Riprendiamo dalla STAMPA - TORINO di oggi, 30/03/2018, a pag.45, con il titolo "Halili cercava seguaci anche tra i migranti" la cronaca di Federico Genta; a pag. 8 dell'edizione nazionale, la breve "Sui barconi il rientro dei foreign fighter".
Ecco gli articoli:
Federico Genta: "Halili cercava seguaci anche tra i migranti"
Federico Genta
C’è un episodio emblematico, tra le pagine dell’inchiesta che ha portato in carcere Elmahdi Halili per aver diffuso materiale di propaganda dello Stato Islamico e per aver «partecipato» all’associazione terroristica Isis. È il gennaio dello scorso anno. Il ventitreenne di Lanzo consulta una playlist che contiene video e immagini divulgati dai fondamentalisti islamici. La sua attenzione cade su un messaggio di Abu Mohammad Al Adnani, il portavoce dello Stato Islamico ucciso ad Aleppo, in Siria, il 30 agosto 2016. Adnani cita brani del Corano e racconta la determinazione dei combattenti contro gli avversari cristiani, invitando i buoni musulmani a seguire l’esempio. «Allah castigherà i miscredenti con le vostre mani o con quelle di altri». Halili condivide il messaggio e, nel giro di poco, le condivisioni al video passano da 8866 a 8890. Centoventiquattro in più. Forse, almeno questa è l’ipotesi, la maggior parte di quei like rappresentano la sua rete di potenziali contatti costruita negli ultimi anni attraverso la rete. I seguaci del proselitismo. Molti di più dei 12 soggetti, alcuni nel frattempo già espulsi dall’Italia e altri oggetto delle perquisizioni scattate mercoledì tra Bergamo, Milano, Modena, Napoli e Reggio Emilia, considerati come i più pericolosi.
Elmahdi Halili è finito in carcere perché ha fatto «quel salto di qualità» che inquirenti e investigatori temevano già anni prima, quando nel 2015 era stato condannato a due anni, con la condizionale, per apologia del terrorismo. Lui che, da «auto-indottrinato», aveva tradotto per primo lo scritto Lo Stato Islamico, una realtà che ti vorrebbe comunicare, ritenuto «il primo documento organico redatto in lingua italiana di propaganda della ideologia estremistica musulmana». Halili non viaggiava fisicamente, fatte salve le frequentazioni dei phone center di corso Giulio Cesare. Usava il web per acquisire materiale e allargare la rete di conoscenze. Puntava anche i giovani migranti, i profughi arrivati in Piemonte, che come lui usavano il treno per spostarsi tra Torino e la provincia.
Dopo la prima inchiesta che lo aveva coinvolto, sapeva di essere controllato. Ma la sua ricerca e condivisione di dati, quasi compulsiva, non si è più fermata. Nei foglietti che preparava e portava sempre con sè gli agenti della Digos hanno trovato gran parte degli appunti che servivano a «chiarire gli argomenti». Come la mancanza di differenza tra obiettivi civili e militari nella concezione dei «buoni musulmani». Scriveva: «La distinzione deve solo essere tra amici e nemici». E ancora: «Non giudicare la guerra con gli argomenti dei media, sono punti di vista occidentali. L’unica verità e giustizia è il mondo islamico».
Nell’ordinanza di applicazione delle misure cautelari, il Gip Ambra Cerabona parla del pericolo «concreto, intenso e attuale» che le sue condotte possano proseguire. Un’escalation sempre più preoccupante. E ieri, davanti al giudice durante l’interrogatorio di garanzia in carcere, Halili ha preferito non rispondere alle domande.
«È apparso provato dalla detenzione in isolamento. Valuteremo più avanti se fare richiesta di riesame dell’ordinanza, » spiega il suo avvocato, Enrico Bucci. Il legale precisa che «mai il mio cliente ha indicato luoghi oppure obiettivi precisi da attaccare, ma si è limitato a minacce generiche contro i cristiani e gli infedeli». Adesso, però, si attende l’esito degli esami sul materiale sequestrato. Le chiavette usb e gli hard disk dove Elmhadi Halili conservava i semi del suo odio.
Redazionale: "Sui barconi il rientro dei foreign fighter"
Federico Cafiero de Raho, procuratore nazionale antimafia, lancia l’allarme sui foreign fighter: «Gli sbarchi potrebbero essere un canale di rientro occulto. Da parte dello Stato c’è un’attenzione altissima. Non dovrebbero superare le 50 unità, rispetto agli altri Paesi che hanno milioni di persone naturalizzate».
Per inviare alla Stampa la propria opinione, telefonare: 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante