L’ambasciatore 'figlio di cane': perché è contrario al terrorismo o perché è ebreo?
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
A destra: David Friedman con Donald Trump
Cari amici,
sempre per la serie del “razzismo positivo” per cui ai palestinesi e in generale agli arabi non vengono richieste le basi del comportamento civile, per esempio non ammazzarsi fra loro e soprattutto non uccidere gli altri, non rubare, mantenere comportamenti adeguati nelle relazioni internazionale… e sempre per la serie del giornalismo italiano che non informa, salvo le solite eccezioni… solo La Stampa ha pubblicato un articolo sul fatto che in un pubblico discorso Mohamed Abbas, il dittatore dell’Autorità Palestinese (o se preferite il “presidente” eletto più di dodici anni fa per un mandato di quattro e mai più sottoposto alle urne) ha definito l’ambasciatore americano “figlio di cane” (http://www.lastampa.it/2018/03/19/esteri/abu-mazen-insulta-lambasciatore-americano-figlio-di-un-cane-fvcfCpl8juWeWgZAsMDqSI/pagina.html). Secondo altre traduzioni che ho letto, forse il termine arabo usato da Mohamed Abbas non vuol dire cane ma cagna, il che alle allusioni animali aggiunge un gentile accenno al mestiere più antico del mondo.
Qual è la ragione di questo trattamento diciamo pure piuttosto inconsueto nel mondo diplomatico? C’è una causa prossima e una remota. Quella prossima sta nel fatto che l’ambasciatore americano si era permesso di notare con rammarico il silenzio dell’Autorità Palestinese dopo che negli attentati terroristici durante il weekend erano stati uccisi tre israeliani (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/US-Ambassador-Friedman-criticizes-Palestinian-silence-after-terror-attacks-545453). Un silenzio che si capisce benissimo col fatto che l’Autorità Palestinese finanzia, stipendia, premia e pubblicamente esalta gli assassini di ebrei, senza badare a dettagli insignificanti come il fatto che le vittime siano bambini, anziani, civili disarmati o meno.
C’è però una ragione più remota, ma forse più importante. L’ambasciatore americano non solo rappresenta gli Stati Uniti di Trump che, come ha commentato Netanyahu, hanno “smesso di coccolare” i palestinisti, facendo “perder loro la testa”, ma si chiama Friedman, è ebreo, ha anche parenti che vivono in Israele. E’ dunque un “colono” e un “figlio di cane” o di cagna (https://worldisraelnews.com/abbas-calls-us-ambassador-friedman-son-dog/). E l’attribuzione di antenati animali disgustosi (nella cultura musulmana i cani sono impuri e schifosi), echeggia un’antica offesa agli ebrei continuamente ripetuta, quella di essere non veri esseri umani ma discendenti di animali orribili. Di solito si parla di “figli di scimmie e maiali”, facendo riferimento a quel che dicono testualmente un paio di sure del Corano (http://www.answering-islam.org/Authors/Arlandson/jew_apes.htm), ma spesso si aggiungono “altri animali” (http://www.jewishvirtuallibrary.org/muslim-clerics-jews-are-the-descendants-of-apes-pigs-and-other-animals) naturalmente impuri e volgari come i cani.
Dunque ha perfettamente ragione Friedman a qualificare l’offesa che gli è stata fatta non solo come una rottura dei codici di civiltà diplomatica, ma soprattutto come una dichiarazione antisemita (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Friedman-suggests-Abbas-antisemite-for-calling-him-son-of-a-dog-545527). Il che ci riporta al fatto che Abbas si è laureato (a mosca, all’università Lumumba, quella che doveva allevare la classe dirigente “anticolonialista” dei paesi del “terzo mondo”) con una tesi negazionista della Shoà, insomma che è da sempre un antisemita. La domanda che segue è la solita: si può fare la pace con gente del genere, che sarebbe il “moderato” della rissosa compagnia palestinista? Rispondete voi, quel che penso io credo sia chiaro a tutti.
Ugo Volli