del consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, che ha affermato che i palestinesi dovrebbero essere assorbiti dall'Egitto e dalla Giordania piuttosto che avere un proprio Stato.
Intanto gli sforzi sostenuti dagli Stati Uniti per negoziare un accordo che estrometta Hamas dalla Striscio di Gaza sembrano essere crollati, sollevando nuove domande sul futuro del territorio. A questi problemi più recenti si sono aggiunti al riconoscimento a dicembre, da parte di Trump, di Gerusalemme come capitale israeliana, che ha fatto infuriare i palestinesi.
Da allora Abu Mazen ha interrotto i contatti con l'Amministrazione repubblicana, sostenendo che Washington ha perso ogni credibilità come intermediario in Medio Oriente. Questi sviluppi esacerbano le sfide che qualsiasi proposta proveniente dagli Usa dovrebbe comunque affrontare. I contorni del piano che l'Amministrazione Trump sta elaborando non sono ufficialmente noti, ma a gennaio un inviato palestinese ha mostrato una bozza ben lontana dalle richieste palestinesi di vedersi riconosciuto uno stato che comprenda Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est; conquistate da Israele nel 1967. La nomina dell'ex ambasciatore Onu Bolton nella cerchia ristretta di Trump è dunque destinata a intensificare la sfiducia dei palestinesi, già diffidenti nei confronti degli altri membri della squadra di Trump per il Medio Oriente (a partire dal genero Jared Kushner), per i loro legami con il movimento dei coloni in Cisgiordania. Dopo aver lasciato il servizio governativo, Bolton ha promosso come commentatore televisivo punti di vista percepiti come filo-israeliani. Fra questi la convinzione che i palestinesi non hanno bisogno di uno Stato, una linea che contraddice la posizione americana durante gli otto annidi presidenza Obama. Trump non si è finora impegnato formalmente a perseguire una soluzione a due Stati. Non a caso, Hanan Ashrawi, una portavoce palestinese, ha detto che le relazioni tra palestinesi e americani sono ora «le peggioridi sempre» e ha descritto Bolton come un «guerriero».
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