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Gentilissima Signora Fait, per impegni di lavoro non ho fatto in tempo a ringraziarLa prima per la pubblicazione delle mie ultime due o tre lettere e ora leggo sul Jerusalem Post che altri quattro israeliani sono stati intenzionalmente investiti da un palestinese, due di loro sono morti ed un terzo è in rianimazione. Non so esprimere a parole tutto il mio dolore, il desiderio di poter credere alla famiglia dell’investitore, che assicura che si è trattato di un incidente, e la triste ed insopportabile constatazione che Hamas già celebra la strage come un degno modo di commemorare i cento giorni dalla dichiarazione di Trump su Gerusalemme. Vorrei esprimere le mie più profonde condoglianze alle famiglie, l’augurio di pronta guarigione ai feriti e tutta la mia vicinanza e solidarietà ad Israele. P.S.: Mi ha commossa la Sua risposta alla mia ultima lettera, a proposito del termine ‘Terra Santa’. Capisco perfettamente la delusione per il tardivo riconoscimento formale di Israele da parte della Santa Sede e per le troppe critiche a Israele da parte di troppi cristiani, autorità ecclesiastiche incluse. Spero di vedere il giorno in cui l’uso del termine ‘Terra Santa’ non suoni più d’istinto, né a Lei né ad altri, come un rifiuto dello Stato di Israele e sia sempre correttamente utilizzato, come nei casi che a volte Le ho segnalato, per indicare il significato religioso per i cristiani di un territorio che è più ampio dello Stato e anche della Terra di Israele. Gentile Annalisa, La ringrazio con tutto il cuore per la sua partecipazione all'ennesimo lutto che ha colpito Israele distruggendo altre giovani vite. Leggevo sul J.P. che Ziv Daus, uno dei due ragazzi uccisi, aveva fatto di tutto per diventare un combattente, voleva servire il paese e difenderlo. Appena arruolato, a 18 anni, aveva chiesto alla mamma di regalargli un orologio di precisione per non rischiare di arrivare tardi alla base. Dopo tre anni da quel giorno è stato ucciso, aveva 21 anni e tutta la vita davanti. Come lui, tanti ragazzi e ragazze rischiano ogni giorno la loro vita per difendere Israele da quelli che, se muoiono, fanno festa e jimkane distribuendo caramelle e dolci a chi balla di gioia per le strade. Per noi è normale assistere a questa infamia, con il cuore gonfio li vediamo celebrare la morte anche quando si tratta di bambini e non ho mai sentito che altre popolazioni reagiscano in modo così crudele e disumano alla morte di chi considerano nemico. Può un bambino di pochi mesi o di pochi anni essere un nemico? Eppure succede e quando li ammazzano ballano di soddisfazione. Come potremmo mai fare la pace con chi è avvelenato dall'odio? I genitori di Ziv e di Nethanel non saranno soli, i compagni dei due ragazzi saranno sempre con loro. E' commovente e consolidata abitudine che, ogni volta che un soldato viene ucciso, il suo battaglione si prenda cura della famiglia, la consoli, la avvolga in un amore senza fine e, a turno, per mesi, spesso per anni, i compagni vanno a trovarla per parlare, per ridere, per giocare con i fratelli più piccoli. Non è solidarietà per il lutto, è vero e proprio amore, è fratellanza e amore per la vita. A proposito di Terra Santa, mi auguro anch'io che arrivi il giorno in cui questo termine non suoni più così sinistro e assuma solamente un significato religioso. E Israele resti Israele, per tutti. La saluto con un cordiale shalom |
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