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La Stampa Rassegna Stampa
17.03.2018 La Turchia contro i kurdi cerca l'appoggio americano
Analisi di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 17 marzo 2018
Pagina: 14
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Il pressing di Ankara sull'America 'Il vero nemico sono i curdi dello Ypg'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 17/03/2018, a pag.14, con il titolo "Il pressing di Ankara sull'America 'Il vero nemico sono i curdi dello Ypg' " l'analisi di Giordano Stabile.

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Giordano Stabile

Ad Afrin la Turchia combatte «anche per la Nato e per l’Occidente», che non deve farsi ingannare dall’immagine «romantica» che i guerriglieri curdi dello Ypg cercano di dare di sé. La diplomazia turca è all’offensiva, come le truppe speciali di Ankara in Siria, dove ormai la città curdo-siriana è circondata, e migliaia di civili cercano di scappare dai combattimenti. Il rischio di essere paragonati alle truppe di Bashar al-Assad che assediano la Ghouta orientale è ciò che più teme il governo di Recep Tayyip Erdogan. Ieri gli attivisti siriani hanno denunciato l’uccisione di 27 civili nei raid su Afrin, mentre 64 persone sono morte nella Ghouta. L’offensiva diplomatica serve anche ad evitare paralleli. Ci sono stati incontri ad alto livello a Washington, altri seguiranno ad Ankara. Il punto è convincere gli Stati Uniti che il vero nemico è lo Ypg, «al pari del Pkk e dell’Isis», come spiega l’ambasciatore turco a Roma, Murat Salim Esenli: «Che lo Ypg e il Pkk sono la stessa cosa non lo diciamo soltanto noi, lo sostiene per esempio un documento della Cia del 2017, che analizza la natura di questo gruppo terroristico e i suoi rapporti con il Pkk. E ci sono anche altri documenti americani, relazioni al Congresso, sulla stessa linea: quindi lo Ypg, al pari del Pkk, è un’organizzazione terroristica». È vero che gli Stati Uniti hanno appoggiato i curdi nella lotta all’Isis nel Nord della Siria ma «lo Ypg non si è fatto scrupolo di lasciar scappare quattromila combattenti e famigliari dell’Isis da Raqqa, e continua a lasciar filtrare i terroristi attraverso i suoi territori verso la Turchia. Noi abbiamo perso 67 soldati nell’operazione Scudo sull’Eufrate, nel 2016, e abbiamo sottratto oltre mille kmq di territori all’Isis, ma nessuno ne parla». Con la lotta all’Isis lo Ypg è però riuscito a crearsi un’immagine «romantica» in Europa, di giovani guerriglieri che lottano per i loro ideali e contro il male. «Non è così – continua l’ambasciatore – e ci fa rabbia che gli europei si facciano ingannare. In realtà i dirigenti dello Ypg e del braccio politico Pyd sono cinici, ad Afrin usano i civili come scudi umani, e pubblicano foto false, scattate in altri conflitti, per accusare la Turchia di causare vittime fra donne e bambini. Se non avessimo avuto come primo scrupolo quello di preservare la popolazione avremmo preso Afrin in pochi giorni. L’operazione va avanti più lentamente proprio per evitare un massacro come nella Ghouta». La diplomazia turca è però convinta che alla fine gli americani cambieranno posizione perché «hanno già ammesso pubblicamente l’esistenza dell’accordo su Manbij perché la città, una volta sottratta all’Isis tornasse sotto il controllo dell’Esercito libero siriano, e lo Ypg si ritirasse a Est dell’Eufrate». Erdogan lo ha ribadito di nuovo ieri. Ankara però tratta soltanto con Washington e non farà mai «accordi con il regime di Bashar al-Assad». Mentre lo Ypg «gioca su due tavoli, s’intende sottobanco con Damasco, non ha mai combattuto il regime». Ma c’è un senso di solitudine che traspare. L’Occidente «non capisce che combattiamo questa guerra in Siria per fedeltà alla Nato, oltre che per difendere noi stessi». La Turchia, in ogni caso, andrà avanti anche da sola perché è un atto di autodifesa, «in base all’articolo 51 della Carta dell’Onu».

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