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La Stampa Rassegna Stampa
16.02.2018 'Teheran Taboo': svelata l'ipocrisia moralistica del regime degli ayatollah
Commento di Rolla Scolari

Testata: La Stampa
Data: 16 febbraio 2018
Pagina: 1
Autore: Rolla Scolari
Titolo: «Film a fumetti per sfidare i tabù dell’Iran»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 16/02/2018, a pag.1-25 con il titolo "Film a fumetti per sfidare i tabù dell’Iran" il commento di Rolla Scolari.

Il film di animazione "Teheran Taboo" sottolinea le ipocrisie moralistiche del feroce regime dittatoriale degli ayatollah in Iran, ipocrisie frutto di una società iper-conservatrice e del connubio politica-religione. Vedremo se ci sarà una casa di distribuzione italiana che lo porterà anche nel nostro Paese. Il regista vive in esilio in Germania.

Ecco l'articolo:

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Rolla Scolari

Una prostituta, un tassista, pochi secondi di sesso in mezzo al traffico della capitale. Il figlio di lei gioca sul sedile posteriore, come se nulla fosse. L’autista nel frattempo tampona un’automobile, inorridito e in collera. Ha appena intravisto camminare lungo il marciapiede sua figlia mano nella mano con un ragazzo. E’ la prima scena di Tehran Taboo: tutto il senso della protesta è già qui. Il film di animazione tedesco-iraniano mette senza esitazioni sotto i riflettori l’ipocrisia attorno all’eterno non detto del Medio Oriente: il sesso.

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La locandina

Negli Stati Uniti, la curiosità della stampa per la pellicola è grande: Tehran Taboo sta per uscire nelle sale dopo essere stato presentato alla Settimana della Critica dell’edizione 2017 del Festival di Cannes. L’utilizzo della tecnica del rotoscopio – attori veri su cui si posa il tratto dell’animazione, all’interno del cartone animato – hanno permesso al regista Ali Soozandeh, 47 anni, in esilio in Germania, di non girare a Teheran, per non incorrere nella censura certa.

Sono le donne della quotidianità più periferica dell’enorme capitale iraniana le principali vittime nel film che, attraverso il filtro dell’animazione e dell’esilio, riesce a raccontare senza veli quelli che in Iran sono inaffrontabili tabù. Sono infatti le ipocrisie imposte da una società iper-conservatrice, dove religione e politica si intrecciano in un potere pervasivo e contraddittorio, sono le schizofrenie nate da restrizioni religiose e sociali burocratizzate i veri protagonisti del film.

Così, le tragiche vicissitudini della giovane Pari, obbligata a prostituirsi per pagare l’affitto dopo che il marito tossicomane si è preso un ergastolo, raccontano la stessa storia della bassezza del giudice della Corte islamica cui lei si rivolge per il divorzio. Lui accetta di occuparsene in cambio di favori sessuali. C’è poi il suocero della vicina di casa, che passa la giornata a guardare donne seminude in televisione per cambiare canale e fingersi interessato ai programmi di religione – «Le donne sono sante», dice un mullah sullo schermo, turbante in testa e sorriso – quando qualcuno compare alle sue spalle in salotto. Le trame dei protagonisti si intrecciano con le ansie di Babak, musicista che si trova nei guai dopo l’avventura di una notte con una sconosciuta: la futura sposa di qualcuno apparentemente potente e pericoloso gli dice chiaramente che se non trova i soldi per pagarle l’operazione per la ricostruzione dell’imene, il suo fidanzato lo ucciderà.

Sono storie che raccontano la stessa doppia morale e gli stessi double standard che hanno portato in strada, per altre ragioni, migliaia di persone all’inizio dell’anno in decine di città iraniane. Gridavano contro la corruzione e l’incapacità di una classe religioso-politica che chiede sacrifici economici a un Paese affaticato da riforme dolorose, mentre i suoi membri ammassano fortune miliardarie e costruiscono imperi finanziari.

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direttore@lastampa.it

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