8 marzo. milioni di donne senza voce
Commento di Deborah Fait
a destra: Mida Moaved, due anni di carcere,
non ricordiamo nemmeno il suo nome
Un'amica mi ha mandato su whatsapp l'immagine di una mimosa con gli auguri per l'8 marzo e la frase amara: "Il resto ormai è fumo". Avevamo molti sogni negli anni 70, volevamo cambiare il mondo ed eravamo sicure di poterlo fare, non era un'illusione, era la certezza di realizzare quel sogno. I maschietti ai lati dei nostri cortei ci gridavano "andate a cucinare, andate a fare la calza", altri meno ironici e più violenti ci aggredivano fisicamente. Cercavamo di fermarli offrendo loro la mimosa e i nostri sorrisi e alcuni, effettivamente, di fronte a tanta sorridente ingenuità, restavano interdetti.
Volevamo cambiare le cose non tanto per noi che, in fin dei conti, eravamo delle privilegiate, emancipate e libere.
Noi lottavamo per le sorelle meno fortunate, per quelle che avevano padri e mariti padroni, per quelle che dovevano abortire infilandosi un ferro da calza nell'utero e poi morire di setticemia.
Abbiamo fatto molta strada da allora, le donne lavorano, se non vogliono sposarsi sono libere di farlo senza essere chiamate zitelle, possono amare chi e come vogliono, possono divorziare e abortire in ospedale. Grandi conquiste fatte nell'arco di mezzo secolo.
In Israele le donne sono pari ai loro compagni uomini e lo sono da prima dell'Indipendenza del 1948, lo sono da quando sono stati fondati i primi ishuv, i primi kibbuz, quando sono state in grado di fare ogni tipo di lavoro e hanno imbracciato le armi per difendere il paese insieme ai loro uomini.
Oggi le donne di Israele possono arrivare dovunque nel mondo del lavoro, in politica, nell'esercito. Proprio l'8 marzo, l'IDF ha nominato comandante di battaglione del sistema di difesa missilistica, una donna. Nell' esercito le donne combattenti aumentano di anno in anno, come quelle che pilotano gli F16, una donna è al comando di uno squadrone dell'aviazione. Insomma non ci sono limiti a quello che, se vogliono, possono raggiungere, in Israele come negli USA, come in tutto il mondo libero.
Le uniche donne arabe veramente libere sono quelle che vivono in Israele, persino le giovani beduine, un tempo destinate alla tenda e alla mungitura delle cammelle, oggi vanno all'università e si vestono all'occidentale.
Eppure è vero, nonostante tutte le nostre conquiste, il resto è fumo perchè qualcosa si è rotto, qualcosa si è deteriorato. La sorellanza planetaria che noi sognavamo è finita, il femminismo di oggi è in mano alle radical chic, alle attrici miliardarie, alle Asia Argento, alle #MeToo urlanti slogan spesso privi di sincerità e di senso.
Nel mondo occidentale, oggi, il femminismo è diventato un mezzo per mettersi in mostra, farsi pubblicità sul jet set, vestite di nero...naturalmente firmato, con la faccia da funerale per molestie subite 20 anni prima e mai denunciate.
Eppure esiste un'immensità di donne mute perchè impossibilitate a parlare, più di 600 milioni di un universo femminile maltrattato, violentato, reso schiavo, donne che non possono manifestare senza andare, come minimo in galera, quando non sul patibolo.
Chi ricorda Mida Mohaved? Il suo nome non dice niente ma la sua immagine si, e tanto.
E' quella ragazza che durante le manifestazioni a Teheran, un mese fa circa, e' salita su un muretto e, davanti a tutti, si è strappata il velo.
Per questo gesto è stata condannata a due anni di carcere. Chi parlerà per lei? Chi urlerà per lei? E per tutte quelle donne costrette a vivere ingabbiate in palandrane nere, lapidate se scoperte a parlare con qualcuno che non sia il martito, padre o fratello, impiccate se, per la legge della sharia, ritenute di aver tradito il marito padrone, e per tradire si intende anche solo uno sguardo, una parola.
