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Informazione Corretta Rassegna Stampa
02.03.2018 Le parole per dirlo
Analisi di Michelle Mazel

Testata: Informazione Corretta
Data: 02 marzo 2018
Pagina: 1
Autore: Michelle Mazel
Titolo: «Le parole per dirlo»

Le parole per dirlo
Analisi di Michelle Mazel

(Traduzione dal francese di Yehudit Weisz)

http://www.jforum.fr/les-mots-pour-le-dire-par-michele-mazel.html

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Jean-Yves le Drian

“La situazione in Siria si sta sensibilmente aggravando e se non ci sarà un nuovo elemento, precipiterà in una catastrofe umanitaria” : così si era espresso il Ministro degli Esteri francese, Jean-Yves le Drian, il 20 febbraio scorso, quando il regime di Damasco e i suoi alleati russi mettevano a ferro e fuoco la zona di Ghouta, nei pressi della capitale. E’ un’analisi che lascia perplessi. Solo ora la Francia si accorge di cosa sta accadendo in Siria, ormai dal 2011? La catastrofe umanitaria non è già avvenuta? Mezzo milione di vittime, un Paese in rovina, milioni di persone sfollate, centinaia di migliaia di siriani in fuga per cercare un futuro migliore in Europa. Un regime che ha usato e starebbe ancora utilizzando, armi chimiche contro i civili. Quale potrebbe essere questo “nuovo elemento” a cui ha accennato il Ministro? Si riferisce ad una soluzione politica impossibile, che metterebbe fine alle sofferenze delle popolazioni? Eppure lui sa perfettamente che non c’è una guerra, ma ci sono delle guerre; sa bene che ci sono numerose potenze in gioco che, pur di difendere i propri interessi, offrono o meno il loro sostegno a fazioni diverse. Nessuna vuole mollare la presa, a nessuna di loro importa il destino dei siriani. Comunque sia, il primato degli assassinii spietati non lo detiene più l’autoproclamato Stato Islamico con il suo mostruoso califfo, che ora è in ritirata, ma è passato al Presidente Assad: armi chimiche, barili di esplosivi o di cloro scaricati su città e villaggi, bombardamenti sistematici, non manca nulla al suo arsenale. Possono piovere condanne internazionali, ma lui è imperturbabile. Peraltro, il Presidente Obama aveva solennemente dichiarato che usare armi chimiche avrebbe significato oltrepassare una linea rossa che l’avrebbe costretto ad intervenire. Quando però questa linea è stata oltrepassata una prima volta, lui ha solo ribadito la sua minaccia. Sappiamo com’è andata a finire. Si sperava che il nuovo Presidente americano sarebbe stato più determinato. Ed effettivamente è intervenuto lo scorso aprile: dopo aver visto gli effetti di un attacco con gas nervino su donne e bambini, ha colpito con dei missili la base aerea da cui era partito l’attacco. Purtroppo una rondine non fa primavera, neppure ad aprile. Il problema è che il Presidente siriano ha un potente alleato, la Russia che, tornata in auge in Medio Oriente, sta bombardando senza scrupoli i “ribelli”.

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Un quartiere di Damasco

Di certo con il beneplacito di Assad, ha creato sulla costa siriana, la sua unica base navale nel Mediterraneo e dispone anche di una base aerea nelle vicinanze. E così, per nessun motivo, vuole che il regime di Damasco vacilli. Il Segretario Generale dell’ONU può fare invano tutti gli appelli alla calma che vuole; il Consiglio di Sicurezza è paralizzato dal veto che la Russia impone ogni volta che si tratti di condannare o semplicemente, di rimproverare il regime di Damasco. Abbiamo appena assistito a questa farsa penosa la settimana scorsa. L’appello ad una tregua umanitaria che permettesse l’evacuazione dei feriti e la distribuzione di cibo alla popolazione, è stato rimandato di ora in ora da giovedì a sabato sera, mentre i russi e i siriani moltiplicavano i loro attacchi su Ghouta. Attacchi che sarebbero continuati dopo aver proclamato il cessate il fuoco per trenta giorni, cui nessuno crede veramente, e che è stato violato già il primo giorno. Inoltre, questo cessate il fuoco non riguarda la regione di Afrin dove i combattimenti continuano. I Turchi hanno infatti invaso la regione curda semiautonoma situata in territorio siriano, lungo il confine turco. Denominata “Operazione ramo d’ulivo”, i turchi hanno davvero il senso dello humour, questa invasione ha sollevato proteste in Siria, è ovvio. Gli americani, che avevano addestrato ed equipaggiato i combattenti curdi, hanno semplicemente espresso le loro preoccupazioni senza venire in aiuto; lo stesso vale per la Francia. Non dobbiamo tuttavia pensare che si preoccupino realmente di questa palese violazione dell’integrità territoriale della Siria. Ma ascoltiamo la reazione della Francia: Madame Florence Parly, Ministro della Difesa, pensa che questa operazione “potrebbe distogliere le forze combattenti curde che sono molto attive all’interno della coalizione contro il Daesh…”. Sottinteso: cari curdi, non perdete tempo a resistere all’invasione turca e a difendere il vostro territorio e il vostro popolo, perché noi abbiamo bisogno di voi per sconfiggere lo Stato Islamico” . Machiavelli non avrebbe potuto dare consigli migliori. La Turchia, lo sappiamo, è membro della NATO, inoltre, cosa essenziale, è il nucleo centrale del dispositivo europeo per frenare il flusso dei migranti. Si evince che questo dispositivo è molto più importante del rispetto del diritto internazionale. Ecco il motivo per cui Ankara si permette impunemente di impedire a Cipro di sondare riserve di gas naturale all’interno delle proprie acque territoriali, nella propria zona economica esclusiva. Nel frattempo il Presidente turco si permette di condannare i bombardamenti su Ghouta e d’indignarsi se l’esercito siriano dà una mano ai curdi. E’ inutile farsi illusioni: la comunità internazionale continuerà a fare rimostranze agli uni e agli altri, ma farà ben attenzione a non scivolare nel pantano siriano.

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Michelle Mazel, scrittrice israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron”. Le sue recensioni sono pubblicate sull’edizione settimanale in lingua francese del Jerusalem Post


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