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La Repubblica Rassegna Stampa
25.03.2018 L'antisemitismo tedesco dipinto di rosa
Cronaca di Tonia Mastrobuoni

Testata: La Repubblica
Data: 25 marzo 2018
Pagina: 19
Autore: Tonia Mastrobuoni
Titolo: «Il palestinese di Berlino che farà rinascere la sinagoga»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 25/03/2018, a pag.19, con il titolo "Il palestinese di Berlino che farà rinascere la sinagoga" la cronaca di Tonia Mastrobuoni.

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La sinagoga Fraenkelufe

Tonia Mastrobuoni dipinge di rosa la realtà dell'antisemitismo tedesco. Ignora le indagini e le statistiche di quanto sia diffuso soprattutto tra i musulmani, come documenta da anni Manfred Gerstenfeld nelle analisi che IC pubblica tradotte in italiano. Per capire quanto avviene a Berlino, pubblichiamo un suo intervento in altra pagina, che contraddice in pieno la visione edulcorata della giornalista di Repubblica.  Una rondine non fa primavera, ma non per Mastrobuoni, tutta tesa a sottolineare il fatto che ci sia un palestinese nel progetto di restaurazione della sinagoga. Evidenziato anche nel titolo.

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Tonia Mastrobuoni

Dopo la preghiera, la tovaglia bianca e blu si riempie velocemente di "gefilte fish", di pesce e insalate. Un profumo di pane fresco e di cipolle invade la piccola sala accanto alla sinagoga. Janet Ben Hassin ci porge un piattino di crauti, poi ci chiede sottovoce di nascondere il taccuino sotto al tavolo. «È shabat — sorride — il giorno del riposo». Arrossiamo, ci scusiamo, scorgiamo al centro della lunga tavola un'enorme bottiglia di whisky. Jonathan Marcus se ne serve un dito: «Il whisky — ridacchia — è un omaggio a Harry Nowalsky, l'ufficiale americano che nel 1945 ricostruì una parte della sinagoga». Sette anni prima, nell'atroce notte tra il 9 e il 10 novembre del 1938, nelle ore buie del pogrom nazista che si abbatté sugli ebrei tedeschi, la sontuosa sinagoga neoclassica che si affacciava sui canali di Kreuzberg era stata la prima a bruciare fino alle fondamenta. La comunità tentò di resistere, le funzioni proseguirono per un po', tra deportazioni nei campi di concentramento, massacri e persecuzioni. Ma lo sterminio spazzò via la stragrande maggioranza di quei diecimila ebrei che vivevano tra Kreuzberg e Neukoelln. E Nowalsky fu il primo a restituire un piccolo tempio ai sopravvissuti, nell'estate del 1945. Quando nessuno avrebbe più pensato possibile una vita per gli ebrei a Berlino. In quell'"anno zero", un giovane e spericolato fotografo ebreo passò per la sinagoga. Voleva immortalare i sopravvissuti: la sua gente tornata dai campi di sterminio, dalle marce della morte, resuscitati dai nascondigli. Si chiamava Robert Capa, e in occasione del Rosh haShana, del capodanno ebraico, fotografò anche l'ufficiale Nowalski, mentre pregava tra i banchi, con altri soldati americani. Un giornale di New Orleans descrisse la funzione, si soffermò sui «volti solcati dalle lacrime degli ebrei che cantano gli inni di Israele». Capa annotò, con enorme amarezza, che «agli ebrei berlinesi non è rimasto molto da festeggiare. Si stanno abituando al loro destino di essere gli ultimi sopravvissuti senza un futuro». Ma il più grande fotografo di guerra di tutti i tempi si sbagliava. E non solo perché la comunità non si è mai estinta e negli ultimi anni si è enormemente arricchita di ebrei che arrivano da ogni parte del mondo per vivere a Berlino. La notizia che ha riempito di felicità gli ebrei di Kreuzberg e Neukoelln, è che la sinagoga di Fraenkelufer, il tempio raso al suolo dai nazisti ottant'anni fa, sarà interamente ricostruita. Jonathan Marcus la chiama «il sogno che non osavamo sognare». E il miracolo nel miracolo è che la proposta è arrivata da un politico nato quarantuno anni fa in Palestina, Raed Saleh. Il capogruppo della Spd a Berlino ha presentato il progetto il 9 novembre scorso, proprio nell'anniversario del pogrom. «Io sono un socialdemocratico tedesco di religione musulmana che crede nella difesa della pluralità religiosa», ci ha spiegato, quando siamo andati a trovarlo nel suo ufficio al Comune. Anche in questo progetto, realizzato da un musulmano di origine palestinese per «garantire la prosperità della vita ebraica nella "mia" Berlino», si capisce l'attenzione della Germania per la propria storia. Nell'utopia delle religioni che si parlano, si ascoltano e si rispettano, per il socialdemocratico, «c'è un modello che mi piacerebbe vedere imitato anche nel resto dell'Europa e del mondo». Saleh è preoccupato per l'antisemitismo crescente, sottolinea, «sia tra i tedeschi, sia tra i giovani musulmani. E anche i partiti populisti come l'Afd hanno ricominciato a nutrirsi di pregiudizi contro gli ebrei». Il politico ha affidato all'architetto Kilian Enders la ricostruzione della sinagoga del 1916. «La differenza con quella originale — racconta — è che per segnalare la rottura, per ricordare la tragedia del rogo, sarà totalmente bianca». Il costo calcolato da Iris Spranger, responsabile Spd per l'urbanistica, dovrebbe aggirarsi attorno ai 20-25 milioni di euro, che in parte sarà coperto da fondi pubblici, in parte dai privati. Un altro dettaglio che colpisce è che la sinagoga sorgerà in un quartiere multietnico, in cui una delle comunità più grandi è quella musulmana. Negli anni Settanta si diceva che Kreuzberg fosse una delle più grandi città turche. Eppure Shmuel Slater, che si è fermato a parlare con noi all'uscita della sinagoga, è un ragazzo minuto australiano che ci vive volentieri. Ha gli occhi di un celeste quasi trasparente. È venuto a fare la scuola da rabbino a Berlino, che definisce «una città esemplare, dal punto di vista dei valori». E no, non ha mai avuto «neanche mezzo problema a girare a Kreuzberg e Neukoelln con la kippah», con il copricapo degli ebrei. Probabilmente Gideon Joffe, capo della comunità ebraica di Berlino ha colto nel segno, quando ha saputo della proposta di Saleh di ricostruire la sinagoga del Fraenkelufer: «Mai avrei pensato che un tedesco di origine palestinese avrebbe aiutato la comunità ebraica a sorgere a nuova vita. Questa è una storia meravigliosa». Già.

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