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Informazione Corretta Rassegna Stampa
06.03.2018 Perché gli arabi odiano così tanto i palestinesi?
Analisi di Mordechai Kedar

Testata: Informazione Corretta
Data: 06 marzo 2018
Pagina: 1
Autore: Mordechai Kedar
Titolo: «Perché gli arabi odiano così tanto i palestinesi?»

Perché gli arabi odiano così tanto i palestinesi?
Analisi di Mordechai Kedar

(Traduzione di Rochel Sylvetzky, versione italiana di Yehudit Weisz)

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In Israele, e in molti paesi occidentali, tendiamo a pensare che il mondo arabo sia unito alla causa palestinese, animato dall’ardente desiderio di risolvere il problema dei palestinesi dando loro uno Stato, e che tutti gli arabi e i musulmani, come i palestinesi, odino Israele. Questa visione è semplicistica e fuorviante, perché mentre è vero che molti, forse anche la stragrande maggioranza, di arabi e musulmani odiano Israele, ce ne sono molti che odiano altrettanto i palestinesi. Odiano Israele, perché è riuscito a sopravvivere a dispetto di guerre, terrorismo, boicottaggi e odio ; per il fatto che esiste uno Stato ebraico nonostante che l’ebraismo non abbia alcun senso, visto che la “vera religione” è l'Islam; perché Israele è una democrazia, mentre loro vivono sotto dittature, perché Israele è ricco e loro sono poveri, perché Israele è un paradiso rispetto ai Paesi arabi, molti dei quali sono all’ultima fermata prima dell'inferno (vedi Siria, Iraq, Libia, Yemen, Sudan - e la lista continua) ... e soprattutto, perché Israele ha avuto successo in campi in cui loro hanno fallito, e la gelosia li fa impazzire. Ma perché dovrebbero odiare i “poveri” arabi palestinesi? Dopo tutto, la narrativa araba dice che la terra degli arabi palestinesi è stata rubata e sono stati costretti a vivere come rifugiati.

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Terroristi arabi palestinesi

La risposta a questa domanda è più complessa e dipende dalla cultura mediorientale, che noi in Israele, e la maggior parte degli occidentali, non conoscono e non capiscono. Per un arabo essere ingannato, imbrogliato o sfruttato, è una delle cose peggiori che gli possa capitare. Quando qualcuno tenta di imbrogliare un arabo - e ancora di più, se quella persona ci riesce - l’arabo reagisce con rabbia, anche se la persona coinvolta è suo cugino. Chiamerà suo fratello per vendicarsi di quel cugino, secondo l'adagio arabo che dice: "Io e mio fratello contro mio cugino e mio fratello, mio cugino ed io contro uno straniero". Per quanto riguarda gli arabi palestinesi, prima di tutto, molti non sono di origine palestinese. Sono immigrati, venuti nella Terra di Israele da tutto il mondo arabo durante il Mandato Britannico per trovare lavoro nelle città e nelle fattorie che gli ebrei avevano costruito. Questi immigrati hanno ancora nomi come "Al Hurani (da Huran nel Sud della Siria)", "Al Tzurani (da Tiro nel Sud del Libano)", "Al Zrakawi (da Mazraka in Giordania)," "Al Maztri (l'egiziano)" e molti altri nomi che indicano le origini reali, geograficamente variegate dei cosiddetti palestinesi. Allora, si chiedono gli altri arabi, perché dovrebbero ricevere un trattamento preferenziale rispetto a coloro che sono rimasti nei loro Paesi d'origine? A partire dalla fine della Guerra d'Indipendenza israeliana del 1948, la politica nel mondo arabo cominciò a ruotare su Israele e sul "problema palestinese", la cui soluzione doveva essere raggiunta solo distruggendo Israele. A tal fine, i rifugiati arabi furono obbligati a vivere in campi profughi, con una decisione esplicita della Lega Araba: che rimanessero lì e che nessun Paese arabo li assorbisse. L'UNRWA ha garantito che fossero forniti gratuitamente cibo, istruzione e cure mediche (vale a dire che le nazioni del mondo hanno pagato il conto) ; i vicini arabi di questi eterni "rifugiati", per prendersi cura e per fornire cibo, istruzione e assistenza medica alle proprie famiglie hanno invece dovuto lavorare con il sudore della fronte. Inoltre i rifugiati che ricevevano generi alimentari gratuiti, come riso, farina, zucchero e olio, per il consumo delle loro famiglie, ne vendevano in parte ai loro vicini arabi non rifugiati, traendone buon profitto. Coloro che vivono nei campi profughi non pagano le tasse comunali e questo porta un numero significativo di "rifugiati" ad affittare le loro case ad altri e così riscuotono somme esagerate rispetto a quelle di coloro che affittano appartamenti nelle città vicine, grazie a questa esenzione fiscale. In altre parole, il mondo sovvenziona le loro tasse e i rifugiati si riempiono le tasche.

In Libano, diversi campi profughi vicino a Beirut furono incorporati nella città nel corso dei 70 anni di espansione, diventando poi ricchi quartieri con imponenti palazzi residenziali. Qualcuno ha approfittato di questo cambiamento e non è certo l'uomo della strada, che ha tutte le ragioni per sentirsi ingannato. I campi palestinesi " per rifugiati " situati in Libano sono stati rilevati da organizzazioni armate, dall'OLP all'ISIS, ad Hamas, Fronte popolare, Fronte democratico e organizzazioni di jihadisti salafiti. Queste organizzazioni agiscono con ferocia nei confronti dei circostanti cittadini libanesi e nel 1975 i gruppi armati palestinesi hanno provocato una guerra civile che durò per 14 lunghi anni, con spargimento di sangue, distruzione e che ha visto l'emigrazione di centinaia di migliaia di libanesi dai loro villaggi verso vite di orribile sofferenza in tendopoli in tutto il Paese. Molti si sono spostati in “ campi profughi "palestinesi, ma i rifugiati libanesi hanno ricevuto meno di un decimo di ciò che hanno ricevuto gli arabi palestinesi, causando gelosia e odio.

