Marco Bresolin
Il premier bulgaro Bojko Borisov ci ha provato. Ha messo attorno al tavolo per una cena sulle rive del Mar Nero Donald Tusk, Jean-Claude Juncker e Recep Tayyip Erdogan, sperando di avvicinarli. Ma non si può certo dire che l’obiettivo sia stato raggiunto. Dopo il pasto, molto breve, i leader Ue e quello turco si sono presentati davanti ai giornalisti a Varna. E ognuno ha ribadito le proprie posizioni, senza risparmiare critiche alla controparte.
Recep Tayyip Erdogan
Donald Tusk ha ammesso chiaramente che «non è stato raggiunto alcun tipo di compromesso concreto». E si è detto «preoccupato per l’uso di metodi che minacciano i diritti fondamentali e lo stato di diritto». Ha citato il fronte interno, ma anche «la situazione in Siria, ad Afrin, e le tensioni bilaterali con alcuni Stati dell’Ue», in particolare Grecia e Cipro. Erdogan gli ha risposto che «la Turchia è un obiettivo del terrorismo di Isis e del Pkk» e che quindi «la nostra lotta al terrore, che serve a difendere anche l’Europa, non può essere una ragione per critiche ingiustificate. Finché questa minaccia continua, la nostra risposta continuerà».
Altro tema caldo, la questione dei negoziati di adesione della Turchia all’Unione europea. Da mesi Erdogan è tornato a bussare con insistenza alla porta di Bruxelles: «Sarebbe un grave errore se l’Ue si allargasse senza di noi - ha detto ieri -, per questo vorremmo progressi più rapidi sui capitoli negoziali». Ma per l’Ue non ci sono le condizioni e lo scriverà nero su bianco ad aprile, quando è attesa la pubblicazione di un rapporto sullo stato delle relazioni con Ankara. «Io ero contrario a dichiarare lo stop dei negoziati», ha spiegato Jean-Claude Juncker, riferendosi alla richiesta arrivata da alcuni Stati nell’autunno scorso per mandare un segnale alla Turchia. Formalmente ora i negoziati sono aperti, ma di fatto restano congelati.
Erdogan ha provato a mostrarsi conciliante («Le relazioni negative sono alle spalle») e ha colto nuovamente l’occasione per insistere sulla liberalizzazione dei visti, altro tema caldo su cui non si riesce a trovare un punto di incontro. Anche sull’unione doganale ha ricordato le aspettative turche, destinate però a rimanere tali ancora a lungo.
Nessun passo avanti, dunque, ma nemmeno passi indietro. Perché se è vero che resta la netta distanza sui dossier più spinosi, è altrettanto vero che l’accordo sull’immigrazione non sembra in discussione. Gli interessi reciproci sono evidentemente sufficienti a tenere in piedi l’intesa. «Il nostro incontro - ha detto Tusk - ha dimostrato che, mentre i nostri rapporti attraversano momenti difficili, nelle aree in cui collaboriamo, invece, collaboriamo bene». Juncker dice che la Turchia resta «un partner strategico» per l’Ue nella gestione dei flussi migratori: Erdogan lo sa bene, per questo continua a battere cassa. Tre miliardi di euro sono già stati stanziati e altrettanti sono in arrivo. «Un sostegno aggiuntivo - dice il presidente turco - renderebbe il nostro lavoro più facile e la vita dei rifugiati migliore».
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