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Il Mediterraneo orientale diventerà il centro mondiale del commercio del gas naturale? (Traduzione di Angelo Pezzana)
L’accordo appena concluso tra la texana Nobel Enregy e l’israeliana Delek da una parte e la compagnia privata egiziana Dolphinus dall’altra rifornirà l’Egitto con 64 miliardi di metri cubici di gas per un totale di 15 miliardi di dollari per un periodo di dieci anni, si presenta come il primo segnale che il Mediterraneo sta per diventare il centro mondiale produttore di gas. Lo statunitense Geological Survey stima che nel Mediterraneo orientale vi siano enormi riserve di gas -325 trilioni cubici, cioè 9.2 trilioni di metri cubici- più di tutte le riserve Usa finora conosciute. Tuttavia, le controversie regionali potrebbero ostacolarne l'esplorazione e lo sfruttamento. Esportare gas israeliano in Egitto porterà benefici a entrambi. Vendere a paesi confinanti ridurrà il costo dei trasporti data la vicinanza. L’Egitto ha bisogno del gas israeliano per l’insufficienza della propria produzione fino a quando il mastodontico giacimento di Zoroffshore non inizierà a fornire abbastanza gas per il consumo domestico e per l'esportazione. La produzione è iniziata qualche settimana fa ma non sarà a pieno regime solo alla fine del 2019 e ci vorranno altri tre anni all’Egitto per essere auto-sufficiente. Parte del gas israeliano sostituirà le forniture ancora valide per via del contratto con la British Gas e la spagnola Fenosa, a causa della rivolta politica ed economica dopo la cacciata del presidente Mubarak, che aveva fermato ricerca e produzione del gas. British Gas e Fenosa si erano trovate nell’impossibilità di mantenere fede ai contratti firmati, dovendo quindi pagare multe onerose. Il Presidente Sisi, in cerca di nuove fonti energetiche per i suoi progetti economici, abolì il regolamento obsoleto e macchinoso liberalizzando le ricerche del gas, consentendo a alto numero di compagnie di cercare nuovi giacimenti di gas. Questa nuova politica venne giustamente rivendicata quando il gigante energetico italiano ENI scoprì il giacimento ZOR, con le sue riserve di 822 miliardi di metri cubici. I funzionari egiziani erano preoccupati di sottolineare che si trattava di un accordo commerciale tra società private, mentre allo stesso tempo l'enfatizzazione era un primo passo verso la creazione di un mercato del gas regionale in Egitto con un importante partner esperto nello stabilire il prezzo del gas. Il Ministro per il Petrolio Tarek El Molla però dichiarò che vi erano due condizioni che garantivano la bontà del contratto. Conveniva all’economia egiziana.. ed era una soluzione alla rottura del contratto con Israele del 2012 quando vennero interrotte le esportazioni di gas egiziano verso Israele. Il Presidente Sisi era ancora più disponibile: non abbiamo nulla da nascondere, disse, aggiungendo che negli ultimi quattro anni aveva cercato di trasformare l’Egitto in un centro regionale energetico. Questo per prevenire le accuse di normalizzazione che non sempre hanno avuto pieno successo. Ci furono dibattiti nel parlamento, un avvocato si rivolse alla Corte Suprema per annullare il contratto. L'inchiostro era ancora fresco, quando Cipro dichiarò che anch’esso stava negoziando con il Cairo in merito alla esportazione di gas dal giacimento Afrodite, situato non lontano dalle coste egiziane. Un ennesimo passo in avanti verso il sogno di Sisi. Le riserve di Afrodite sono stimate in circa 129 miliardi di metri cubici. Nobel Enery, Delek e Avner Oil detengono quote significative in questo campo. Vi sono diverse opzioni per ottimizzare la produzione dei giacimenti di gas nel mare mediterraneo orientale. Uno, la costruzione di strutture per l’esportazione del gas liquido. Compagnie israeliane si sono offerte di costruirne a Cipro, rifornendole di gas israeliano attraverso un gasdotto, inviando il rimanente sotto forma liquida ad altri acquirenti nel mondo , sempre insieme a gas dai giacimenti al largo di Cipro. Questa soluzione è stata scartata a favore di un piano ambizioso vicino agli interessi di tutte le parti; esportare gas naturale da Israele e Cipro verso l’Italia attraverso una conduttura risponde alle esigenze dell’Europa occidentale, diversifica i punti di rifornimento e riduce la dipendenza dal gas russo. Lo scorso dicembre è stato firmato un memorandum da Israele, Cipro, Grecia e Italia per la costruzione di un oleodotto lungo 2100 kilometri, deposto in fondo al mare al costo di 6/7 miliardi di dollari. Studi di fattibilità sono in corso e la decisione finale deve ancora essere raggiunta. L’Egitto è probabile che sarà interessato a associarsi a questo progetto che fornirebbe uno sbocco stabile e a lungo termine per il proprio gas e contribuirebbe a stabilizzare la sua economia. Vi sono però ostacoli significativi, discussioni in merito ai confini marittimi di tutti i paesi coinvolti. Cipro ha raggiunto un accordo con l’Egitto per definire i rispettivi confini nel 2003, con il Libano nel 2007 e con Israele nel 2013. Questi documenti sono stati registrati alle Nazioni Unite e sono perfettamente legali e obbligatori. La Turchia, però, che ha conquistato e occupato la parte nord di Cipro nel 1974 e espresso riserve, minacciando di impedire la perforazione del gas a meno che quella zona non prendesse parte al processo, dalla ricerca alla produzione e ai ricavi. Le minacce continuano e il 7 febbraio ha inviato una nave da guerra per bloccare una nave che per conto dell’ENI proteggeva ciò che i turchi affermano essere i diritti dei ciprioti turchi. ENI non si è fatto intimorire, ma il 23 febbraio almeno cinque navi da guerra hanno intercettato la nave costringendola a rientrare a Limassol. La UE ha cercato di mediare il conflitto ma senza successo. Anche il Libano è contrario all’accordo fra Cipro e Israele; ha rifiutato ogni tentativo di delimitare i propri confini marittimi con Israele, che, quindi, non ha avuto scelta e lo ha fatto unilateralmente secondo criteri accettati a livello internazionale. Israele quindi diede inizio allo sfruttamento in aree che si trovano nelle sue acque territoriali. Malgrado ciò, il Libano, probabilmente incitato da Hezbollah,sempre pronto a esacerbare tensioni con Israele, rivendica 900 kilometri quadrati della zone che comprende il giacimento Tamar. L’Egitto non mai regolati i confini marittimi con Israele, quindi non vede di buon occhio l’accordo tra Cipro e Israele, anche se le sue acque di confine non sono interessate e le coordinate di tale accordo sono conformi anche ai criteri accettati a livello internazionale. Un altro punto irrisolto sono i confini marittimi tra Israele a l’Autorità palestinese. Per riassumere: ci sono enormi riserve di gas nel mediterraneo orientale, che potrebbero in modo significativo contribuire allo sviluppo e alla stabilità dei paesi della regione, a condizione che possano mettere da parte i conflitti e le differenze di opinione per lavorare insieme nel loro interesse reciproco. Tuttavia, dal momento che le cose stanno così, gli interessi politici e religiosi hanno il sopravvento ed è difficile vedere come potrebbero essere superati o evitati. Ogni paese dovrà quindi fare la propria strada e trovare la soluzione più adatta ai propri interessi, come è avvenuto con l'accordo raggiunto tra Israele ed Egitto. Si spera che questo accordo non ostacoli la cooperazione futura con altri paesi, sempre che questo sia possibile.
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