In Giordania, nel 1970, gli arabi palestinesi, guidati dal capo dell'OLP Yasser Arafat, tentarono di conquistare il Paese creando regioni autonome proprie a Nord-Ovest del Paese, complete di posti di blocco e di arabi palestinesi armati che sfidarono la monarchia. Nel settembre del 1970, noto come "Settembre nero", il re Hussein decise di averne avuto abbastanza e mostrò loro chi era il capo in Giordania. La guerra che dichiarò contro di loro costò migliaia di vite su entrambi i fronti. Nel frattempo, in Israele, il 20% dei cittadini entro i confini del pre-1967 è costituito da arabi "palestinesi" che non si ribellano né combattono contro lo Stato. In altre parole, i "palestinesi" che vivono in Israele del pre-1967 si godono la vita nell'unica democrazia in Medio Oriente, mentre i Paesi arabi sacrificano il sangue dei loro soldati per liberare "la Palestina".

C'è un caso peggiore di sentirsi sfruttati rispetto a quello di un soldato arabo che mette la propria vita in pericolo per questa causa senza senso? Ancora peggio è ciò che tutti gli arabi sanno: gli arabi palestinesi vendono terreni agli ebrei da almeno un secolo, traggono profitto dagli accordi e poi vanno a lamentarsi con i loro fratelli arabi perché vengano a liberare la "Palestina" dall'occupazione "sionista". Nel corso degli anni, agli arabi palestinesi sono stati dati molti miliardi di euro e dollari da tutto il mondo, così che il reddito annuale pro-capite nell'AP è di parecchio superiore a quello dell’uomo della strada egiziano, sudanese o algerino; negli ultimi sette anni la loro vita è migliorata moltissimo rispetto a quella degli arabi che vivono in Siria, Iraq, Libia e Yemen. A livello politico, i palestinesi sono riusciti a suscitare l'odio di molti dei loro fratelli arabi: nel 1990, Arafat aveva sostenuto l'invasione irachena del Kuwait da parte di Saddam Hussein. Per vendicarsi, il Kuwait, una volta liberato dalla conquista irachena, ha espulso decine di migliaia di palestinesi, la maggior parte dei quali era stata impiegata nei campi petroliferi, lasciandoli nell’indigenza da un giorno all’altro. Ciò ha portato a una crisi economica in Giudea, Samaria e Gaza per le loro famiglie, che fino ad allora avevano ricevuto con regolarità stipendi da chi lavorava in Kuwait.

Oggi Hamas e la Jihad islamica palestinese, sostenuti dall’Iran, sono aborriti da molti arabi che ricordano che il dirottamento aereo e il conseguente ricatto, sono stati inventati dagli arabi palestinesi quando dirottarono un aereo El Al ad Algeri nel 1968, cinquant'anni fa, dando inizio ad un periodo che ancora oggi travaglia il mondo intero. Nonostante l'accordo di Ta’if del 1989 che poneva fine alla guerra civile in Libano e che avrebbe dovuto condurre alla consegna delle armi e allo scioglimento di tutte le milizie libanesi, la Siria permise a Hezbollah di tenere le armi e di sviluppare una potenza militare senza limiti. Di solito la scusa era che le armi avevano lo scopo di "liberare la Palestina" e non sarebbero state dirette contro i libanesi. Per chiunque avesse un minimo di cervello, era chiaro che la storia della Palestina era una foglia di fico che copriva la triste verità, le armi sarebbero state puntate contro i nemici siriani e libanesi di Hezbollah. La " Palestina " era semplicemente una scusa per la conquista sciita del Libano. La cosa peggiore è la richiesta da parte palestinese, che i Paesi arabi si astengano da eventuali contatti con Israele fino a quando la questione palestinese non sarà risolta con soddisfazione dei leader dell'OLP e di Hamas. Una buona parte del mondo arabo però non vede cosa possa unire l'OLP ad Hamas.

Di fronte alle infinite beghe che rovinano ogni possibilità di progresso per quanto riguarda il rapporto con Israele, hanno rinunciato a realizzare una riconciliazione interna palestinese. Per riassumere la situazione, il mondo arabo - quella parte che vede Israele come l'unica speranza nel fronteggiare l'Iran – vede con preoccupazione la prospettiva di dover ipotecare il proprio futuro e la sua stessa esistenza, alle lotte interne tra OLP e Hamas. Non dimentichiamo che l'Egitto e la Giordania hanno firmato accordi di pace con Israele, sono usciti dal cerchio della guerra per la "liberazione della Palestina" e hanno abbandonato i loro "fratelli" arabi palestinesi, lasciandoli soli a occuparsi del problema. Gran parte del mondo arabo e musulmano è convinto che i "palestinesi" non vogliano uno Stato tutto loro. Dopotutto, se questo Stato venisse fondato, il mondo smetterebbe di donare quelle enormi somme, non ci saranno più "rifugiati" e gli arabi palestinesi dovranno lavorare come tutti gli altri. Come possono farlo quando sono tutti abituati a ricevere donazioni senza che a loro venga richiesto nulla? Si può dire con certezza che, a 70 anni dalla creazione del "problema palestinese", il mondo arabo ha capito che non esiste una soluzione che soddisfi coloro che hanno trasformato il "rifugiato" in una professione, per cui il “problema palestinese" è diventato una truffa emotiva e finanziaria, che serve solo ad arricchire i leader corrotti di Ramallah e di Gaza.


Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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