Chi urlerà per le spose bambine date a mariti vecchi, bavosi e ripugnanti, a 8, 9 anni e costrette a stupri che spesso portano alla morte.
In Iran le donne vengono impiccate anche se si difendono da tentativi di stupro perchè considerate provocatrici sessuali. Sissignori, l'Iran dove le nostre signore occidentali, politiche di rango, vanno in pellegrinaggio velate, untuose e riverenti.
Nessuno, nei cortei dell'8 marzo o sulle passerelle delle vip molestate, ha ricordato le sorelle nate per loro disgrazia nelle dittature islamiche, nei paesi arabi, dove mettono l'esplosivo su bimbette di pochi anni per mandarle a morire in mezzo alla gente.
Nessuno ha ricordato le giovani studentesse rapite dai Boko Aram di cui non si sa più niente. Le donne prigioniere nei loro orrendi burka in Afghanistan che possono parlare solo se hanno il permesso degli uomini della famiglia. Nessuno urla per le bambine torturate con la mutilazione genitale, loro si, povere creature, urlano di dolore tenute ferme dalle madri, schiave di una sottocultura, mentre qualcuno le taglia rovinandole per sempre.
Nessuno manifesta per loro, non solo, ma vi sono alcune femministe che, indegnamente, considerano il velo, il burka, i sacchi neri che coprono i corpi delle donne islamiche, come un segno di liberazione. Come una precisa volontà non una costrizione voluta dal maschio. Si tratta di degenerazione ideologica per cui tutto quanto è islam è buono e bello.
Abbiamo un esempio spicciolo nei due stupratori "eccellenti", il primo, Harvey Weinstein, bianco e ebreo, contro il quale tutte, attrici e attricette, si scagliano, giustamente, ma nessuno parla del secondo, dell'arabo islamico Tariq Ramadan, stupratore, torturatore, violento, antisemita, guru della sinistra europea, nipote del fondatore dei Fratelli musulmani. Su di lui è calato immediatamente il silenzio assoluto rotto solamente da qualche essere indecente che lo difende.
Ultimamente hanno scoperto che l'accademico di Oxford, Ramadan, non è manco accademico ma un imbroglione che ha taroccato titoli universitari non suoi. I prestigiosi istituti in cui abusivamente insegnava...e si portava a letto le studentesse per poi ridurle male a suon di botte e violenze varie, non hanno mai controllato i suoi titoli.
La forza del potere islamico e del totale asservimento dell'intelligentia europea all'estremismo che Ramadan insegnava ai suoi studenti.
In Italia le cose non vanno meglio, il femminicidio è ormai tragedia quotidiana. Il maschio padrone che non sa accettare i no senza assassinare la donna che li pronuncia, è parte di una società violenta e decadente che uccide o, alla maniera islamica, sfregia con l'acido.
Sono appena state sepolte due bambine ammazzate dal padre e, colmo della vergogna e della subcultura del perdono a tutti i costi, durante la cerimonia funebre, è stato chiesto, sadicamente, di pregare anche per l'assassino, davanti alle bare bianche delle due sorelline e figlie del mostro.
La strada è ancora lunga ma niente cambierà se non ritorneremo alla sorellanza, quella vera, quella che ci faceva sognare tanto tempo fa, che credevamo di poter raggiungere per liberare tutte le donne del mondo. I nostri sogni sono stati distrutti dalla mancanza di rispetto, dall'egoismo del "se sto bene io chi se ne frega", dall'ideologia perversa della violenza anche nelle proteste giuste e doverose. Il femminismo duro e puro della mia gioventù si è trasformato in un teatrino, in una nuova moda, in un' idea decadente e sbagliata dell'essere, donne o uomini, delle "persone".
Deborah Fait
"Gerusalemme, capitale di Israele, unica e indivisibile"