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Italia Oggi Rassegna Stampa
17.02.2018 Leni Riefensthal, quando il fascino delle immagini nascose la realtà del nazismo
Commento di Roberto Giardina

Testata: Italia Oggi
Data: 17 febbraio 2018
Pagina: 14
Autore: Roberto Giardina
Titolo: «Riefensthal, archivio pubblico»

Riprendiamo da ITALIA OGGI, a pag-14, con il titolo "Riefensthal, archivio pubblico" il commento di Roberto Giardina

Che Leni Riefensthal sia stata una abilissima regista è risaputo da sempre, ma lo fu nella stessa misura in cui Gõbbels usava innovative tecniche di propaganda per far apparire il nazismo ciò che non era: un inferno.
E' giusto fare dei suoi archivi un museo?  Un domanda che si pone anche Roberto Giardina, che una trentina di anni fa curò la proiezione dei suoi film per una tv italiana.

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Roberto Giardina           Hitler e Leni Riefensthal

Regalo imbarazzante. Berlino riceve gran parte dell'immenso archivio di Leni Riefenstahl, la «regista di Hitler», e la notizia appare mentre è in corso la Berlinale, il Festival del cinema. Leni era l'artista più amata dal Führer, in tutti i sensi, secondo la sua autobiografia. Durante una passeggiata sulle dune del mare del Nord, il capo del Reich millenario, le avrebbe chiesto di sposarla, ma lei rifiutò con tatto perché aveva capito che avrebbe avuto una rivale imbattibile, la Germania. La segretaria Gisela Jahn è l'erede universale dopo la scomparsa nel dicembre del 2016 del compagno della regista, Horst Ketten, di quarant'anni più giovane. Nella villa di Pöcking, sullo Starmbergersee in Baviera, è custodito un archivio prezioso, e saggiamente Frau Gisela l'ha donato alla Stiftung Preußischer Kulturbesitz, la Fondazione che sovrintende ai beni culturali prussiani. «Leni era nata a Berlino», ha spiegato la signora Jahn, «ed è giusto che i documenti tornino nella sua città». Un dono prezioso, e scomodo, contenuto in oltre 700 casse. Migliaia di metri di pellicola non utilizzati, gli originali dei film, taccuini di viaggio, schizzi, lettere, documenti, diari, libri, saranno divisi dalla Fondazione in diversi siti, dal Museo della fotografia, dove è esposto Helmut Newton, anche lui berlinese, e amico della regista, alla Staatsbibliothek, al museo del cinema. La Stiftung promette che il materiale sarà valutato per documentare il rapporto di Leni con il nazismo. Ha avuto una lunga vita (1902-2003), è stata una maestra del cinema mondiale, ma si compromise con il regime, per cui girò opere di propaganda, come il Trionfo della Volontà, che documenta il congresso del partito a Norimberga nel 1934, dopo la presa di potere, o Olympia sulle Olimpiadi del 1936 a Berlino. Capolavori ma che vanno spiegati, soprattutto ai giovani. Oltre trent'anni fa, una tv privata italiana mi chiese di commentare il Triumph des Willens prima di mandarlo in onda. La prima avvenne il 28 marzo del '35, allo Zoo Palast a Berlino, dove ancora fino a una ventina d'anni fa si svolgeva la Berlinale. Il titolo fu scelto dal Führer in persona, che si ispirò a Nietzsche. Leni volle che il film fosse muto, a parte i rumori di fondo, qualche marcia militare e brandelli dei discorsi di Hitler. Lasciava parlare le immagini. Il mio commento era un errore dal punto di vista estetico, ma necessario per spiegare l'opera di propaganda, che emana ancora un suo fascino ambiguo. All'inizio, l'aereo argenteo del Führer si abbassa su Norimberga, una città da favola, con migliaia di uomini e donne in costume bavarese festanti. Hitler sull'auto scoperta passa tra la folla. Le decine di migliaia di iscritti al partito accampati nella periferia, montagne di würstel fumanti, e così via. Poco più di un anno prima i tedeschi, in piena crisi, pativano ancora la fame. Il Führer aveva compiuto un miracolo? Ogni fotogramma di Leni andava spiegato. Diciamo che commisi un crimine artistico, ma inevitabile. E quanto dovranno fare anche i curatori del Preußischer Kultur Besizt. Anche Olympia, due anni dopo, è entrato nella storia del cinema. Leni escogitò per la prima volta tecniche di ripresa, come i carrelli volanti, o le cineprese che corrono su binari lungo trincee parallele alle corsie dello stadio per riprendere gli atleti all'altezza delle gambe. E bisogna storicizzare le opere: nel 1936, le Olimpiadi servirono al regime per presentare al mondo i suoi successi. Perfino Winston Churchill fu conquistato, meglio dimenticare gli ebrei esclusi dai giochi, e i campi di concentramento per gli oppositori (i Lager di sterminio non erano ancora in funzione). «Per uno studio e una valutazione scientifica del materiale ricevuto in eredità mancano i fondi», ha riconosciuto il direttore della fondazione, Hermann Parzinger. I nudi di Helmut Newton sono affascinanti come i corpi degli atleti, tutti bianchi e biondi, campioni ariani, filmati da Leni. Ma l'arte non è mai neutrale.

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