Francia: la sinistra populista censura il dissenso Analisi di Mauro Zanon
Testata: Il Foglio Data: 06 marzo 2018 Pagina: 3 Autore: Mauro Zanon Titolo: «In Francia la tv plurale del puro Mélenchon censura il dissenso»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 06/03/2018, a pag. 3, con il titolo "In Francia la tv plurale del puro Mélenchon censura il dissenso" il commento di Mauro Zanon.
Mauro Zanon
Parigi. Le partenze spontanee e le dimissioni eclatanti si susseguono nella web-tv fondata dai sostenitori di Jean-Luc Mélenchon, Le Média, voce di riferimento della France Insoumise, il partito della sinistra radicale francese. Da quando una delle giornaliste vedette, Aude Rossigneux, è stata licenziata per la sua troppa libertà editoriale, la “cooperativa indipendente e pluralista, umanista e antirazzista, femminista e progressista”, come si definiva sobriamente al momento del lancio del progetto, sta attraversando una zona di forte turbolenza. E nel weekend, come raccontato da un’inchiesta del Monde, hanno lasciato altre due dipendenti: Catherine Kirpach e Léa Ducré. “Ho commesso un errore: voler restare giornalista a ogni costo, mentre loro volevano che fossi una militante”, ha detto al Monde Kirpach, ex presentatrice del canale all-news Lci, che nella web-tv giacobina si occupava principalmente di migranti. Il motivo del suo addio è legato al racconto del conflitto siriano da parte del corrispondente del Libano del Média, Claude el Khal. Quest’ultimo, in diretta, aveva spiegato di non credere all’autenticità delle immagini e dei video dei massacri nel Goutha orientale da parte delle forze governative siriane, ritenendo dunque opportuno non diffonderle. “Come giornalista e cittadina era una questione di coscienza”, ha twittato sabato la Kirpach, confermando le ragioni della sua partenza. Al Monde ha raccontato anche del pessimo trattamento economico dei dipendenti del Média e della distonia totale tra le belle parole sul rispetto del diritto del lavoro e la triste realtà.
Jean-Luc Mélenchon
“Sono stata ingenua a pensare che al Média venivano rispettati i diritti dei lavoratori. Mi hanno ‘testato’ per cinque mesi e mezzo e me ne hanno pagato soltanto uno, niente indennità… complimenti al comitato di pilotaggio!”. La sua collega, Ducré, se ne è andata per gli stessi motivi. Anche lei, come la Kirpach, ha deciso di “mettere fino al suo periodo di prova”, perché le condizioni per esprimere il proprio pensiero senza essere costantemente redarguita e richiamata al rispetto ortodosso della linea non erano riunite. L’allontanamento improvviso di Aude Rossigneux sembra aver minato profondamente la credibilità del “media alternativo” di Mélenchon. E la partenza, il 26 febbraio scorso, dell’altra star del palcoscenico web della France Insoumise, Noël Mamère, ex giornalista e militante dei Verdi, ha aggravato le cose. “Sono molto turbato dalla situazione che ha visto coinvolta Aude Rossigneux. A questo aggiungo il trattamento del conflitto in Siria. Non si può fare un parallelo tra Bashar el Assad e l’opposizione. E’ il contrario di ciò che penso”, ha detto Mamère. Il suo abbandono, forse, è il colpo più duro per Le Média, perché in seno alla redazione era il simbolo di una certa “ouverture” di pensiero, dato che non era membro della France Insoumise, e più volte aveva detto di non condividere le idee di Mélenchon. I menscevichi dell’avventura mediatica bolivariana di Mélenchon sono già quattro dopo soltanto sei settimane di vita, e molti osservatori non esitano a parlare di “purghe sovietiche” da parte della direzione, domandandosi chi sarà il prossimo sacrificato. Alla pioggia di addii dei dipendenti, si aggiungono le abdicazioni degli intellettuali e dei politici che a settembre avevano firmato pensosi il “Manifesto per un nuovo media civico”, e ora arricciano il naso scrivendo, sempre sul quotidiano della gauche, che “Le Média non risponde più, ai nostri occhi, alla promessa iniziale, né sul piano della forma, né sul piano dei contenuti. Non possiamo più sostenerlo”.
I firmatari? Aurélie Filippetti e Benoît Hamon, rispettivamente ex ministro della Cultura e dell’Istruzione sotto la presidenza Hollande, Patrick Pelloux, firma di Charlie Hebdo, ma anche l’attore François Morel, che nella celebre serie televisiva francese “Baron Noir” incarna proprio Mélenchon (sic!). “Désolidarisation”, insomma. E pensare che il pure player dei mélenchonisti aveva come obiettivo quello di strappare l’audience ai “media delle élite”, mostrare a Bfm.tv e Cnews, le due principali reti allnews, cosa significa essere “pluralisti”. Quando alcuni giornalisti si sono mostrati un tantino ribelli, la direttrice del canale, Sophia Chikirou, responsabile della comunicazione di Mélenchon durante la campagna elettorale, ha subito messo le cose in chiaro: “Siete dei giornalisti impegnati!”. Eppure, durante il primo colloquio di lavoro tra Aude Rossigneux e la Chikirou, quest’ultima aveva assicurato che non c’erano “capi” al Média e vigeva la regola dell’“autogestione”. Tutte panzane. “Crisi nel Média: bolscevismo e fighettismo”, titola l’Obs parlando della grande presenza di millenials che disquisiscono di Venezuela e revolución con le scarpe da ginnastica e l’iPhone sempre acceso. Nella televisione di “Méluche”, situata a rue Sorins, fermata metro Robespierre, ci saranno sicuramente tanti ragazzi cool, ma anche tanti problemi di libertà d’espressione.
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