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La Stampa Rassegna Stampa
19.02.2018 Quella No Tav che combatte con i kurdi
Cronaca di Federico Genta

Testata: La Stampa
Data: 19 febbraio 2018
Pagina: 12
Autore: Federico Genta
Titolo: «'Vi spiego perché io, No Tav, mi sono unita alle milizie curde'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 19/02/2018, a pag.12, con il titolo 'Vi spiego perché io, No Tav, mi sono unita alle milizie curde', il commento di Federico Genta.

I kurdi facciano attenzione a chi li raggiunge e appoggia la loro giusta causa. In particolare se è una No Tav a farlo...

Ecco l'articolo:

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Federico Genta

«Sono in Siria perché qui c’è la prova del fatto che non solo un altro sistema rispetto al capitalismo è possibile, ma già esiste». Il cantone di Afrin è all’estremo Nord della Siria. Da almeno due anni è la roccaforte dei guerriglieri curdi e delle unità di protezione del popolo curdo. Un territorio ritornato da gennaio nel mirino dell’esercito turco. Qui sarebbe stato girato il video, pubblicato ieri su YouTube e divulgato dal network antagonista Infoaut. Protagonista delle riprese è Eddi, studentessa No Tav. Al secolo Maria Edgarda Marcucci, 26 anni, nata a Roma, da tempo impegnata nella lotta al cantiere dell’Alta velocità in Valsusa e nei comitati anti-sfratto legati ai centri sociali di Torino.

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Al centro, Maria Edgarda Marcucci


Tuta mimetica e zaino militare sulle spalle, Eddi stringe nella mano sinistra un kalashnikov. Lei però non accenna alla violenza della guerra. Parla delle forze siriane democratiche, Ypg, impegnate nella difesa della libertà, di un nemico che odia il sogno di una società libera. «Qui tutti i giorni tantissime persone di diverse nazionalità, di diversa religione, cultura e origine contribuiscono a creare, insieme, una società etica, libera, democratica. In questi giorni la Turchia, e prima ancora Isis, sta attaccando il cantone di Afrin pensando di poter distruggere questa possibilità. La cosa che è importante ricordare è che alla loro storia si può contrapporre la nostra. Il nemico odia le libertà, le donne e il futuro che si sta provando a costruire. È responsabilità di tutte le persone che credono alla democrazia prendere parte a questa battaglia. In ogni modo: parlandone, venendo qui, creando informazione. E importante che sentiamo come nostra responsabilità essere affianco alla popolazione della Siria del Nord. Ogni loro vittoria sara anche la nostra».

Il video di Eddi ricorda da vicino un altro filmato, diffuso nel settembre 2016 sempre attraverso gli stessi canali web. Era quello di un altro giovane torinese, Davide Grasso. Trentasei anni, anche lui attivista No Tav, si era rivolto direttamente all’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi per denunciare «Turchia e Arabia Saudita come i principali foraggiatori dello Stato Islamico». Grasso adesso è rientrato in Italia. Al momento sarebbero almeno una quindicina gli italiani impegnati nei contingenti Ypg.

La notizia della partenza di Eddi risale allo scorso novembre. «Per me questo è fondamentale: io non sono siriana. Ma questa battaglia è anche la mia e di tutte le persone che credono che un altro futuro sia possibile». Maria Edgarda Marcucci era salita alle cronache dopo la lettera-appello del regista Paolo Virzì - con cui lei aveva lavorato come comparsa sul set del film «Caterina va in città» - pubblicata da «La Stampa» nel luglio 2016. La ragazza, ricercata dalla polizia per gli scontri al cantiere Tav di Chiomonte, era fuggita da Torino. Si era poi costituita tre mesi dopo ed era finita agli arresti domiciliari. Al momento non è possibile sapere quando è stato registrato il filmato, che ritrae la studentessa accovacciata dietro a un muro di terra. Il video potrebbe risalire anche a un mese fa, quando sul territorio di sono ripresi i bombardamenti.

Afrin oggi è di fatto isolata e i curdi stanno per cedere il suo controllo all’esercito regolare siriano. Lo Ypg è costretto a cedere perché non può resistere all’offensiva turca. La trattativa è portata avanti dalla Russia e dalla stessa Turchia, che potrebbe essere più interessata alla città di Manbij, anche questa controllata dai curdi ma con l’appoggio degli Stati Uniti. In caso di accordo, i turchi otterranno che il confine ad Afrin venga sigillato, lo Ypg ceda le armi pesanti ai governativi e non possa più compiere attacchi in territorio turco.

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direttore@lastampa.it

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